Professione Education Editor, il giornalista che scrive di Istruzione come lo fa?
La risposta alla domanda di rito quando ci si conosce («Che lavoro fai?», o, lievemente meno invadente, «Di cosa ti occupi?»), per la categoria alla quale appartengo, è una “passeggiata di salute”. Il dubbio permane qualche volta sul verbo: «Sono giornalista» o «Faccio la/il giornalista». La questione si fa un poco più complessa se l’interlocutore è curioso e vuole saperne di più: politica? cronaca nera? arte, libri, economia?
Se si risponde che ci si occupa di Education, seguono inevitabilmente altre domande. Sì, Education in inglese, poiché se dicessi che sono una giornalista che si occupa di Educazione passerei per un’esperta di bon ton, e probabilmente di questi tempi farei ridere a crepapelle, o chissà mi potrebbe andare anche peggio.
Dovrei dire che mi occupo di «Istruzione, Formazione, di chi insegna e chi impara, di dove lo si fa, come, perché, in che modo, del ruolo che tutto questo ha nelle politiche nazionali, internazionali, nell’economia, nel mercato del lavoro, nella tecnologia, nelle relazioni umane, nei rapporti culturali e sociali nel mondo». Allargo la definizione perché certamente non è possibile includere in maniera completa tutti gli elementi che definiscono il concetto di Education, di Educazione. Senza scomodare il latino o il greco, poiché l’obiettivo ora è quello di “definire” il mestiere di “Education Editor”, del giornalista che si occupa di educazione.
Una buona notizia è che di Education nei quotidiani, nelle testate importanti italiane se ne parla oggi molto di più che dieci anni fa. Non quanto se ne scrive nei giornali internazionali, ma dei passi avanti ci sono stati, almeno quantitativi. Una sezione dedicata all’università o alla scuola è presente in quasi tutti i giornali e i loro siti internet. Com’è trattata l’Education? Qualche volta nello stesso modo di tutte le altre notizie, nulla da dire se di “notizie” pubblicate su un quotidiano, si tratta.
Nel caso degli approfondimenti, che sono il pane del giornalista dell’Education, la distrazione può riguardare il lettore. L’Education, a mio modo di vedere, ha un lettore che dovrebbe essere preso in considerazione prima di tutti gli altri: lo studente, nel caso dell’istruzione superiore, di cui vorrei parlare in questo testo.
Lo studente è un ragazzo, un giovane, di solito più giovane del giornalista che ha scritto il pezzo, si aspetta molto: il rigore dell’adulto, una conoscenza più approfondita, un background sull’argomento in questione, e anche un orientamento. I giornali internazionali, inglesi, americani e francesi che prevedono la figura nelle redazioni dell’education editor, pubblicano tutti guide e ranking universitari, valutano le iniziative di educazione informale, si sono fatte cavie dei primi Mooc Courses, se scrivono dei tagli alla ricerca, o all’aumento improvviso delle rette universitarie (da 3mila a 9mila sterline annuale nel Regno Unito nel 2012), daranno un’indicazione su borse di studio e finanziamenti. Conoscono bene la materia, seguono le tendenze future. Sono consapevoli che raramente conquisteranno le prime pagine o le home page, ma sentono il senso di responsabilità di parlare d’istruzione, poiché nei loro Paesi, istruzione e education sono considerati al primo posto tra i motori di sviluppo di una nazione.
Un esempio virtuoso italiano
Può accadere, anche per caso, che siano stati pubblicati dei reportage, durante il quale il giornalista, nel fare cronaca si sia trovato ad applicare la sensibilità di chi guarda i fatti raccontando non solo a un pubblico di lettori indifferenziato, ma in particolare allo studente, al docente, al ricercatore. Restando nella stringente attualità, i fatti che hanno determinato le condanne a 28 e a 25 anni ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’assassinio della studentessa inglese Meredith Kercher, sono avvenuti in una città universitaria, nell’ambito dell’università per stranieri di Perugia. Dove l’inglese Meredith Kercher seguiva un periodo all’estero nell’ambito dell’iniziativa di mobilità europea Erasmus, Amanda Knox era a Perugia per frequentare un corso di lingua e letteratura creativa proprio all’Università per stranieri, un corso internazionale integrando il suo diploma in lingua e letteratura all’University of Washington, dove studiava oltre che il tedesco anche l’italiano. Raffaele Sollecito, studiava informatica all’università Perugia, laureandosi poi in carcere. La circostanza di un delitto maturato in una “università per stranieri” in Italia (l’unica) che ha coinvolto una ragazza inglese, un’americana e un italiano, ha lasciato relativamente indifferenti i giornalisti che si sono soffermati sulla dinamica del delitto, sulle indagini. Ma c’è stata una cronista andata sul posto per raccontare l’assassinio di Meredith, e che è tornata più volte sul luogo del delitto e che ha ricostruito – attraverso le interviste con gli interlocutori dell’università, gli studenti, i docenti, la comunità internazionale di universitari – la realtà dell’Università per stranieri di Perugia. Fiorenza Sarzanini, del «Corriere della Sera», ha riferito dell’accoglienza a dir poco “maldestra” degli studenti internazionali da parte dell’università, con rare iniziative che li aiutassero a integrarsi, scarsi i servizi per la ricerca di un alloggio, piuttosto un mercato di affitti d’oro di stanze a più letti, destinati proprio agli studenti stranieri. Ha riferito anche del fatto che non esisteva qualcosa che somigliasse a un’anagrafe interna degli studenti Erasmus, motivo per cui si è fatta una gran fatica a rintracciare le colleghe inglesi di Meredith, che seguivano lo stesso programma. Si è posta il problema del ruolo dell’università in quel delitto. Sarzanini ha registrato un bel “non comment” dal rettore dell’Università per stranieri di Perugia, ma ha dato un quadro interessante di una città che ha tutte le carte in regola per essere centro studentesco internazionale, ma dove le istituzioni non hanno fatto granché per attrarre studenti stranieri, e certo il caso di Meredith, di Amanda e Raffaele non aiuterà. Nel 2008, è uscito il libro Amanda e gli altri, edito da Bompiani, dove si racconta l’ambiente, la vita, l’intreccio di relazioni nell’università di Perugia.
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Le antenne dell’education editor
Fiorenza Sarzanini è “inciampata” in una situazione abituale per un mitico education editor del Novecento: dalla metà degli anni Sessanta in poi Loren Pope, giornalista del «New York Times», quando doveva scrivere di un college, di un corso, di un evento che riguardava l’higher education, attivava le antenne del cronista, e valutava impatto di quell’istituzione a 360 gradi. Con una rapida quanto precisa occhiata, studiava le dimensioni della struttura, dopo aver notato la piacevolezza – o meno – architettonica, la presenza della natura, di viali alberati e giardini. Metteva in azione la sua sensibilità per captare l’atmosfera. Pope, in pochi istanti, percepiva se fosse o meno rilassata, allegra e amichevole. Dopo i primi incontri con i rettori, i professori e gli alunni, avrebbe capito se c’era dialogo tra studenti e docenti, se i giovani iscritti erano ascoltati con attenzione e non sottoposti a un’eccessiva competitività. Roba dell’altro secolo dirà qualcuno.
Invece, è il suo stesso giornale – il «New York Times» –, con esperti dell’Open Education o dei Mooc Courses, a celebrare l’attualità delle intuizioni di Pope. Lo definiremmo un critico dell’Ivy League, ma la sua esperienza coincide con l’idea dell’università interdisciplinare, dell’importanza di mettere l’allievo al centro del processo di apprendimento, di diversificare la maniera di insegnare, di rivoluzionare la governance universitaria, introducendo la student citizenship, il cittadino studente con diritto e doveri nella comunità universitaria. Visitò migliaia di college e università, esaminando l’istituzione nel suo complesso per poterne scrivere, e successivamente per poterla consigliare ai suoi lettori, e ai clienti di un ufficio di consulenza che avrebbe aperto a Washington. Il suo libro Colleges That Change Lives, uscito più di dieci anni fa, un diario di viaggio nell’America dei campus e dei college, dal Nord al Sud degli Stati Uniti, ha venduto più di 100.000 copie. Quei college oggi sono un network con valutazioni aggiornate al 2013, che ha molto seguito negli Usa per la scelta del college.
Il «Guardian», una miniera d’informazioni: news che orientano famiglie e studenti
Il mondo anglofono mantiene molto alta l’attenzione sull’education, in particolare sul livello universitario, collegato al mondo del lavoro, un esempio per tutti il «Guardian» con il suo canale web Education Guardian, dove a ogni education level sono dedicati capitoli appositi, dove sono aggiornate le news, la condizione degli istituti, le nuove realtà, l’ammissione, la valutazione (di studenti, ma soprattutto dei docenti). Per quanto riguarda solo l’Higher Education, gli approfondimenti regolari previsti sono: sulla guida alla scelta universitaria (uniguide); sul livello post laurea (postGrad), sull’accessibilità, la possibilità per gli stranieri, per le classi più svantaggiate, per i disabili, sulle borse di studio, sui criteri che esigono quelle università difficilmente ”accessibili”, quindi (Access); sulla ricerca e tutti problemi connessi (Research). La sezione Blog ospita i blog di studenti universitari selezionati da GuardianEDu, e Working in HE (lavorare nell’istruzione superiore) che è diventato un network d’informazioni per addetti ai lavori. Inchieste, servizi, notizie hanno tutte un allure di “informazione di servizio”. Ci tengono a orientare il lettore sulla scelta dell’università per i propri figli, sulla formazione specialistica per i laureati, la qualità della vita di uno studente al liceo e la differenza con altri licei o istituti, che devono preparare i giovani per una buona performance universitaria, o orientarli nel percorso professionale.
Lo stesso fa «Times Higher Education»: nato come supplemento settimanale del «Times», THE notizie e approfondimenti sull'istruzione universitaria internazionale, e ogni anno realizza una delle classifiche più seguite World University Rankings, attraverso la qualevaluta le migliori 400 università del mondo.
L’education editor non rinuncia al giornalismo investigativo
A Londra, Matthew Reisz, un redattore esperto in Education del «Times Higher Education», ha vinto il premio Education Journalist of the Year 2009. Matthew è stato premiato dalla Camera dei Comuni a Londra, per la sua serie di articoli sullo scandalo dei falsi finanziamenti che ha coinvolto la London Metropolitan University, una delle più prestigiose istituzioni universitarie del Regno Unito, con un’ottima reputazione internazionale. L’ateneo ha falsificato i propri elenchi di ammessi ai corsi, chiedendo all’organismo pubblico inglese che finanzia l’università fondi per studenti che non erano iscritti. La London Metropolitan University ha dovuto restituire 36 milioni di sterline all’Higher Education Funding Council for England. Reisz ha esaminato i documenti dell’università, scoprendo che tra i dati degli studenti c’erano 3 000 codici postali inesistenti, e più di 800 nomi la cui data di nascita li avrebbe visti all’università in età prescolare, o pronti per la pensione. L’inchiesta ha provocato le dimissioni del rettore e del consiglio direttivo dell’università, l’intera governance dell’ateneo ha lasciato l’incarico, col plauso delle istituzioni inglesi.
Una modesta proposta
Guardando, gli esempi internazionali, come quelli offerti dai giornalisti come Loren Pope o Fred M. Hechinger, si può trarre una lezione da applicare quando si scrive di Education, in pochi comportamenti da mettere in pratica:
- Essere utile al lettore “committente” (lo studente)
- Svolgere una mission di orientamento
- Visitare i luoghi, parlare con studenti e docenti, ottenere dei feedback
- Attivare un supplemento di rigore e di chiarezza per conquistare i lettori più giovani
- Pretendere dalla politica o dalle istituzioni che spieghino e parlino a studenti, docenti e famiglie
- Padroneggiare il panorama internazionale
- Essere informati sugli obiettivi globali dell'Education
- Verificare le sigle, studiarle e spiegarle
- Mantenere uno sguardo costante sulle nuove tendenze.
- Utilizzare gli strumenti del giornalismo digitale, apprendere le tecnologie più futuriste per dialogare con gli studenti.
Ultima personalissima raccomandazione: scrivere aprendo il cuore al futuro. Education e futuro camminano insieme, tenendosi per mano.
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