Quando il dolore vince su ogni cosa.“Il sale” di Jean-Batiste Del Amo
Il sale mi è capitato fra le mani al Salone del Libro di Torino e mi ha subito incuriosito per il suo titolo breve, incisivo. Scopro che è stato scritto da Jean-Batiste Del Amo, un giovane autore francese, che in patria è già paragonato a scrittori del calibro di Émile Zola, Honoré de Balzac, Alexandre Dumas. È il suo primo libro a essere pubblicato in italiano (Neo. Edizioni, traduzione di S. Campolongo) e nel nostro paese ha vinto il concorso Modus Legendi.
Il sale narra di un'unica giornata della vita di Louise e dei suoi tre figli, Fanny, Jonas e Albin. Vite legate e corrose dalla salsedine portata dal mare della cittadina francese di Sète. Vite spezzate, colme di silenzi e di azioni non svolte, vissute all’ombra del padre Armand,un marinaio alcolizzato e violento che, sebbene defunto, è un protagonista presente e doloroso, che condiziona senza ritorno il passato, il presente, e anche il futuro della moglie Louise e dei suoi tre figli.
«Mentre Louise finiva di rifare il letto, l’inquietudine l’assalì alla gola. Armand si era frapposto tra lei e i suoi ragazzi. Pur essendo scomparso, era ancora fra loro il suo ostacolo ineludibile».
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Louise, vedova, anziana, vive in solitudine, nel ricordo di una breve gioventù felice con il marito, corrosa dai dolori fisici, dalle domande esistenziali che con l’avanzare dell’età sembrano opprimerla, dalla lontananza dei figli che hanno lasciato la famiglia, ma che, altrettanto, come perseguitati dalle violenze del padre, non vivono esistenze felici.
La cena organizzata da Louise diventa il pretesto per riunire, almeno in apparenza, la sua famiglia, «i suoi figli, la sua carne, le sue vite ancora da vivere», nella casa paterna.
Nelle poche ore che separano la famiglia dalla cena, l’autore ci fa abilmente conoscere tutti i personaggi, le loro paure, i drammi interni, i traumi che hanno portato alla separazione e alla loro onnipresente infelicità.
Fanny sopravvive al ricordo agghiacciante della sua bambina Lea, morta annegata, che le impedisce di vivere nel presente e di godere del suo matrimonio e dell’affetto dell’altro figlio adolescente. Jonas, nonostante l’amore della madre Louise, sembra in perenne conflitto con il resto del mondo, anche a causa della sua omosessualità, che il padre non ha mai accettato fino in fondo e che gli ha fatto perdere prematuramente il suo compagno morto di AIDS. Albin, il primogenito, quello che sembra assomigliare di più al padre Armand, in realtà rivela tutte le sue debolezze attraverso un matrimonio che sta naufragando, e l’amore che i figli gli negano.
Il dolore è il grande tema di questo libro, quella sofferenza assoluta capace di condizionare per sempre i legami più stretti, quelli di sangue. Il dolore ereditato di padre in figlio, assorbito nel profondo, che lascia una traccia perpetua in chi lo riceve, lo subisce. Una ferita che non si rimargina mai e continua a condizionare ogni scelta di vita.
La famiglia è messa sotto la lente d’ingrandimento e Del Amo è un vero maestro nel setacciare l’animo umano, nell’immergersi nelle parole non dette, nei gesti non compiute, con una scrittura che incanta e che va a fondo trascinando nelle pieghe più oscure dell’animo umano. Le profonde descrizioni delle ambientazioni, del mare, del cielo che si cesella su Sète, del porto, dei marinai, fanno sì che il contesto diventi anch’esso personaggio dando drammaticità e corpo al romanzo.
«La luce disegnava larghe bande gialle sulle facciate delle case. L’aria sapeva di iodio, di fritto e di sudore. Quella condensa olfattiva si avviluppava sull’ugola di Fanny. Era un malessere che la afferrava al ritmo dei suoi passi.»
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Un volume sconvolgente a tratti fastidioso per la ricercatezza con la quale è stato scritto. Del Amo non ama indorare la pillola. Il suo modo di raccontare gli estremi, e di rimanerci dentro fino quasi a infastidire, può dare a volte la sensazione che il libro scorra lento come il dolore che viene raccontato. I dialoghi ridotti al minimo non aiutano il romanzo a essere letto, per così dire, tutto d’un fiato. Quello di Del Amo è un volume da leggere soppesando ogni parola, senza fretta, preparandosi a un viaggio che può lasciare addosso un’appiccicosa sofferenza.
Per chi vuole immergersi in una scrittura potente (che può insegnare molto ai giovani autori), mai scontata, intensa, e per chi vuole sapere come può essere il dolore che vince su ogni cosa, tirando fuori le debolezze, così diverse, ma così simili, in ogni essere umano.
Per la prima foto, copyright: Christian Ferrer / Wikimedia Commons.
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