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Quando la maternità diventa ossessione. “Quello che è successo a Joana” di Valério Romão

Quando la maternità diventa ossessione. “Quello che è successo a Joana” di Valério RomãoQuello che è successo a Joana racconta una maternità che è desiderio e ossessione, appagamento del ventre e svuotamento della dignità femminile. Il romanzo di Valério Romão esce in Italia per Caravan Edizioni con la traduzione di Vincenzo Barca.

Joana è al settimo mese di gravidanza. Il bambino le chiede di nascere prima del previsto e così si ritrova immersa in un liquido che ha lo stesso odore agrodolce di quello che l’ha fecondata. Sveglia il marito Jorge e lo informa su quanto sta accadendo. Mentre vanno all’ospedale, il lutto di Joana, che ha perso i genitori in un incidente d’auto durante le feste natalizie, ritorna come parte complementare della vita, come vuoto necessario per la generazione di un nuovo essere.

«Joana non riesce a evitare la comparsa di qualche lacrimuccia con la quale esprime il lutto di un tempo che esiste solo nella memoria e nel desiderio e, in fondo, si sente sciocca».

 

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Il ricordo appare sotto forma di una commozione, liquida come l’acqua che Joana ha tra le gambe, liquida come le parole di Valério Romão.

All’ospedale arriva con una pancia poco piena per una mamma che deve partorire. I medici la visitano e si accorgono che qualcosa non va.

Quando la maternità diventa ossessione. “Quello che è successo a Joana” di Valério Romão

Ora tutto diventa corpo. Le percezioni esplodono in una spirale di urla e umori neri. I dottori della vita sembrano mostri assetati di tempo, impazienti di portare a termine il proprio lavoro più velocemente possibile. Insieme a loro ci sono anche le infermiere, incapaci di confluire la memoria del parto in un’empatia con chi in quel momento sta compiendo un sacrificio per la sopravvivenza della specie.

Joana intuisce il macabro e lo osserva con gli occhi dilatati, mentre per proteggersi dà sfogo a bugie e a ricatti. Ogni dettaglio è apparizione orrida di quello che invece dovrebbe compiersi come fatto naturale o forse è lei a non poter godere della spontaneità degli eventi.

 

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Valério Romão non propone un punto di vista diverso rispetto a quello della sua Joana e a chi legge arriva semplicemente l’esperienza della protagonista, che rivela da subito un comportamento maniacale.

Joana percepisce la realtà senza poi filtrarla in un pensiero composto da contenuti selezionati. Il risultato è una testa fatta di immagini troppo cariche di informazioni che si accavallano l’una con l’altra. Nessuna sua visione, infatti, è capace di ridursi a una concezione in cui a spiccare sono solo pochi elementi.

 

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In Quello che è successo a Joana di Valério Romão non esiste uno scarto temporale tra ciò che viene visto o sentito e ciò che viene pensato. Non c’è possibilità di scaricare la tensione percettiva perché Joana è piegata a colori e a suoni invasivi.

Quando la maternità diventa ossessione. “Quello che è successo a Joana” di Valério Romão

Ma nonostante l’affollamento della sala parto, Joana è isolata dai suoi sensi come se questi fossero un muro tra lei e tutto il resto. Dall’altra parte in compenso l’ambiente si definisce come un insieme di dinamiche violente che non agevolano la comunicazione. E quando decide di prendere un po’ d’acqua per le sue assetate e avvilite compagne di parto, si perde tra i corridoi e nel frattempo le altre spariscono perché riescono a concludere il sacrificio.

 

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Solo la ragazzina dalla pancia tonda, e troppo grossa per il suo piccolo corpo da adolescente, riesce ad affermare nel corso della storia la propria presenza senza lasciarsi ingoiare dall’immagine disarticolata di una massa dolorante. Lei è l’animale comunicativo capace di esprimere una volontà e formulare richieste logiche. Nell’animale Joana al contrario la realtà implodee nulla riesce a farsi strada verso l’esterno. Soprattutto quando le riflessioni scorrono senza una tregua. Joana pensa al suo dolore e così lo amplifica. Ecco che percezione e pensiero coincidono:

«questo dolore scorre lungo il fiume del mio corpo per sfociare in un mare miracoloso, in cui ricevo, ancora bagnato, mio figlio tra le braccia, e saprò che è lui perché lo chiamerò con il suo nome, e lui mi aprirà gli occhi, affamato di calore e di latte, e, non appena si avvicinerà al mio capezzolo, lo condannerò a cercare, d’ora in poi e per sempre, una sostituzione, che raramente si rivelerà adeguata […]».

Quello che è successo a Joana è una lunga e violenta percezione che Valério Romão fa deflagrare nel lettore.

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