Premio Campiello 2018 – Intervista a Francesco Targhetta
Il 15 settembre, a Venezia, alla cerimonia di premiazione del premio Campiello, fra i finalisti ci sarà anche Francesco Targhetta con il suo romanzo d’esordio: Le vite potenziali, edito da Mondadori.
Nella provincia veneta vive infatti questo professore, poeta e romanziere, così come i protagonisti del libro: Alberto, Luciano e Giorgio detto GDL. A Marghera più precisamente, zona industriale e grigia della Serenissima, dove ha sede l’Albecom, l’azienda hi-tech per cui i tre lavorano. Tre personaggi, tre vite potenziali, ma non solo; attorno a loro uno stuolo di altri personaggi dipinti con maestria da Targhetta, che apre uno spiraglio sulla vita nella provincia ormai globalizzata, con disillusione e grazia.
Un romanzo tragico, ironico e sadico che racconta la vita in un mondo dalle due anime, reale e virtuale, dove tutto è in continuo cambiamento e nulla è come sembra.
Di questo e molto altro ci ha raccontato l’autore.
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Dopo le due raccolte di poesie Fiaschi e Le cose sono due e il romanzo in versi Perciò veniamo bene nelle fotografie con Le vite potenziali fa il suo esordio in prosa. Come è stato il passaggio e quanto del Targhetta poeta possiamo ritrovare nel libro?
Il passaggio è stato difficile soprattutto dal punto di vista ritmico: mentre scrivendo poesia si ha il sostegno della misura versale, che anche nei momenti in cui cala la tensione narrativa rimbalza il lettore come una rete di salvataggio, scrivendo in prosa ci si deve affidare quasi esclusivamente alla cadenza che danno alla storia gli eventi. Per me, che in prosa non avevo mai scritto nemmeno un racconto, era una sensazione inedita, quasi vertiginosa. Mentre fissavo i puntelli, pur esili, della trama, cercavo quindi di trovare un passo anche nella prosa, attraverso un periodare per lo più ampio e articolato, senza disdegnare, in certi passaggi, l’emersione di alcuni versi della tradizione poetica. Ciò che è rimasto inalterato nel passaggio tra poesia e prosa credo che sia l’occhio sul mondo, l’attenzione verso il paesaggio, oltre a una certa meticolosità lessicale, che ne Le vite potenziali si concentra soprattutto (ma non solo) sul gergo tecnico dell’azienda informatica.
Concentrandoci ora più precisamente su Le vite potenziali, il libro tratta di tre amici, ex compagni di classe, che lavorano assieme in diversi reparti dell'Albecom, azienda Hi-tech nella provincia veneta. Ecco, questi tre personaggi più che tre persone paiono tre modi di vedere il mondo, di affrontarlo e di approcciarsi a esso... Ci dice qualcosa di più su questo, che, a parere di molti, è il punto forte del libro?
Visto che a interessarmi era soprattutto il mondo contemporaneo e in particolare il nuovo paradigma dell’accelerazione e dell’iper-competizione che lo domina, ho cercato di far muovere nello spazio del romanzo tre personaggi molto diversi tra loro ma in un certo modo ben riconoscibili, osservandoli quasi come cavie. Da una parte c’è Alberto, il capo dell’azienda, fiducioso e progressista, deciso ad assecondare il nuovo mondo iper-tecnologizzato ma al contempo desideroso di farlo nel modo più onesto possibile; poi c’è GDL, il pre-sales, spregiudicato e pronto a sfruttare cinicamente a proprio vantaggio tutte le opportunità che concede questa nuova dimensione, la quale non lesina comunque nemmeno a lui momenti di fosco sgomento; infine c’è Luciano, il nerd introverso e solitario, incapace di aderire alla vita, a proprio agio soltanto nei margini e tuttavia non privo della speranza di rendere felice qualcuno. Accanto a questi tre personaggi maschili si muovono altrettante figure femminili, ugualmente diverse tra loro, sicché si viene a creare una specie di labirintica trama umana, tutta giocata su compromessi e tensioni. Ecco, un altro elemento in comune con il romanzo in versi è, a ben vedere, la coralità.
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Grande spazioha poi giocoforza il tema delle nuove tecnologie, del rapporto fra vita reale e vita virtuale. Da cosa è nato il bisogno di parlare di un tale argomento, centrale nella vita odierna ma ancora poco affrontato "dal punto di vista umano" nei romanzi moderni? E qual è la sua visione rispetto alle riflessioni che propone nel libro?
Il bisogno è nato dalla considerazione che la tecnologia ha ormai cambiato il nostro modo di stare al mondo e di pensare. La distinzione tra vita reale e vita virtuale è diventata persino oziosa, dal momento che la nostra quotidianità si sviluppa ormai in una sorta di realtà aumentata, in cui quelle due dimensioni sono sempre presenti l’una sopra l’altra. Queste riflessioni, già proposte negli ultimi anni da sociologi e filosofi, mi pareva che fossero ancora poco esplorate a livello narrativo, e allora, per capirci di più, sono voluto andare a interrogare proprio quel settore informatico che è al centro di questa rivoluzione. Per tre anni, da semianalfabeta digitale quale sono, ho frequentato con una certa regolarità un’azienda di consulenza informatica con sede a Marghera, e Le vite potenziali è quello che ne è uscito. Non me la sento di aggiungere altro oltre a ciò che si trova nel romanzo, tanto più che non sono né un sociologo né un filosofo. Diciamo che, come Luciano, che è il personaggio a cui ho ceduto più di me stesso, sto cercando di capire se ci sia una via di fuga da questa accelerazione costante diversa da una silenziosa sottrazione di sé al mondo.
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Nella recensione apparsa sul nostro portale si sottolinea l'importanza di un sintagma: «scorrevole, caustico e ricco di un tragico senso dell'umorismo». Questo sintagma, che si riferisce al giudizio che dava un professore di liceo ai temi di Luciano, pare sintetizzare e racchiudere appieno il suo libro, a livello sia di stile, che di costruzione della trama, dei personaggi e dei luoghi (il mondo arido e secco della provincia italiana)... Cosa ne pensa al riguardo?
Mentre in Percò veniamo bene nelle fotografie c’era molta ironia, in questo romanzo ce n’è decisamente meno. Non manca, ma il tono dominante del libro è scuro e dolente. La causticità, direi, emerge di più in certe pieghe psicologiche dei protagonisti o laddove descrivo certi sfondi di periferia urbana, ma si tratta di un umorismo tragico presente nella realtà stessa più che nella lettura che ne faccio attraverso i personaggi: quando vedi una rotatoria dipinta come una pizza o arricchita da un grappolo d’uva gigante al centro, o quando assisti a un tramonto sotto alla borsa rotante del Billa, non puoi non sentire nelle cose quella nota che il professore di liceo aveva avvertito nello stile di Luciano. Quanto alla scorrevolezza, spero che il lettore la trovi, anche se mi piacerebbe che fosse un romanzo letto con lentezza, come è stato scritto.
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Per concludere: si aspettava un tale successo, un tale risultato per questo suo romanzo? E cosa vede ora nel futuro di Le vite potenziali? E in quello di Francesco Targhetta?
La cinquina del Campiello era decisamente oltre ogni aspettativa e la speranza è che possa far scoprire il libro a lettori a cui non era arrivato in questi mesi. Nel futuro spero di portare in giro il più possibile la lettura sonorizzata del romanzo che abbiamo preparato con i Father Murphy: è senza dubbio il modo in cui preferisco condividere ciò che ho scritto. Nel mio futuro continuerà a esserci la scuola. La scrittura rimane per me un’attività da coltivare con pazienza, senza pressioni; non il mio lavoro.
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Come si sta preparando o si preparerà in vista della serata finale del Premio Campiello?
Se la serata si tenesse a Milano o Roma, proverei, al pensiero, un po’ di tensione. Ma il tutto avverrà a Venezia, a 25 chilometri da casa, in una città familiare. Il che mi rassicura molto. Mi preparerò leggendo i libri finalisti che ancora mi mancano e godendomi le vacanze. Settembre, per i prof, è il mese in cui si ha la mente sgombra; il mese migliore.
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Per la prima foto, copyright: Randall Bruder.
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