Premio Galileo 2014 – Intervista alla Prof.ssa Nicoletta Maraschio, presidente dell’Accademia della Crusca
Il Premio Galileo per la divulgazione scientifica è ormai giunto all’ottava edizione. Quali sono le caratteristiche peculiari di un Premio letterario per testi scientifici?
Abbiamo un modello straordinario di scrittura scientifica, che è allo stesso tempo scrittura letteraria, una scrittura capace di coniugare il rigore della dimostrazione e della scoperta con l’efficacia comunicativa. Naturalmente penso a Galileo. Un premio a lui intitolato non può che promuovere forme di divulgazione scientifica che rispondano a questo duplice obiettivo.
Quali potrebbero essere gli accorgimenti necessari per permettere alla divulgazione scientifica di comunicare la scienza senza banalizzarne il messaggio e gli sforzi?
È indispensabile, credo, in primo luogo una profonda conoscenza dei fenomeni e dei processi di cui si parla. Ma è indispensabile anche una profonda conoscenza della lingua italiana e non solo per quanto riguarda il lessico specialistico, ma anche la sintassi e la testualità. Un presupposto fondamentale è dato da una buona conoscenza della lingua inglese come lingua franca della comunicazione scientifica globale.
Quali sono, secondo lei, i punti di forza dei testi finalisti di quest’edizione?
Si tratta di una rosa molto interessante di testi. È la cinquina nel suo complesso che mi sembra significativa. Vi si trovano testi di varie discipline che presentano diverse gradazioni di difficoltà.
Si va dalla fisica di Vincenzo Barone con L’ordine del mondo, alla storia della scienza di Marco Ciardi con Terra. Storia di un’idea, alla robotica di Nicola Nosengo con I robot ci guardano, alla studio dei primati di Frans de Waal con Il bonobo e l’ateo, fino all’analisi chimico-artistica di Adriano Zecchina con Alchimie nell’arte.
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Il Premio Galileo si sforza, e con un certo successo, di rinnovare il contatto della scienza con una platea di studenti di scuola superiore di secondo grado. Cosa può fare, secondo lei, la scienza per avvicinarsi ai giovani e per riaffermare il metodo scientifico presso le nuove generazioni?
Si tratta di un obiettivo fondamentale. Il Premio Galileo, assegnando ai giovani della Scuola superiore di secondo grado la scelta del vincitore, attribuisce loro una grande responsabilità e contribuisce in modo significativo a sensibilizzare le nuove generazioni nei confronti delle scienze. Una strada utile da seguire può essere quella di un lavoro comune fra insegnanti di italiano e insegnanti di matematica e scienze. Si tratta di un esperimento in cui l’Accademia della Crusca è impegnata quest’anno anche attraverso un corso di aggiornamento rivolto agli insegnanti e realizzato in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana dal titolo Lingua, matematica e scienze. Anche le discipline scientifiche parlano l’italiano. È importante fare cadere alcuni stereotipi ancora diffusi del tipo: «non sono portato per la matematica». Lo studio delle strutture linguistiche e quello dei numeri e dei fenomeni naturali presenta significative coincidenze.
Com’è cambiato il ruolo dell’Accademia della Crusca nel corso degli anni? E quale pensa possa essere la sua funzione oggi?
L’Accademia è stata capace di adeguarsi al cambiamento negli ultimi decenni e ha cercato di rispondere a richieste diverse che provengono dalla società contemporanea: dal rapporto con la Scuola, a quello con l’Europa, da una maggiore conoscenza dei linguaggi settoriali, alle questioni di genere. Nello stesso tempo l’Accademia vuole essere un centro di ricerche che abbia in cantiere importanti progetti. Basti qui citarne tre: un Vocabolario dantesco, l’avvio di un Grande Vocabolario storico otto-novecentesco, un Osservatorio sugli italianismi nel mondo.
I suoi primi studi sono stati incentrati sul bilinguismo (latino-volgare) nel De Pictura di Leon Battista Alberti. Ritiene che potremmo avvicinarci a nuove forme di bilinguismo, grazie alla connotazione dell’Italia in chiave sempre più multietnica?
Sia nel Medioevo sia nel Rinascimento, come oggi, la situazione sociolinguistica italiana è sempre stata caratterizzata non tanto da un rigido bilinguismo: latino / volgare (oggi inglese / italiano), ma da un diffuso multilinguismo. Si pensi alla compresenza storica dei volgari, dei dialetti e delle lingue di minoranza accanto all’italiano, e alle numerose lingue “altre” portate, prima dalle potenze straniere che hanno governato sul nostro territorio, oggi dai nuovi flussi migratori. La storia ci ha insegnato che il multilinguismo è da considerarsi sempre una risorsa.
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