Puglia infelice – I flussi di cadaveri
Ora la Puglia non è soltanto una terra attraversata da flussi migratori importanti. È una lunga regione dove anche i cadaveri possono trovare il modo di arrivare.
Qualche giorno fa è stato trovato in campagna il corpo senza vita di un ragazzo kurdo. Un giovanissimo profugo scaricato dal camionista che lo ha portato in Italia via mare. Il ragazzo è morto perché i suoi organi interni erano bruciati. Avrà fatto il viaggio vicino al motore, forse. O chissà dove altro ancora.
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Il suo caso non è unico o singolare, perché nella dimensione criminale della tratta che attraversa la Puglia, di morti, di corpi lasciati al sole o di sepolture improvvisate questa terra è piena. La Capitanata ha visto sparire, dissolversi nel nulla polacchi, senegalesi, ghanesi, nigeriane… Così la provincia di Brindisi, dove gli albanesi prima, i kurdi e i siriani adesso, possono essere inghiottiti dalla morte e scaricati lungo i campi di ulivo.
La mafia della tratta viene da lontano ed è la più feroce. Questi ragazzi vengono raccolti nei centri urbani turchi o greci, dove grandi organizzatori di viaggi li smistano a pagamento verso agenzie di trasporto compiacenti. Si tratta di camion adibiti al trasporto merci (frutta, ortaggi, pesce, eccetera) dentro i quali, in appositi e asfissianti doppifondi, gli esseri umani vengono ammassati come nei treni merci nazisti. Merce. Sono merce anch’essi, i trasportati. Sono merci che hanno pagato, però. Una merce che viaggia viva e che può morire lungo il viaggio.
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Queste tratte ridefiniscono la cosiddetta rotta balcanica. Una trova nella Puglia un punto d’approdo troppo controllato, per questo il rischio di morire è più alto. L’altra sale, passa per la Serbia e la Slovenia, raggiunge l’Austria e la Germania. A muovere le fila di questo traffico feroce sono sempre più i turchi, gli albanesi, i bosniaci e grandi imprese di trasporto italiane con sedi internazionali.
Il mercato degli esseri umani frutta milioni e milioni di euro, quindi non deve stupire se a costruirlo intervengono pezzi del sistema d’impresa e grandi mafie. Di sicuro la mafia di Saranda. Di certo la ‘ndrangheta che ormai dimora indisturbata in Salento. E poi i sistemi sorti dopo la guerra jugoslava. Se ne giovano i turchi, che fingono di trattenere i flussi ma in realtà edificano un apparato corrotto composto di doganieri, militari, controllori, politici e mafiosi.
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A rimetterci, i migranti. Giovani come questo kurdo che solo poco prima di spirare è stato riconosciuto, che ora giace nell’obitorio dell’ospedale di Brindisi in attesa che un altro viaggio lo riporti dalla sua famiglia. Nel suo viaggio di sola andata per la morte, il ritorno a casa suona commovente per noi che mai tenteremo un esodo così pericoloso. Ma la sorte di quel ragazzo è la sorte di una Italia, di una Puglia, che escludendo i migranti favoriscono l’arricchimento mortale delle mafie dei trafficanti di esseri umani. Mafie senza scrupoli che si incontrano sul Mediterraneo e riallacciano relazioni dopo aver dormito per qualche decennio. Prima erano le armi e le sigarette, a tessere legami, ora sono i migranti: i predestinati spesso a morte certa sulle terre delle mafie mediterranee.
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