Premio Campiello 2018 – Intervista a Davide Orecchio
Difficile classificare un libro come Mio padre la rivoluzione di Davide Orecchio (Minimum Fax, 2018): non è certamente un saggio storico, anche se la Storia ne è la principale protagonista, ma non è nemmeno un romanzo storico in senso tradizionale. Lo si potrebbe definire un collage di storie diverse, unite da un sottile filo conduttore: l'appartenenza di tutti i personaggi presi in considerazione al mondo nato attorno all'ideologia comunista, a partire dalla rivoluzione russa del 1917 per arrivare fin verso la fine del ventesimo secolo, quando la stessa ideologia ha mostrato tutti i suoi limiti.
È abbastanza curioso che un libro così atipico sia arrivato tra i finalisti del Premio Campiello, cosa che non abbiamo mancato di sottolineare nella nostra intervista a Davide Orecchio.
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Mio padre la rivoluzione nasce dall'unione di testi scritti in momenti diversi. Il punto di partenza è stato il centenario della Rivoluzione Sovietica, i personaggi storici di cui parlare erano potenzialmente tantissimi: con quale criterio ha operato le sue scelte?
Ho scelto protagonisti di quella storia che avevo studiato, come ad esempio Trockij e Lenin, o che non potevano essere trascurati (Stalin), e personaggi strepitosi nei quali mi ero imbattuto (vedi il sindacalista Abraham Plotkin o il medico del lavoro Ivar Oddone/Partigiano Kim). Anche il caso ha avuto un ruolo: il racconto su Gianni Rodari, Un poeta sul Volga, è stato un dono degli archivi. Presso la Fondazione Gramsci a Roma mi sono imbattuto in un fascicolo sulle celebrazioni per il centenario della nascita di Lenin (1870-1970). Un opuscolo del Pcus conteneva istruzioni per tutti i partiti comunisti mondiali e chiedeva tra l’altro che inviassero giornalisti, scrittori e via elencando in Unione Sovietica per raccontare la storia, o più precisamente il mito di Lenin. In seguito ho trovato su «Paese Sera» del 1969 un reportage in quattro puntate firmato da Gianni Rodari. Era un viaggio nei luoghi di Vladimir Il´ič Ul´janov. Il racconto era già nelle carte. Non restava che scriverlo.
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Nel suo libro, lei ha svolto due operazioni distinte: da un lato, si è divertito a riscrivere il passato, cosa sempre molto affascinante, ma dall'altro ha reso omaggio ad alcuni personaggi reali che sono stati del tutto trascurati dalla storiografia corrente. Compito degli storici non dovrebbe essere anche quello di mantenere viva la memoria di troppi eroi "minori" ingiustamente dimenticati o sottovalutati?
L’attenzione per le storie minori e per la storia sociale l’abbiamo appresa proprio dagli storici, o meglio da quelle correnti che hanno innovato il modo di fare storiografia nella seconda metà del secolo scorso (Annales in Francia, il gruppo di Past and Present in Gran Bretagna, la scuola di Bielefeld in Germania). Ma Bloch e Febvre, leggendo Victor Hugo, non avranno a loro volta appreso qualcosa sul dovere di raccontare gli invisibili, i miserabili? Letteratura e storia si influenzano e seguono da sempre. Per quanto mi riguarda, provo un forte entusiasmo nel “riscattare” figure sconosciute o poco note. Sono scoperte appassionanti che spesso desidero condividere, allora mi metto a raccontarle.
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Dei cinque libri finalisti del Premio Campiello di quest'anno, ben tre hanno a che fare con la storia del ventesimo secolo: oltre al suo, Le assaggiatrici e La ragazza con la Leica. È una semplice coincidenza, oppure il segno di un maggiore interesse dei lettori di oggi per la storia?
Non è una coincidenza, ma allargherei il campo. Molta narrativa, oggi, si occupa di passato (in genere del Novecento) oppure di futuro (come La galassia dei dementi di Ermanno Cavazzoni) anche perché la dimensione per noi meno comprensibile, incomportabile, è proprio il presente. Se non si è capaci di orientarsi nella propria epoca, diventa difficile raccontarla. Allora si guarda indietro alla storia, oppure si guarda avanti “fantasticamente”. La proliferazione di una letteratura che si proietta in un altrove temporale è, a mio parere, anche (certo non unicamente) il sintomo di una difficoltà esistenziale e politica.
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Si aspettava di arrivare in finale con un libro così atipico, che non può essere classificato come "romanzo" nel senso tradizionale del termine?
Non me l’aspettavo.
Come si sta preparando, o come si preparerà, in vista della serata finale del Premio Campiello?
Cercherò un abito di foggia menscevica su qualche piattaforma di e-commerce.
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Per la prima foto, copyright: David Siglin.
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