Quando mancano punti di riferimento. “Cuore di napalm” di Clara Usón
Clara Usón, ex avvocato di Barcellona, torna a essere pubblicata in Italia con il suo Cuore di napalm, che le valse il Premio Biblioteca Breve Seix Barral nel 2009. È Atmosphere libri che, nell’efficace traduzione di Elisa Tramontin, ci permette di leggere questa piccola perla di un’autrice che si è guadagnata il successo internazionale con La hija del Este(La figlia, Sellerio, 2013), la storia di Ana Mladić, secondogenita del generale serbo Ratko Mladić, morta (forse suicida) nel 1994.
Usón ha certamente un dono: la delicatezza nel mettere nero su bianco i più profondi sentimenti e l’inconscio dei suoi protagonisti, senza mai scadere nel banale e riuscendo a comunicare al lettore le leve che determinano le azioni/reazioni dei personaggi che vivono nei suoi libri. E lo fa suscitando anche parecchi sorrisi.
Chi ci racconta, l’autrice, questa volta?
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Ci racconta Marta, la stravagante Marta. Pittrice mancata (almeno per il resto del mondo), guida in un museo, disoccupata, ossessiva, istintiva fin quasi al punto di oltrepassare i limiti. La sua storia d’amore con Juan, giudice minorile, inizia per caso e prosegue veloce fino a trascinarci al sorprendente finale.
E poi ci racconta Fede. Un adolescente trattato a volte da bambino a volte da uomo, e che si comporta a volte da bambino, a volte da uomo. Basti pensare alla “favola della buona notte” che racconta ad Anzulia, la sorellina: la storia di Sid Vicious e della morte di Nancy Spungen al Chelsea Hotel, o al modo in cui cerca di far capire a Carmen, la giovane madre, che lui c’è, che le sarà di sostegno, al contrario del Cinese, uomo sfuggente, superficiale e debole che tutto ha fatto tranne essere padre e marito.
Le strade di Marta e Fede procedono parallele, come le loro emozioni. Hanno età diverse, passato diverso, eppure sono entrambi alla ricerca della stessa cosa: punti di riferimento che, se nel caso del giovane di Santander vengono cercati in una famiglia che tale non è mai stata, per la pittrice barcellonese sono da trovarsi in se stessa, nel superamento delle proprie ossessioni e paure. Sì, perché il viaggio di queste due anime è lo stesso (come quello di tutti noi), ma compiuto in momenti diversi della propria vita.
Ciò che mi ha colpito in Cuore di napalm è stata la profonda capacità dell’autrice di scandagliare i singoli, repentini, sbalzi di umore dei suoi protagonisti, e il loro riflettere sulle proprie emozioni, incapaci di comprenderle. Questo, soprattutto, per Marta, già adulta e che, come tale, dovrebbe avere sviluppato una capacità di autoanalisi che, invece, le manca. Come non ritrovarsi in questo?
«In un sol colpo stavo per risolvere due faccende importanti della mia vita: la mia solitudine e la mia precarietà economica, o almeno così speravo. Ma, per uno strano paradosso, quando mi svegliai il sabato mattina, invece di essere nervosa ed emozionata mi sentivo abulica. Non avevo voglia di fare niente…»
Più il lettore si addentra tra le pagine, più ne rimane imbrigliato. Il crescendo di emozioni è difficile da abbandonare. Impossibile non voler capire cosa leghi, veramente, queste due storie che sembrano così lontane. E l’intelligente alternanza dei capitoli istiga al page-turning.
Il finale del libro è sorprendente. Non tanto per la rivelazione del vero legame tra le due storie, quanto per la rivoluzione nell’emotività dei due protagonisti. Se Fede resta molto coerente con se stesso, o meglio, con l’evoluzione che si può immaginare per un bambino cresciuto in una “famiglia” come la sua, Marta si rivela molto più normale (o, se vogliamo, banale) rispetto a quanto non fosse dato credere all’inizio del libro. Anche più cinica, cattiva, egoista. Non vi nascondo che mi ha irritato molto questo suo cambiamento. Mi ha fatto rivalutare il personaggio in senso negativo. E con questo non voglio dire che ci sia incoerenza nel personaggio, bensì che l’autrice è bravissima a confondere le idee al lettore.
«E forse, tra le altre, come una tragedia greca contemporanea, sopravvivrà questa storia così triste di una madre e un figlio, agli sgoccioli del ventesimo secolo, che mi sto sforzando di incorporare in una tela, di raccontare a pennello…»
Nonostante Marta, nelle ultime pagine del libro, sembri cercare un riavvicinamento con la parte buona di sé, io non sono riuscita a riconciliarmi con lei. Mi ha lasciato la stessa sensazione che mi lasciano alcuni quadri astratti (proprio come quelli che Marta dipingeva): possono voler dire tutto, o niente.
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In conclusione, se siete pronti a un giro sulle montagne russe dell’emozione, leggete Cuore di napalm di Clara Usón.
Per la prima foto, copyright: Wil Stewart su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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