Quando una donna rinuncia a se stessa per un uomo
In Chi se non noi (nottetempo) Germana Urbani racconta la storia di Maria che a un certo punto rinuncia a se stessa per dare spazio a un uomo, Luca, che però anziché esserle grato per questo decide di abbandonarla, lasciandola sola con se stessa.
Sono queste le premesse della storia raccontata da Urbani, con la quale abbiamo posto l’accento su questo tema e anche sulle ragioni che spingono Maria verso certi comportamenti.
«I sogni non si realizzano mai» è la frase che il padre pronuncia rivolto a Maria, eppure la ragazza ce la fa nonostante tutto. Fino a che punto quella frase ha rappresentato uno sprone per Maria? E che peso può avere in generale nella vita di un figlio?
É una frase terrificante, che non dovrebbe mai essere pronunciata come la più terribile delle maledizioni.
Occorre capire, però, che il padre di Maria, è un uomo del suo tempo: fino a metà Novecento nelle campagne venete e italiane in genere, non si decideva il proprio destino, lo si subiva. E non era neanche questione di genere, che tu fossi maschio o femmina la via da percorrere era quella del solco in cui eri nato, non c’era via di scampo. Era la legge del sacrificarsi l’uno per l’altro a tenere insieme le famiglie, a tenerle vive, addirittura. Lo raccontava bene Ermanno Olmi nel suo capolavoro L’albero degli zoccoli, in cui dà conto di un mondo che abbiamo dimenticato tutti troppo velocemente.
Ho immaginato che il padre di Maria, pronunciando quella frase, parlasse a se stesso, al ragazzo che era stato: intelligente, magari, ma che non aveva potuto studiare perché era il primo di nove fratelli che andavano sfamati in qualche modo. Inoltre, con quella frase, probabilmente voleva mettere in guardia Maria, come si fa con i figli tentati da un grosso pericolo.
Quanto a Maria, non ho mai pensato che quella frase fosse uno sprone per lei, anzi. Credo che sia una frase capace di disinnescare qualsiasi desiderio autentico, soprattutto in un figlio. Maria probabilmente se la portava dentro da tutta la vita, anche se chiusa a doppia mandata in qualche luogo oscuro.
A liberarla e a farla riemergere è la delusione che lei prova per se stessa e per ciò che è diventata dopo che Luca, il suo compagno, l’ha lasciata. Per lui si è spogliata di ogni cosa. Tutto quel che aveva saputo realizzare nella sua vita, solo grazie alla sua tenacia, è perduto. Sembra proprio che il destino l’abbia riportata in quel solco da cui, forse, non aveva il diritto neanche di guardare il cielo, desiderando di volare via. E dunque si chiede, in realtà, se il padre non avesse ragione, se sarebbe stato meglio non sognare affatto e godere della semplicità della vita modesta che il destino le aveva regalato in sorte nascendo dove era nata.
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Per la prima comunione, Maria riceve in dono dal nonno una Polaroid e non un orologio, come invece era accaduto ai suoi fratelli. Cosa rappresenta la Polaroid per la giovanissima Maria?
La Polaroid per Maria rappresenta un lasciapassare: il nonno, che la ama molto, con questo gesto la autorizza a essere diversa dagli altri. Prima di questo evento, infatti, lei aveva conosciuto un architetto che fotografava una villa palladiana e in quell’occasione aveva accarezzato per la prima volta un sogno: studiare per diventare anche lei, nata nella campagna profonda, un architetto.
Così, ricevere una macchina fotografica in regalo, al posto del solito orologio, diviene un messaggio importante: può iniziare a coltivare quel sogno che apparentemente non ha niente a che fare con lei. Un bambino che si senta autorizzato a pensare che tutto è possibile, avrà una sicurezza impagabile e andrà con determinazione incontro ai suoi desideri.
Inoltre, attraverso l’obiettivo, Maria impara a guardare, selezionare e, al contempo, a raccontarsi il mondo attorno per come vorrebbe che fosse. Il contatto con questa macchina un po' magica apre il suo immaginario: uno spazio intimo da riempire solamente con le cose che le piacciono e la colpiscono.
Chi se non noi è anche la frase che Luca pronuncia rivolto a Maria prima che la relazione degeneri e diventi qualcosa di diverso. Cosa rappresenta Luca per Maria?
Maria si innamora di Luca a prima vista. È certamente il grande amore della sua vita e vorrebbe costruire tutto attorno a lui: uno studio d’architettura insieme, una casa, una famiglia.
Di fronte a lui Maria si sente nuda e fortunata: «nessuno mi aveva vista e amata così come faceva lui, né uomo né mia madre».
Lo idealizza a tal punto da non essere mai lucida nei suoi confronti. E lui è abilissimo nel raccontare quanto loro due insieme siano speciali, unici. La frase che dà il titolo al romanzo rappresenta proprio l’illusione che troppo spesso si annida tra le pieghe di certe storie d’amore storte. L’idea di combaciare perfettamente, sia fisicamente sia spiritualmente, di essersi ritrovati come amori antichi e indissolubili, di riconoscersi in quelle affinità elettive tanto rare quanto pericolose.
All’inizio del romanzo, Maria sembra davvero intenzionata a rinunciare alla sua carriera per fare spazio a Luca. Si tratta davvero di una scelta consapevole da parte di Maria? E cosa la spinge verso questa decisione?
Maria sta con Luca da quasi dodici anni. E, nonostante sia una donna moderna che con le sue sole forze è riuscita a costruirsi una carriera di prestigio, in lei rimangono desideri e valori antichi: «voglio dei vincoli, legarmi finalmente ad una persona». Desidera svoltare, crescere, dare un nome al loro rapporto anche se lui dice che non serve, «tanto è speciale».
A quel punto della sua vita Luca è diventato «più importante anche di me stessa», afferma Maria e dunque sì, lei è consapevole della scelta che sta facendo. Accetta di lavorare in un piccolo comune ai confini della provincia veneta per essere più vicina a dove lui dice di voler vivere, alla casa che lui vuole ristrutturare per il loro futuro insieme. E in nome di questo miraggio si spoglia di tutto e riesce a fare in modo che sia proprio lui a sostituirla nello studio in cui, ormai da tempo, lavoravano: lei come dipendente lui come collaboratore esterno. Ma una volta che i ruoli si saranno invertiti Luca mostrerà le sue vere intenzioni: ottenuto ciò che voleva la abbandonerà nel peggiore dei modi.
Maria è una donna volitiva, una professionista con una carriera già avanzata, lavora per un importante studio di architettura, eppure qualcosa la porta a cadere in una relazione nociva. Cos’è questo qualcosa, secondo lei?
Quella tra Maria e Luca può essere definita una dipendenza affettiva difficile da spezzare. Ultimamente se ne sta parlando molto, dimostrando come spesso questi rapporti siano intrisi di una profonda violenza psicologica che ho cercato di raccontare nel dettaglio in questo mio romanzo.
Io non sono un’esperta ma credo che, se una donna intelligente e capace si incastra in un rapporto oscuro e doloroso, ci siano in lei delle ferite antiche, fessure aperte in cui si possono insinuare facilmente sentimenti e persone tossiche. Le fragilità che ognuno di noi si porta dentro sono determinanti per il nostro futuro tanto quanto la sicurezza e la tenacia che ci porta a realizzare i nostri sogni.
In Maria l’abbandono è una ferita primigenia. Ne conosce gli effetti per averli visti in sua madre, donna ferita nell’infanzia da un destino malevolo che l’ha resa dura, incapace di gesti affettuosi. La storia di sua madre, infatti, torna nella mente di Maria proprio quando iniziano le nebbie più fitte e la discesa verso l’ossessione più oscura.
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Chi se non noi è il suo primo romanzo, pubblicato dopo alcuni racconti. Sta già lavorando a un altro libro? Come immagina il suo percorso da scrittrice?
Non riesco a immaginare quale potrà essere il mio percorso futuro. So che scriverò ancora. Ho un secondo romanzo già a buon punto che, pur essendo molto diverso da questo, indaga ancora una volta il tema dei vinti: dal destino, dalla vita, forse da se stessi. È un tema su cui mi interrogo molto, così come mi interessano i luoghi geografici in cui si sviluppano le storie che voglio raccontare. Un altro tema su cui sto lavorando è quello del corpo femminile, della maternità e della non maternità. Credo che su questo anche la nostra società debba aprire un dibattito importante: ci sono domande etiche e non a cui è necessario dare delle risposte e, magari, legiferare. Il corpo delle donne è un tema storico su cui, come donna e scrittrice, mi piacerebbe confrontarmi.
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Per la prima foto, copyright: Ali Karimi su Unsplash.
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