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Premio Campiello 2020 – Intervista a Remo Rapino

Premio Campiello 2020 – Intervista a Remo RapinoLiborio è un pazzo, una cocciamatte, affronta la vita un passo alla volta spiegandosi tutte le disgrazie con una sola ragione: i segni neri. In Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio di Remo Rapino (Minimum Fax) echeggia il Novecento, la scuola, il crescere in fretta, l’apprendistato in una bottega, la Seconda guerra mondiale e poi la Resistenza, la fabbrica, ma anche il manicomio e la solitudine. Forse è questa la nota distintiva di Liborio, la più marcata: la solitudine. Perde i cari in tenera età e chi entra nella sua vita è più una cometa che un albero. È solitario anche nel modo in cui interpreta la vita e la felicità. Che il denominatore comune ultimo della pazzia sia, in verità, l’esser soli? Questo è solo uno degli interrogativi che sorgono nel leggere la vicenda di Bonfiglio Liborio che Remo Rapino ci racconta dalla sua nascita e fino al momento in cui si congeda da questo mondo.

Ciò che sorprende maggiormente, però, è la lingua. Le parole di Liborio risuonano nella mente, forti, pregnanti, autentiche. Parla a modo suo e si fa presto a lasciarsi trascinare dal suo modo di vedere la vita, di accettarla con una profonda rassegnazione, di reagire, poi, seguendo un impeto impossibile da soffocare.

In occasione della candidatura al Premio Campiello, Remo Rapino ha svelato alcuni dettagli che si celano dietro la stesura del suo romanzo.

 

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Come allievo, diceva il maestro Cianfarra Romeo, Bonfiglio Liborio era bravo. Gli piaceva anche andare a scuola, fintanto che ne ha avuto l’occasione. È un’occasione breve, la vita lo costringe ad andare a lavorare, perché, infatti, la scuola è per i ricchi. Sicuramente, qualcosa è cambiato da allora: la domanda è quanto. Se Bonfiglio Liborio fosse nato ai giorni nostri, che opportunità (scolastiche, intendo) avrebbe avuto?

Il rapporto Liborio/scuola apre a diverse piste di lettura. La scuola come luogo di formazione e di libertà, a volte quasi un’ultima spiaggia, essenziale per mettere in luce potenzialità nascoste, quindi occasione per tutti. Oggi il problema sussiste in modo diverso, ma sussiste sul piano, quantomeno, dei ritardi riguardo alle opportunità reali. Insomma occorre abolire l’uso del se ipotetico a favore dell’ogni modo. L’istruzione va vista come un diritto universale. Ne va del nostro futuro. Liborio offre molti motivi di riflessione.

Premio Campiello 2020 – Intervista a Remo Rapino

Che mondo è quello di Liborio e quali sono le sue armi per affrontarlo?

Un mondo di sagni neri, ma non solo per Bonfiglio Liborio. Mondo di contraddizioni e ingiustizie spesso insopportabili, di distanze sociali, tra ricchezze e povertà, di mancanze, di valori umani offesi. Bisogna, allora, reagire m uscendo dal proprio per farsi noi. un’arma, di certo, la politica, intesa in senso nobile e largo, come difesa della polis, della comunità umana. In una parola: accettazione della diversità e accoglienza dell’altro da noi. La consapevolezza che non si possa fare a meno degli altri, una giusta ridefinizione dei valori, delle scelte morali, dell’amore per l’umanità. Il mondo straborda di Liborio. Le visioni e il disincanto, l’intima dolcezza dello sguardo, potrebbero essere viste come una forma di quella bellezza in grado di salvare il mondo, come dice il Principe Miškin (L’idiota di Dostoevskij). In tal senso il libro È un libro d’amore.

 

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La «pazzia» di Liborio si acuisce nel momento in cui entra a far parte delle maglie della fabbrica. In che misura le scelte politiche, economiche e sociali incidono sulla sua «pazzia»?

La Follia liboriana è la cartina di tornasole di un mondo rovesciato e che sta progressivamente perdendo senso e sentimenti. Quella che diciamo follia a volte può esprimere una energia insopprimibile in grado di rovesciare i codici sociali dominanti, le nostre presunte certezze. Liborio sta a metà strada tra Don Chisciotte e Forrest Gump.

 

Si respira una grande solitudine nella vita di Bonfiglio Liborio. Quanto può essere dolorosa la solitudine e quando, invece, benefica? Alcuni pensatori sostengono che, nella solitudine, l’uomo non potrebbe compiere nessun progresso. In che misura è d’accordo con questa affermazione?

Oltre e contro la solitudine deve trovarsi la forza di reagire insieme agli altri, unire le solitudini, far coincidere anime. Certo, la solitudine può essere anche occasione di riflessione, di conoscenza di sé per tornare a riconquistarsi. Il progresso è sempre sintesi di molte strade, non percorso unico e lineare. Liborio forse è infelice, ma non vuole essere felice come gli altri, non vuol far pagare ad altri il prezzo della sua felicità.

Premio Campiello 2020 – Intervista a Remo Rapino

La vita di Liborio è scandita secondo una determinata musica, un leitmotiv: i segni neri. Di cosa si tratta?

La colonna sonora della vita di Liborio è scandita da dolorose tristezze a cui reagisce, ogni tanto, con le sue “cattiverie rivoltose”. In fondo non è niente: è la vita soltanto. Per Liborio come per ognuno di noi. Non è tanto un “destino” quanto, al contrario, la somma conseguenziale di segni neri più grandi e universali di una realtà che tende sempre più a frantumarsi, a perdersi intorno a falsi valori, soprattutto di natura etica.

 

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Come si sta preparando per la serata finale del Premio Campiello?

Con l’attesa gioiosa di incontrare persone nuove. Per me il Campiello è stato un regalo, una sorpresa inattesa, un altro compleanno. E i compleanni fanno vivere di più. Ho fatto altre amicizie, preziose, da coltivare possibilmente nei giorni a venire. Ho visto Guccini “da vicino”, è stato come rimettere su un vinile di molti anni fa e cantare avvertendo una giusta commozione, perché noi siamo quello che siamo stati. Infine farò felici i famigliari, ché finalmente dovrò comprare un abito elegante. E questo pure buono è, direbbe Liborio.

Come è cosa buona che i libri, tutti i libri, vincano sempre. In Piazza San Marco e  in tutte le piazze del mondo.


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