“Premiata ditta Sorelle Ficcadenti” di Andrea Vitali
Di Andrea Vitali, medico scrittore che da quasi venticinque anni pubblica romanzi che hanno conquistato un folto e solido pubblico di affezionati lettori, è appena uscito Premiata ditta Sorelle Ficcadenti (Rizzoli), ambientato come sempre nella Bellano che sembra fornire all’autore materiale infinito per le sue storie, situate molto spesso in un passato più o meno recente.
Questa volta ci troviamo verso la fine del 1915, nei mesi successivi all’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale, quando la vita sonnolenta del paese viene turbata dall’arrivo di due giovani sorelle, Giovenca e Zemia Ficcadenti, inspiegabilmente bellissima la prima e bruttissima la seconda, che aprono una merceria, ostentando l’insegna che dà titolo al romanzo.
Da questo primo fatto parte una serie di reazioni a catena, che coinvolgono diversi abitanti del paese, a partire dai due titolari delle preesistenti mercerie, da sempre rivali ma in questo frangente coalizzati contro le nuove concorrenti, che cercano di screditare e di ostacolare con tutti i mezzi che hanno a disposizione. Ci sono poi le devote frequentatrici della chiesa, scandalizzate dalla bellezza sfrontata di Giovenca e dalla sua disinvoltura, tra cui spicca Stampina, disperata perché il figlio Geremia, un ingenuo tontolone, ha dichiarato di essere perdutamente innamorato della nuova merciaia e di volerla sposare a tutti i costi.
Stampina chiede l’intervento del parroco, costretto a destreggiarsi tra suppliche e pettegolezzi inquietanti, in un susseguirsi di scoperte che conducono a un finale appena tinto di giallo, che riporterà comunque la pace nel paese.
È un romanzo corale, in cui ogni capitolo introduce nuovi personaggi, dai nomi curiosi e intriganti come è nello stile di Vitali: il prevosto don Primo Pastore e la sua perpetua Rebecca che vede il diavolo ovunque, la desolata Stampina Credegna con il marito Amerisio Pradelli, i merciai rivali Tocchetti e Galli, il segretario comunale Cesarino Pazienza, il sagrestano Aristide Schinetti, il maresciallo dei Regi Carabinieri Aristermo Citrici, il tenente Ireneo Coloni, il poeta fallito Novenio Trionfa, ostinato imitatore di D’Annunzio, e il losco notaio Editto Giovio, che millanta addirittura una discendenza dall’illustre storico Paolo Giovio.
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Vitali racconta l’intrecciarsi delle storie con il tono lieve e ironico di sempre, ricorrendo con disinvoltura a un’alternanza serrata tra la narrazione principale e i continui flashback, destinati a svelare al lettore tutti gli antefatti indispensabili per comprendere certi comportamenti, in apparenza oscuri, dei personaggi, e le loro reali motivazioni.
Quello che ci offre ancora una volta, senza deviare dai suoi abituali percorsi narrativi, è un grande affresco della vita di paese, con tutto il suo corredo di vizi e virtù, rivalità e pettegolezzi, velocità di trasmissione delle notizie e capacità di deformarle a dismisura, persino andando oltre le primitive intenzioni di chi ha dato l’avvio alla loro diffusione.
C’è solo da tirare un poco le orecchie a Vitali, e all’editor di casa Rizzoli che ne ha curato la pubblicazione, per la totale incongruenza con cui ci presenta, a pagina 29, la bellissima Giovenca Ficcadenti che «indossava infatti un cappotto rosso scuro, le labbra perfettamente disegnate con un rossetto che faceva pendant con il cappotto, calze a rete con la riga, scarpe nere décolleté, ed esibiva una chioma bionda e leonina, oltre a svariati anelli alle dita».
Siamo, come si è già detto, nel 1915, epoca in cui le donne adulte portavano i capelli rigorosamente raccolti e vestivano ancora con abiti lunghi fino ai piedi, impedendo quindi la vista di eventuali calze a rete che, peraltro, sarebbero entrate in uso solo molti anni dopo, oltre a vestirsi rigorosamente di nero se colpite da lutto stretto come Giovenca, cosa che il lettore scoprirà ben presto approfondendo la conoscenza del personaggio.
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