Quando e perché le donne diventano bad girls
Cosa accade nella mente di una vittima per trasformarla in carnefice? Può una vittima diventare carnefice? Se manca la giustizia è giusto ci sia la vendetta? Cosa avvicina violenza e vendetta?
Sono questi alcuni degli interrogativi che potrebbero trovare risposta nel libro di Antonella Bolelli Ferrera Bad Girls (La Lepre edizioni). Un testo che racconta tante storie segnate, interrotte dalla violenza, dal dolore, dai soprusi. Storie di donne la cui esistenza è stata inesorabilmente mutata prima dalla violenza subita e poi da quella inferta.
Racconta Bolelli Ferrara di donne sottomesse che si sono ribellate, sono diventate esse stesse dei criminali. Donne vittime del racket della prostituzione trasformatesi in maitresse d'alto bordo.
Stanche di subire, di essere sfruttate, hanno scelto di essere e diventare sfruttatrici. Da oppresse a oppressori.
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E poi ci sono le violenze indicibili, quelle inferte da parenti, familiari, amici, genitori… consumatesi all'interno di quella che dovrebbe essere, per ogni essere umano, la confort zone per eccellenza. Quella “corazza” affettiva che se viene a mancare oppure non è mai stata presente non può che dare vita a persone incapaci di gestire correttamente i propri e gli altrui affetti, sentimenti, emozioni, desideri, passioni, pulsioni.
I meccanismi della mente umana sono ai più imperscrutabili, a volte esistono dei legami tra i comportamenti di oggi e gli accadimenti di un passato mai dimenticato che appaiono incredibili. Azioni che sono in realtà delle reazioni, scattate come una molla rimasta in trazione per un tempo parso infinito. E così una vittima può diventare giustiziera, stalker, assassina di un'altra persona, anche a lei cara. E può diventarlo anche di se stessa.
Ed è successo tante volte. Le vicende esplorate da Antonella Bolelli Ferrera ne sono esempio.
Le donne raccontate da Bolelli Ferrera sono tutte bad girls, macchiatesi di crimini anche efferati che le hanno condotte in carcere e da lì raccontano le loro storie, i crimini commessi. Nella quasi totalità dei casi però si tratti di vendetta. Di azioni criminali direttamente o indirettamente imputabili alla violenza subita. Pregressa. Non è certo una giustificazione bensì un dato di fatto. Perché la rabbia che scaturisce da una violenza subita non dipende solo da quel brutale gesto. Dipende anche dal fatto che, spesso, la famiglia, la società, i media… ci mettono il carico da novanta. Trasformando la vittima in una specie di complice volontario che se l'è andata a cercare. E ciò accade soprattutto quando si parla di violenza sessuale, individuale o di gruppo. È cronaca. È sotto gli occhi di tutti. Eppure ogni volta sembra di essere tornati indietro di cento anni e oltre.
Con una delibera del 27 maggio 2021 la Corte Europea dei Diritti dell'uomo ha condannato l'Italia perché «stigmatizza la delegittimazione delle vittime di stupro, ritenute corresponsabili delle violenze subite in base a valutazioni legate alla loro vita privata», in netta violazione dell'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo che tutela appunto la vita privata e l'integrità personale. La delibera fa riferimento a un caso in particolare portato in ricorso alla Corte Europea dai legali dell'Associazione D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), che ha anche pubblicato per esteso il testo della sentenza, ma può, purtroppo, essere generalizzato perché quanto accaduto nel caso specifico è all'ordine del giorno. Purtroppo.
La prefazione al libro è curata dalla stessa autrice, mentre l'introduzione è di Dacia Maraini la quale sottolinea come, per assurdo, per molte delle protagoniste del libro in carcere sia iniziata una vita migliore. Non buona ma sicuramente migliore di quella che hanno vissuto prima. Si sofferma inoltre Maraini su quello che condivido essere uno dei pregi della scrittura di Bolelli: l'aver dato voce a queste carcerate e alle loro storie lasciando così emergere tutto il mondo di sofferenza, di dolore, di violenza che c'è dietro e dentro le vite di queste persone di cui nessuno sembra davvero accorgersi e a cui nessuno sembra davvero voler prestare attenzione.
Perché i carcerati e le carcerate non sono un gruppo unico e inscindibile. La popolazione carceraria si compone di singole persone, ognuna delle quali ha una sua storia. Si compone di carnefici e di vittime. E di vittime che sono diventate a loro volta carnefici. E di tanti, davvero tanti stranieri, immigrati, poveri, irregolari. Anch'essi vittime e carnefici.
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Con molte di queste detenute l'autrice ha intrapreso un percorso che, attraverso la parola scritta, contribuisca a liberarle dalla paura, dal disagio, dal dolore, dal rimorso, dallo smarrimento. La pandemia ha rappresentato un ostacolo, ha rallentato un cammino che Bolelli Ferrera è ben intenzionata a portare avanti.
Dal 2010 è direttore artistico del Premio letterario Goliarda Sapienza “Racconti dal carcere”, di cui è anche ideatrice, oltre che curatrice di molte iniziative volte a favorire la cultura della legalità.
Per la prima foto, copyright: Stas Svechnikov su Unsplash.
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