“Persone speciali” di Masolino d'Amico
Presentando, a Roma nel 2006, il volume di Masolino d'Amico “Altro giro. Persone speciali 2”, Andrea Camilleri indicò due strade attraverso le quali era possibile delineare il ritratto di una “persona speciale”. La prima, definita “invasiva”, era quella di Lillian Ross: per tracciare il famoso ritratto di Hemingway, la giornalista lo seguì minuto per minuto in ogni sua minima attività quotidiana; la seconda, era quella di Indro Montanelli, che optava per un metodo più breve e conciso, proprio perché abituato alle centosettanta righe di un paginone di giornale. Lo stile di d'Amico si avvicina molto a quello di Montanelli, pur differenziandosi in un particolare: mentre l'occhio del giornalista «è come l'obiettivo di una macchina fotografica che deve isolare il primissimo piano del personaggio in movimento pur facendo entrare […] accenni di elementi di contorno che meglio lo definiscono», quello di d'Amico «porta il personaggio in primo piano, ma include perfettamente messi a fuoco anche tutti gli altri elementi che servono a definire l'ambiente nel quale il personaggio si muove».
“Persone speciali”, edito quest'anno da Sellerio, è un'edizione rivista e selezionata dall'autore dei testi di “Persone speciali” (2003) e “Altro giro. Persone speciali 2” (2005), entrambi pubblicati dall'editore Aragno. In questo specifico caso stiamo parlando di individui doppiamente speciali, non solo perché appartenenti al vissuto di d'Amico in veste di parenti o amici stretti, ma anche perché impressi nella memoria collettiva per la loro militanza nel mondo della cultura e del cinema. Oltre che della madre Suso e dei nonni Emilio Cecchi e Silvio d'Amico, l'autore regala ai suoi lettori degli interessanti aneddoti legati a personaggi come Luchino Visconti, Silvana Mangano, Sergio Leone, Vittorio De Sica, Vittorio Gassman, Mario Monicelli, Alberto Sordi, Roberto Rossellini, giusto per citarne alcuni. D'Amico racconta con leggerezza della fama di iettatore di Mario Praz (di cui sarebbe stata vittima anche Suso Cecchi d'Amico che, in ritardo a un appuntamento con il critico, durante la corsa finì dentro a un tombino), dell'esperienza di Burt Lancaster sul set de “Il Gattopardo”, e non mancano riferimenti pure a un altro grande nome del cinema internazionale, Audrey Hepburn.
Lo sapevate che una delle più talentuose attrici nostrane, Anna Magnani, era convinta che il mondo intero ce l'avesse con lei e che bastava una sciocchezza qualunque per confermarle tale visione? Scrive di lei d'Amico:
«Ora, i romani sono di solito pessimisti – “a pensar male non si sbaglia” –, ma il loro pessimismo è ironico, accomodante; quello della Magnani invece era tragico, apocalittico […] Una volta mi ordinò di andare in un negozio specializzato in via della Scrofa, dove aveva visto un gatto di cui aveva già trattato il prezzo. “Mi hanno chiesto ventimila lire perché sono la Magnani, vedrai che a te lo danno a meno”. Infatti pagai il felino quindicimila lire. “Hai visto?” disse cupamente quando glielo portai. “Sono tutti uguali”».
Forte della sua alta qualità formale, lo scritto è davvero godibile: citando di nuovo Camilleri, d'Amico possiede una «rara eleganza della scrittura, calviniana leggerezza, fulminea capacità di cogliere certi aspetti dei personaggi con affabile ironia»; ma, soprattutto, è indiscutibilmente abile nel restituire nero su bianco un'immagine affettuosa dei soggetti trattati, che assumono nell'opera una dimensione più intima, concreta. Lo scopo di d'Amico non è quello di «costringerci a un giudizio, semmai obbligarci a capire» le debolezze, le manie, i piccoli e grandi dolori di singoli che nell'ottica del pubblico sono distanti, quasi intoccabili, mentre nella realtà rimangono solo vulnerabili esseri umani.
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