Perché si dice ripetere a pappagallo?
L’espressione “ripetere a pappagallo” è di sicuro molto usata. Ma perché si dice proprio così? Siamo sicuri di saperlo con precisione o comunque siamo certi che la spiegazione immediata, quella che ci viene subito alla mente, sia quella giusta?
Capita spesso infatti che siamo convinti del significato di un modo di dire o di un’espressione, ma poi scopriamo che vuole dire qualcosa di diverso e che l’abbiamo usata in maniera parzialmente corretta, quando non addirittura errata.
Non è questo però il caso di “ripetere a pappagallo” che, come dice già l’espressione, rimanda proprio al pappagallo, cioè al pennuto colorato che tanta curiosità suscita per una sua peculiarità. Il pappagallo è infatti in grado di ripetere le parole che sente dagli umani, ma ovviamente non ne comprende il significato.
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E proprio da questo deriva “ripetere a pappagallo” che si usa per indicare quella particolare situazione in cui qualcuno parla o espone qualcosa che ha imparato a memoria ma senza averne davvero compreso il senso. Insomma avete presente quel vostro compagno di scuola che, durante l’interrogazione, ripeteva quella che aveva detto il professore e che alla prima domanda non riusciva ad andare avanti? Ecco questo accadeva perché ripeteva a pappagallo quello che aveva sentito senza però averlo capito.
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C’è anche un altro termine per indicare il fenomeno del ripetere a pappagallo ed è psittacismo.
La parola deriva dal greco psittakós, che significa appunto “pappagallo” e rimanda proprio alla «tendenza a ripetere come un pappagallo ciò che si è sentito; tendenza a usare parole vuote o che non si comprendono». In alcuni casi, lo psittacismo può sfociare in una vera e propria psicopatologia, trattandosi di una ripetizione compulsiva di frasi udite, indipendentemente dal contesto e dal significato.
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Dunque si dice “ripetere a pappagallo” proprio in riferimento al nostro pennuto, ma se volete stupire i vostri amici potreste sempre dire che quella persona è affetta da psittacismo.
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