Perché Maradona non va condannato per «La mano de Dios»?
Al centro di aspre polemiche, anche dopo la morte dello scorso 25 novembre, Diego Armando Maradona resta una delle figure centrali del calcio, ma si potrebbe dire dello sport in generale, del Novecento. Non solo per il ruolo da campione o per la vita sregolata che ha caratterizzato soprattutto gli ultimi anni della sua esistenza, ma anche per quella famosa «mano de Dios» con cui lui stesso ha commentato il suo goal di mano segnato il 22 giugno 1986, ai danni dell'Inghilterra, durante i quarti di finale del Mondiale a Città del Messico.
Proprio a quest’episodio è dedicato il Processo a Diego Armando Maradona. La Mano de Dios (Edizioni Le Lucerne) a cura di Antonio Salvati (nel ruolo di giudice), Flavio Tranquillo (come Pubblico Ministero) e Claudio Botti, incaricato di difendere il calciatore argentino in questo processo immaginario.
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La posizione del Pubblico Ministero Tranquillo è chiara fin dall’inizio:
Chi parla, peraltro, non è neppure un grande amante del calcio. Sono però un grande amante
dello sport, ed è proprio per questo che rivesto con convinzione il compito affidatomi. Quello cioè di difendere la purezza dello sport, sostenendo l’accusa contro il gol di mano segnato
da Maradona contro l’Inghilterra. Una rete che, già prima facie, nega i più basilari principi della
sportività.
La ricostruzione della difesa, così come impostata dall’avvocato Botti, prova a collocare l’episodio in un’altra prospettiva, che raccoglie in sé una dimensione che va al di là del calcio:
Era il 22 giugno 1986 e allo stadio Azteca di Città del Messico si giocò una partita tra Argentina e Inghilterra che fece la storia del calcio.
Quattro anni prima i due Paesi erano stati protagonisti di una guerra per il controllo delle Isole Falkland-Malvinas. Si erano mosse le navi da guerra, ci furono scontri con centinaia di caduti.
Alla fine, gli inglesi avevano ribadito la loro sovranità.
È evidente, dunque, il carico di tensioni e di significati extra-calcistici intorno all’evento.
Quel gol di mano viene inserito da Botti in questo contesto ben preciso:
Alla fine del primo tempo il punteggio era ancora 0 a 0. Dopo qualche minuto dalla ripresa c’è
un rimpallo che sta per finire tra le braccia del portiere inglese Shilton, ma un guizzo e uno straordinario gioco di prestigio del giocatore più piccolo in campo, Diego Armando Maradona, consentono al numero 10 dell’Argentina di segnare portando via il pallone sotto il naso del portiere. Con la mano: sì, con la mano!
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Quel gesto, che lo stesso calciatore dirà essere stato fatto «un poco con la cabeza de Maradona y un otro poco con la mano de Dios», viene inquadrato da Botti in una maggiore complessità:
Quel gesto, invece di suscitare unanime deplorazione, ha poi acquisito uno straordinario valore simbolico: uno sfregio artistico, un baffo alla Gioconda, un’impresa che ci ricorda Ulisse per la sua capacità di menzogna e l’astuzia, anche perché qualche minuto dopo accadde un altro prodigio.
Maradona diventa così:
simbolo di ogni desiderio di riscatto. Un novello Spartaco, un Masaniello; l’uomo delle periferie povere di Buenos Aires diventa il predestinato che sfugge alla condanna della miseria, il grumo di ossa e sangue piovuto sul mondo per giocare al calcio e per dare una lezione agli avversari di una guerra.
La difesa però non nega l’irregolarità del gol, la sua posizione è un’altra:
Certo, il gol sarebbe stato da annullare perché violava una regola fondamentale del calcio, ma va anche detto che è difficile vedere un gol di mano così perfetto, che sembra non tradire affatto quella regola, ma quasi accarezzarla, rendendola inefficace con la qualità del gesto.
Genio e bellezza, dunque, renderebbero quel gol e quel gesto non condannabili:
Insomma, quando la violazione della regola rasenta la genialità per credibilità e destrezza, quando la giustificazione pubblica di quel gesto è intelligente e non ipocrita e, soprattutto, quando si è capaci di risarcire immediatamente il danno, realizzando il più bel gol della storia del calcio, non si può condannare, ma neanche solo processare, il più leale calciatore mai esistito, perché la condanna rappresenterebbe solo una assurda e ingiustificata sanzione morale.
Una bellezza su cui Botti ritorna spesso nel corso della sua arringa:
Guardate alla bellezza: la bellezza del gesto del primo gol, la bellezza addirittura neoclassica
del secondo, la bellezza della risposta ai giornalisti.
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Fino a mettere in evidenza un aspetto centrale:
Condannando Maradona si condannerebbe tutta la bellezza del calcio, di cui egli, tramite la sua leggenda, è manifestazione per eccellenza, lasciandoci solo all’arida tecnica del gioco.
E voi cosa pensate? La mano de Dios di Maradona andrebbe condannata o assolta?
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