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Premio Galileo 2015 – Intervista al Prof. Carlo Rovelli

Premio Galileo 2015La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose (edito da Raffaello Cortina) descrive il percorso scientifico di scoperta di ciò che c'è dietro la realtà come essa appare. Perché, secondo lei, in questo percorso in cui all’inizio filosofia e scienza quasi coincidevano (nel senso che avevano la stessa finalità di comprendere la realtà) si è poi sempre più rafforzata la distinzione tra cultura scientifica e cultura umanistica?

Le due discipline si sono allontanate man mano che i rispettivi modi di lavorare si sono distinti. Due passi importanti verso la separazione sono avvenuti in Italia: il primo nel Cilento, quando la scuola di Elea, di cui Parmenide è l’esponente maggiore, si è allontanata dall’attenzione ai dettagli del mondo materiale. Il secondo a Padova e a Firenze, quando Galileo ha trovato il modo di “interrogare” direttamente la Natura. Ma l’allontanamento nei metodi non impedisce uno scambio proficuo, un dialogo continuo. Il dialogo fra scienza e filosofia continua, anzi, sta crescendo di nuovo.

 

L'excursus storico presente nel saggio suggerisce l'idea di un pensiero scientifico che fa continuamente i conti con i concetti di ignoto ed errore. Cosa comporta per lo scienziato il confronto consapevole con questi due concetti?

Per imparare qualcosa bisogna andare a cercare là dove ci sono ciò che non sappiamo e non capiamo. Uno scienziato è sempre interessato a quello che non si sa. In secondo luogo, la scienza è basata sulla consapevolezza che anche fra le cose che riteniamo più ovvie possano sempre celarsi errori. I fisici teorici a volte esagerano, e sono pronti a gettare via tutto quello che sappiamo per esplorare idee audaci. Un buono scienziato, credo, sa valutare l’affidabilità delle cose che abbiamo imparato. La maggior parte delle cose che sappiamo è giusta. Ma si impara restando aperti ad ascoltare idee alternative.

 

In un'intervista ad AlanFriedmanTV ha dichiarato: «Io non ho mai deciso di andar via. Io ho sempre cercato di lavorare in Italia e non ci sono mai riuscito». Ci racconta le ragioni di questa scelta forzata da parte di chi, come lei, è poi diventato professore ordinario di fisica teorica all'Università di Aix-Marseille e direttore del gruppo di ricerca in gravità quantistica del Centre de Physique Théorique di Marsiglia?

Alcuni anni fa ho vinto un concorso per Professore ordinario in Italia. Il Dipartimento di Fisica di Roma ha votato la mia chiamata.  Il direttore del dipartimento mi ha chiesto di aspettare un anno, poi un altro, poi un altro… e sono ancora in Francia.

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Carlo Rovelli, La realtà non è come ci appareHa vissuto e lavorato in ambito accademico soprattutto in America e in Francia. L'università italiana è davvero più indietro rispetto a quella americana e francese? E le responsabilità di questa situazione sono solo politiche, o qualche causa può essere rintracciata in seno all'università stessa?

L’eccellenza scientifica italiana è ancora grande, ma sta molto diminuendo. Il problema non è che i giovani vadano all’estero: è che in Italia non si entra, né come italiani né come stranieri. I giovani inglesi, francesi, o americani viaggiano, ma le università di Oxford, Parigi e Boston raccolgono i brillanti scienziati da tutto il mondo. Così si fa una grande università e una grande scuola scientifica. Solo una volta mi sono trovato a parlare di questo con un ministro italiano, e sono restato stupefatto della sua risposta: il governo non intendeva usare risorse “per fare piacere ai professori universitari”. Che razza di mentalità! Gli ospedali si fanno per guarire i malati, non per fare piacere ai medici! 

 

Cosa significa occuparsi di divulgazione scientifica in Italia? E quanto questa può incidere su una maggiore sensibilizzazione verso la cultura scientifica?

Spero di si. Io ho iniziato per caso, ma sono rimasto stupito per l’interesse che la scienza suscita oggi. La scienza è bellissima e sorprendente. È bello raccontarla, e la gente vuole sapere.

 

Il punto di forza del Premio Galileo è senz'altro il tentativo di avvicinare la scienza ai giovani, dal momento che il vincitore sarà selezionato da studenti della scuola superiore di secondo grado. Come mai, in Italia, si è verificata una sorta di frattura tra i giovani e la scienza, proprio nel periodo in cui le nuove tecnologie riempiono la vita di tanti adolescenti? E cosa può fare la scienza per risanare tale frattura?

I valori dell’Italia degli ultimi decenni sono stati influenzati da un’idea di successo sociale senza cultura, oppure da un cattolicesimo spaventato dal pensiero illuminista. Io spero che i giovani si sappiano ribellare a questo trend, e vedano la bellezza della curiosità, e di un pensiero aperto al cambiamento.


Leggi le altre interviste realizzate nell'ambito degli speciali dedicati al Premio Galileo.

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