“Piccolo porco capitalista”, un manuale per gestire al meglio le finanze personali e familiari
Cominciamo dal titolo bizzarro: Piccolo porco capitalista (Vallardi, 2016 – traduzione di Luca Scognamiglio e Nicola Jachia) è il nome di un blog molto seguito in Messico, in cui la giornalista Sofía Macías, consulente in educazione finanziaria, tratta i più svariati argomenti relativi all’economia e al risparmio.
Partendo dall’idea che ciascuno di noi può migliorare la propria situazione economica imparando a gestire meglio non solo le entrate, ma anche, e forse soprattutto, le uscite di un bilancio personale e familiare, la Macías fornisce una serie di consigli pratici adatti a tutte le tasche. Da come gestire il rapporto con la banca di riferimento alla scelta del finanziamento migliore, da quello che bisogna conoscere prima di stipulare una polizza assicurativa ai piani per un futuro pensionistico soddisfacente, ogni capitolo propone un argomento specifico e fornisce nozioni di base e suggerimenti per un uso corretto degli strumenti economici di cui ciascuno di noi può disporre. Il punto di partenza è comunque la necessità di risparmiare: e se non sempre è possibile incrementare le entrate, quasi tutti noi, analizzando le nostre uscite, possiamo trovare spese inutili, costi superflui, tassi troppo alti che ci siamo trovati a pagare senza rendercene conto. Imparare a gestire meglio i nostri soldi è possibile, ci dice la Macías in questo Piccolo porco capitalista, che dopo essere stato pubblicato in Messico e Spagna esce ora da noi, accuratamente adattato alla situazione economica e legislativa italiana.
Abbiamo rivolto qualche domanda all’autrice, a Milano per la presentazione del libro.
Le realtà economiche, finanziarie e retributive di cui si parla sono molto diverse da un Paese all’altro: ad esempio, i criteri di tassazione o la normativa pensionistica. Quante versioni sono state pubblicate del suo libro? È stato più difficile scriverne la prima versione o curare gli adattamenti per i singoli Paesi?
Il libro è uscito in tre versioni: per il Messico, per la Spagna e per l’Italia. Forse la versione più difficile è stata quella spagnola, perché è in quel Paese che ho trovato le maggiori differenze sul piano culturale. È vero però che Spagna e Messico hanno anche molte affinità, e l’Italia presenta altre differenze. Tuttavia devo dire che si tratta spesso di differenze positive: ad esempio, in Italia il risparmio è molto più diffuso che negli altri due Paesi, e questo per me è un fatto positivo.
È stato molto interessante confrontarmi con le realtà dei diversi Paesi. “Sei brutto come un debito”, per esempio, è per me un proverbio italiano molto eloquente sul piano culturale, che considera il debito una cosa negativa e dovrebbe metterci in guardia.
Ho avuto la fortuna di collaborare con un grande esperto del settore, con cui è nato un rapporto molto aperto, e che ha lavorato duramente con me per far nascere la versione italiana di questo libro.
I suoi consigli sono molto interessanti, ma in un momento in cui le famiglie di ceto medio basso fanno fatica ad arrivare alla quarta settimana del mese, in attesa dello stipendio, per quante di loro è ancora possibile parlare di risparmio?
Sembra un controsenso, ma maggiore è la scarsità e più accorti dobbiamo essere nell’uso del denaro. Naturalmente questo è molto complicato, però, se anche non ci è davvero possibile spendere di meno, siamo comunque in grado di fare qualcosa per migliorare la nostra situazione, ad esempio utilizzando meglio il nostro tempo, le nostre capacità, e anche i pochi soldi che abbiamo. Non è affatto una cosa semplice, ma è possibile, richiede un grosso sforzo ma è fondamentale nel momento in cui ci troviamo in difficoltà.
La separazione tra ricchi e poveri è sempre più netta in questi anni di crisi economica. Riusciremo a invertire la tendenza, oppure dobbiamo dimenticarci la prosperità dei decenni passati?
Io penso che sia possibile, ma non certo nello stesso modo del passato. Oggi dovremmo soprattutto cercare investimenti al di fuori delle situazioni dei singoli paesi: ad esempio, in questo momento in Europa i titoli di stato sono a rendimento zero quasi ovunque, mentre certe valute straniere dei paesi emergenti, come Messico, Turchia, Colombia, Brasile, nello scorso anno hanno avuto addirittura una caduta vertiginosa, in alcuni casi fino al 40% del loro valore. Questo ci dice che è importante avere sempre qualche soldo investito in moneta forte, ma possiamo e dobbiamo anche trovare buone opportunità, al di fuori dei settori tradizionali, per tornare a far fruttare i nostri risparmi.
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Ho trovato particolarmente utile il capitolo riguardante le assicurazioni. Spesso le polizze assicurative sono scritte in un linguaggio quasi incomprensibile al cittadino medio. Non pensa che dovrebbe essere imposta una maggiore chiarezza nella stesura dei contratti?
Sono d’accordo con lei al cento per cento! Tutto il business finanziario è spesso espresso in termini assolutamente difficili da comprendere, che suscitano confusione nella gente. Nel mondo ispanico, del resto, esiste questo detto “Se non riuscite a convincere la gente, confondetela!”. Penso da tempo che i legislatori e le istituzioni finanziarie dovrebbero fare uno sforzo ulteriore per esprimersi in termini chiari e non con il solito gergo che spesso impedisce alle persone di proteggersi e tutelarsi. A volte c’è chi non riesce nemmeno a godere dei vantaggi delle assicurazioni che ha stipulato per mancanza di comprensione dei contratti.
l’alta finanza, del resto, non è un terreno accessibile a tutti, ma l’oscurità del suo linguaggio sembra essere più voluta che realmente necessaria, quasi a voler scoraggiare il cittadino che voglia avventurarsi nel settore.
Questo è senz’altro il motivo per cui è importante che noi ci abituiamo a imparare di più riguardo alle nostre finanze personali, partendo ad esempio dalle clausole del nostro conto in banca, e che raggiungiamo un livello di competenza maggiore, perché a tutti noi può capitare spesso di essere forzati a rischiare in settori che non conosciamo abbastanza.
È necessario trovare un punto d’incontro: è chiaro che le istituzioni finanziarie non riusciranno mai a parlarci in una lingua comune, senza utilizzare in qualche modo un gergo proprio, ma siccome lavorano con i nostri soldi, noi abbiamo il diritto di tutelarci. Per farlo, dobbiamo conoscere bene chi ci sta di fronte, ed è quindi necessario che tutto ciò che ci riguarda ci venga comunicato in un linguaggio comprensibile.
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Corruzione ed evasione fiscale sono i due grandi mali che stravolgono le economie dell’Italia e di molti altri Paesi. Non pensa che i governi dovrebbero concentrare maggiormente i loro sforzi per debellarli, e che una loro riduzione sarebbe ben più efficace di mille leggi a favore dell’occupazione?
La corruzione è molto costosa. Io la osservo soprattutto dal punto di vista di un Paese latino americano in via di sviluppo come il Messico. Se un governo è corrotto, non tutti i soldi vengono utilizzati come si dovrebbe fare, anzi: almeno un terzo di essi finisce nelle mani sbagliate, perciò non è possibile utilizzarli per potenziare le infrastrutture, per l’istruzione, per le pensioni o per la sanità. Una maggiore trasparenza sarebbe senza dubbio molto più efficace di nuove leggi. Vedo spesso un eccesso di attività legislativa da parte di parecchi stati, come se raggiungere un numero eccellente di leggi possa farli entrare nel Guinness dei primati…
Il problema, di fatto sta nel diminuire la corruzione semplicemente facendo rispettare le leggi già esistenti: si possono fare mille leggi, ma se nessuno le rispetta non otterremo nulla di positivo. L’altra cosa importante è che la gente inizi a credere davvero nel suo diritto di pretendere degli strumenti che la rendano in grado di capire come vengono utilizzati i soldi, sia personali che pubblici. Solo così le cose potranno migliorare.
Il successo che sta avendo con questo libro le ha suggerito nuovi progetti per il futuro? Per esempio, scrivere un altro manuale su qualche settore economico specifico?
L’argomento che mi interessa di più in questo momento è quello dell’imprenditoria emergente, soprattutto perché è cambiato il contesto economico generale, che è diversissimo da quello delle generazioni precedenti. I nostri genitori e i nostri nonni erano abituati a un lavoro sicuro, da svolgere magari nella stessa azienda per gran parte della loro vita, ottenendo poi una buona pensione al termine del periodo lavorativo: queste sono cose che si sono dimenticate da tempo, e che la nostra generazione non vedrà mai. Noi dobbiamo in un certo senso inventarci il lavoro.
Ci sono molti imprenditori con buone idee, ma privi degli strumenti per renderle fattibili, perché sono senza capitali, oppure mancano della capacità di gestire il denaro necessario nel modo giusto. In Messico ho già pubblicato un saggio su tutte queste problematiche relative all’imprenditoria: se Piccolo porco capitalista avrà successo, potrei pensare di curare una versione italiana anche di questo secondo libro.
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