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Premio Campiello 2016 – Intervista a Simona Vinci

Premio Campiello 2016 – Intervista a Simona VinciLa prima verità (edito da Einaudi) si apre con un’immagine molto forte e dura: «Un lettino di ferro con le sbarre bianche e un corpo nudo, quello di una bambina tra i sette e i dieci anni». Si può condensare così il dolore causato dai manicomi?

Sicuramente è un’immagine di una potenza espressiva incredibile, dolorosissima. Le immagini arrivano dritte e subito, dopo però c’è bisogno di raccontare le storie. Di far comprendere come e perché si arriva a quell’immagine. Non c’è niente di più straziante, per me, di un’infanzia strappata.

 

La protagonista del romanzo si lega molto alla fotografia di quella bambina, al punto da portarla con sé in tutti i suoi spostamenti. Cos’hanno rappresentato per Simona Vinci quella foto e tutte le immagini di Leros?

La fotografia è un mezzo espressivo che sento molto affine, fa parte della mia storia personale: mio padre aveva un laboratorio fotografico, sono cresciuta in mezzo alle fotografie e spesso, nella mia scrittura, parto da immagini che mi si piantano in testa e non ne escono fino a ché non le ho “tradotte” in parole. In questo particolare caso le fotografie sono state essenziali perché sono la testimonianza effettiva, brutale, di ciò che è accaduto in quel luogo, il manicomio di Leros: se Antonella Pizzamiglio, una allora giovanissima fotografa italiana, non si fosse spinta fino a là, nel 1989, fingendosi un’amica dello psichiatra Iannis Lukas e uscendone (in fuga) con delle diapositive che portò di corsa ad Atene (dove si svolgeva in quei giorni un convegno di psichiatria Internazionale), il caso Leros non sarebbe scoppiato e non si sarebbe imposta, agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, l’esigenza di “riformare” quel posto, di farsi carico di quelle persone e trovare una soluzione dignitosa per tutti.

Premio Campiello 2016 – Intervista a Simona Vinci

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Villa Azzurra e l’isola di Leros: due luoghi di una bellezza calma e quieta che, invece, racchiudono la sofferenza di chi subisce umilianti coercizioni “per il proprio bene”. È il tentativo del potere di celare la cattiveria dietro il velo di un’apparente bonomia?

Credo che sia un caso. Certi luoghi nascono con una vocazione poi diventano altro. Sicuramente l’isola di Leros porta su di sé il carico di molte e molte storie dolorose accadute nel corso dei secoli. È un’isola che sprigiona un’energia particolare. Certo, i nomi, all’orecchio di chi li ascolta e nella bocca di chi li pronuncia hanno un peso, non è casuale il fatto che i ricoveri per gli anziani abbiano tutti nomi delicati, poetici e gentili e, insomma, alla fine sono pur sempre parcheggi per gente che non ci serve più, in attesa di essere smaltita.

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Qual è la prima verità che si apprende confrontandosi con i “fantasmi” di Leros?

Che il passato non finisce, che l’eco di certe storie è infinita e che ciò che è accaduto una volta può accadere di nuovo. E questo deve metterci in guardia, sempre.

Premio Campiello 2016 – Intervista a Simona Vinci

Mi perdoni la domanda forse troppo diretta: cos’è per lei la malattia mentale?

È l’incomprensione degli altri, l’abbandono, la solitudine, la paura, il non trovare da nessuna parte un orecchio che si presti ad ascoltare le nostre stranezze, i nostri dolori, i lutti, le ferite interiori e tenti di accordarsi sulle nostre note e al nostro ritmo. Il disagio psichico ha una quantità immensa di sfumature e non mi sentirei di ridurlo alle definizioni stereotipate e spesso ingannevoli dei manuali di psichiatria.

 

È la sua terza finale al Premio Campiello, si vede diversa dalla prima volta? E se sì, mi racconterebbe come?

Sono passati tanti anni, la prima volta ero al mio secondo libro, avevo 29 anni, era tutto ancora nuovo ed, essendo anche molto timida, ho vissuto quei giorni con molte ansie. La seconda ne avevo 33 ed era forse il periodo più difficile della mia vita. Arrivai seconda per una manciata di voti, ma non me la presi, i premi sono così: la parola ai giurati. Questa volta arrivo serena, sono contenta di questo libro per il quale ho lottato otto anni e che è precisamente quello che volevo scrivere e spero che i lettori gli vorranno bene come gliene voglio io.

Premio Campiello 2016 – Intervista a Simona Vinci

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Come si sta preparando alla serata finale del Premio Campiello 2016?

Per ora ci sono da affrontare gli incontri estivi e dunque mi concentro su quelli. Poi, l’idea di una serata sul palco del teatro La Fenice non può che farmi contenta. Il 6 marzo del 1853 è lì che si tenne la prima assoluta della Traviata di Giuseppe Verdi che in questo periodo ascolto ossessivamente. Il 6 marzo è il giorno del mio compleanno. Chissà.


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