Quando Carl Jung scrisse a James Joyce
Nel 1932 Carl Gustav Jung, il famoso psicoanalista svizzero, scrisse una recensione sull’Ulisse di James Joyce. L’articolo, pubblicato sulla «Europäische Revue», contiene una dura condanna del libro con molte critiche caustiche, intervallate con qualche debole lode.
Molti leggendo il saggio di Jung potrebbero annuire dinanzi a frasi come: «Sì, ammetto di sentire di essere stato preso in giro» e «non si dovrebbe mai strofinare il naso del lettore nella sua stupidità, ma questo è ciò che fa l’Ulisse». Per meglio descrivere la noia che gli ha procurato il romanzo, Jung cita un “vecchio zio”, che dice «Sai come il diavolo tortura le anime nell’Inferno? […] Le mantiene in attesa». Questo commento, scrive Jung, «mi è tornato alla mente mentre stavo leggendo l’Ulisse per la prima volta. Ogni frase fa nascere un senso di attesa che non viene soddisfatto; infine, per pura rassegnazione, non ti aspetti più nulla». Ma, mentre da un lato la critica di Jung sembra confermare l’odio di certi frettolosi lettori per questo quasi inevitabile capolavoro del XX secolo, d’altra parte indaga anche in profondità le ragioni del successo del romanzo.
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Nonostante la frustrazione che gli causa il libro – la sensazione che «ponga sempre il lettore in un irritante senso d’inferiorità» – Jung gli riconosce un grande pregio, confrontando Joyce con altri scrittori europei di epoche precedenti, come Goethe e Nietzsche.
«Mi sembra», scrive ancora Jung, «che tutto ciò che di negativo ci sia nel lavoro di Joyce, tutto quello che è bizzarro e banale, grottesco e diabolico, è una virtù positiva degna di lode».
L’Ulisse è «un libro che esprime devozione per l’uomo bianco come oggetto», un «esercizio spirituale, una disciplina estetica, un rituale agonizzante, una procedura arcana, diciotto alambicchi alchemici accatastati l’uno sull’altro […] un mondo è morto, ed uno nuovo ne è stato fatto».
Jung, tuttavia, non si limitò a scrivere quella che potrebbe essere considerata la risposta insieme più onesta (sul piano critica) e più incandescente al romanzo, ma nel settembre 1932 inviò a Joyce una copia del suo saggio insieme alla lettera che vi riportiamo qui di seguito:
Gentile signore,
il suo Ulisse è stato presentato al mondo come uno sconvolgente problema psicologico sul quale sono stato chiamato più volte a intervenire perché ritenuto un’autorità su questioni psicologiche.
L’Ulisse si è dimostrato un osso eccezionalmente duro e ha costretto la mia mente non solo a molti insoliti sforzi, ma anche a stravaganti peregrinazioni (parlando dal punto di vista di uno scienziato).
Il suo libro, nel complesso, mi ha dato grossissimi problemi e sono stato a rimuginarci su per tre anni, fino a quando non sono riuscito a entrarci davvero dentro.
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Ma devo dire che sono profondamente grato a lei e alla sua gigantesca opera, perché ho imparato molto. Forse non sarò mai del tutto certo che mi sia piaciuta, perché ha richiesto troppa macinazione di nervi e materia grigia. Non so nemmeno se le piacerà quello che ho scritto sull’Ulisseperché non ho potuto trattenermi dal dire al mondo quanto mi sono annoiato, quando ho brontolato, quanto l’ho maledetto e quanto l’ho ammirato.
Le 40 pagine che proseguono senza interruzione nella parte finale sono una serie di meraviglie psicologiche. Suppongo che la nonna del diavolo sappia così tanto della reale psicologia di una donna, io di sicuro no.
Bene, provo solo a raccomandarle il mio piccolo saggio, come il divertente tentativo di un perfetto estraneo che si è smarrito nel labirinto del suo Ulisse e ne è uscito per pura fortuna.
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In ogni caso, potrà cogliere dal mio articolo cosa l’Ulisse ha fatto a uno psicologo apparentemente equilibrato.
Con la mia più profonda stima, le porgo, caro signore, distinti saluti.
C. G. Jung
Grazie a questa lettera di introduzione, Jung non fu più un “perfetto estraneo” per Joyce che, infatti, due anni dopo lo chiamò per occuparsi di sua figlia Lucia, che soffriva di schizofrenia.
Per questo e per l’attenzione dedicata all’Ulisse, Joyce scrisse una dedica sul libro di Jung: «Al Dr. C.G. Jung, con grande apprezzamento per il suo aiuto e consiglio. James Joyce. Natale 1934, Zurigo».
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