Perché la lettura è così importante?
L'importanza della lettura, oggi, sembra un fatto abbastanza trascurabile. Purtroppo, in una società come la nostra, dove ognuno di noi è assorbito dal lavoro, dalla scuola e dalla frenesia della vita quotidiana, mancano troppo spesso gli spazi per respirare, sederci e ragionare.
Anche se, di recente, c'è stato un lieve aumento per quanto riguarda il mercato del libro, sono ancora pochi coloro che leggono, anzi pochissimi aggiungerei, solo per il gusto di farlo.
Secondo gli ultimi dati Istat, infatti, nel 2015 il 42% delle persone dai 6 anni in su ha letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali, dato questo in lieve rialzo rispetto agli anni precedenti in cui si era assistito a un continuo calo.
Tornando quindi al gusto, al piacere e al benessere relativi a un'attività, questi sono imprescindibili alla sua efficacia, al raggiungimento di quell'obiettivo finale che altro non è che l'evasione, o la riflessione. Per quanto riguarda, dunque, la lettura non dobbiamo per forza pensare a una perdita di tempo, ma dobbiamo predisporci mentalmente, oltre che fisicamente, a essa, senza i vincoli che ci vengono imposti dalla quotidianità, ossia senza qualcuno che ci ordini di farlo. Questo è quanto ha sostenuto di recente anche Giusi Marchetta, insegnante di liceo con la passione per la letteratura, che in un passo dell'intervista su «Repubblica» ha dichiarato qual è l'errore che non si deve compiere per poter insegnare l'amore verso i libri: «[...] lasciare soli i ragazzi, chiedendo loro di compilare una scheda fasulla, come se contasse solo quella, oppure assegnargli un testo non adatto a lui senza considerare che lo odierà [...]».
Per ovviare a questo, proviamo a dimenticare le scartoffie dell'ufficio, codici e manuali, dizionari ed enciclopedie (sui quali ci si può soffermare in seguito) e accantoniamoli, per un momento che diventerà di un minuto, un'ora o forse più. Abituiamoci a viverlo, questo ritaglio di tempo, per guardare le cose da un altro punto di vista, «senza smartphone o pc e i vari ipercollegamenti che non fanno che indebolire le nostre capacità di attenzione ed ascolto» (come consiglia Florence Noiville nel suo articolo del gennaio 2014 pubblicato sull'«Avvenire»).
Alla scoperta di nuove sensazioni
Osserviamo quegli scaffali davanti a noi e sfiliamo dal gruppo di dorsi colorati quel libro lì, come fosse la prima volta. Abbiamo tra le mani un oggetto ben definito, apparentemente insignificante, anche perché la copertina ci appare alquanto scialba, ma questo non deve distrarci. Lo apriamo e subito ci accorgiamo che è nuovo, perché sentiamo l'inconfondibile odore della carta stampata che si fonde con quello dell'inchiostro; non è tutto, però, perché ad ogni tocco della mano uno scricchiolìo si fa strada tra le pagine sfogliate. Questa nuova sensazione ci fa capire che il testo è vivo, allora diventiamo curiosi e vogliamo conoscere i suoi segreti più profondi (ecco un primo effetto dell'atto di leggere che, piano piano, si insinua in noi: il gusto della scoperta). Riceviamo, quindi, questa spinta per soddisfare il nostro desiderio di sapere; già, perché vogliamo davvero essere certi che il libro non si limiti ad essere solo un oggetto materiale, ma sia anche una porta verso mondi sconosciuti, pronta ad aprirsi quando vogliamo per farci vivere le avventure più impossibili.
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Può sembrare strano affrontare l'argomento in questa maniera, ma purtroppo oggi la paura dei libri, strettamente collegata alle immagini negative che si hanno del mondo della scuola e del lavoro, fa sì che molti giovani si allontanino da questi, privandosi di quello spazio individuale e fondamentale necessario alla crescita del desiderio di leggere. Per questo bisogna aprire la mente e trovare delle soluzioni efficaci, come ci suggerisce sempre Noiville, affinché le cose cambino, come l'idea, sbagliata, che «leggere non apporterebbe più alcun vantaggio», perché si pensa che «non è perché leggo che me la caverò nella vita», perché «chi dice lettura dice lentezza, solitudine e soprattutto attenzione»; «in uno spazio pubblico saturo di tecnologie, però, l’attenzione si esaurisce» (grido d'allarme, quest'ultimo, lanciato dal filosofo americano Matthew Crawford su «Le Monde» del 27 luglio 2013).
Salvare il gesto della lettura è, quindi, fondamentale e vitale per la propria crescita personale, e la cosa bella è che non costa nulla, è un atto gratuito, quindi perché rinunciare? Si rinuncia a qualcosa solo se non si conosce bene o se si sa con sicurezza che non fa per noi, ma se esistesse un metodo diverso per avvicinarsi a questa conoscenza? Forse i più pigri tra noi non hanno mai pensato ad usare i cinque sensi per leggere, invece che soltanto la vista. Non c'è niente che lo vieta, anzi oserei dire che è un percorso abbastanza naturale.
Leggere attraverso i cinque sensi
Riprendiamo il libro di prima e cominciamo, leggendo qualche pagina non solo con gli occhi, ma con tutto quello che abbiamo dentro, vivendo la storia, rilassati, facendoci guidare dalle parole. Possiamo sentire dei rumori provenire dall'interno, le voci dei personaggi, i loro pensieri oppure anche il silenzio della neve che cade a terra. Del profumo abbiamo accennato prima, ma ci sarà sicuramente anche quello dei dolci che la nonna sta per sfornare o del pranzo preparato dalla mamma di quel bambino lì, dipende da quanto sono brave le parole a raccontarcelo.
Magari, però, si tratta di un vecchio libro e allora accompagnando le pagine una sull'altra e lisciandole per non sgualcirle, ci è rimasto tra le dita quel gusto di fiori secchi che qualcuno aveva lasciato lì come segnalibro, o quel sapore di vita passata rimasto chiuso gelosamente tra un capitolo e l'altro. Non possiamo dimenticare il tatto, la superficie liscia o in rilievo della copertina, le pagine rigide o flessibili della carta bianca, avorio o granulosa come il papiro e la pergamena.
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Le parole sono vive
A ogni piccolo passo che facciamo, tutto ciò ci viene svelato, e non era mai accaduto prima, perciò rimaniamo spiazzati: ora, infatti, abbiamo compreso la semplicità del gesto della lettura, perché ha tessuto su di noi il suo vestito più bello. Così come un abito indossato rivela molto di noi, leggere rivela a noi quello che ancora non sapevamo. Non sapevamo, ad esempio, che le parole sono divertenti, colorate, misteriose e vanno spesso per la loro strada (perché come diceva Virginia Woolf «[...] hanno bisogno di agire per conto proprio […] non lasciamo loro la giusta libertà [...]»); resta a noi il compito di rincorrerle per arrivare alla scoperta finale. Per far sì che siano libere di agire dobbiamo sgombrare la mente e metterci in quella condizione speciale che è il sogno, dove noi siamo totalmente incoscienti e possiamo aprirci a tutte le possibilità.
È proprio così che riusciamo a immaginare (uno degli effetti più benefici della lettura!), bastano poche e semplici espressioni, descrizioni, o addirittura anche uno spazio bianco tra un capoverso e l'altro (che possiamo riempire con i nostri pensieri e le nostre fantasie). A questo punto siamo in grado di vedere castelli, fate, principi, ma anche contadini, commissari, viaggiatori e paesaggi al tramonto. Ricostruiamo i movimenti dei nostri eroi seguendo i passi delle parole, seguendo virgole e due punti, e poi ci chiediamo come finirà.
Senza neanche rendercene conto siamo giunti al termine del nostro libro, appagati dal cammino intrapreso, soddisfatti, e forse anche in parte delusi per un “The end” che non ci aspettavamo, ma l'importante è essere arrivati. Questo non è un traguardo, però, è solo l'inizio di un nuovo percorso che ci porterà verso altre letture.
Trasformazioni
Se c'è infatti un insegnamento che abbiamo appreso è che noi siamo cambiati, ci siamo trasformati rispetto allo stato iniziale da cui eravamo partiti. Leggere ci ha permesso di vivere in una dimensione altra, facendoci riflettere su di noi, la nostra vita e sugli obiettivi che vogliamo raggiungere. Abbiamo incontrato parole e situazioni nuove, le abbiamo apprezzate ed ora il nostro vocabolario si è arricchito, e potremo farne uso per parlare meglio e farci comprendere nelle situazioni quotidiane.
Soprattutto, però, siamo stati in grado di personificare il libro, e la lettura ad esso connessa, poiché abbiamo scoperto che non è noioso, non è vecchio, né pesante, ma un amico con cui giocare (perché no?) e sorprenderci se saremo disposti all'ascolto.
Non c'è dubbio, siamo persone nuove. Non abbiamo più paura e siamo un po' meno arrabbiati con il mondo, perché sappiamo di avere uno spazio solo nostro per sfogarci: che sia un salotto, un divano, una camera, un parco giochi, una grande quercia che ci ripara dal sole o il mare.
Nessuno può rubarci questi momenti, ed anche se ci saranno sempre giornate dense di impegni sapremo reagire, ora che siamo coscienti di come si fa. Basta muovere lentamente la mano sulla carta, per pochi minuti, così, tutti i giorni (o quasi), per iniziare il nostro viaggio da seduti attraverso quel rito che seguiremo finché avremo occhi, naso, bocca e orecchie per viverlo.
Quale futuro per la lettura?
Sarà un percorso di condivisione che dovrà partire dalle famiglie, insieme con gli insegnanti, e la signora Marchetta ci dà il suo consiglio al riguardo: «[...] non dimenticandoci mai di leggere noi per primi. Se vogliamo fare entrare la lettura nella loro vita, allora dobbiamo fare in modo che la incrocino sempre, non solo un’ora a settimana. Da insegnanti possiamo poi aiutarli a decifrare quello che leggono, perché solo così potranno apprezzarlo davvero. Se un libro comincerà a sembrare qualcosa di realmente bello penseranno che vale lo sforzo di sfogliarlo e proseguire».
In definitiva tutti i cultori del libro (bibliotecari, insegnanti, librai) dovrebbero essere «non dei “prescrittori” di letture obbligatorie ma, per riprendere la formula di Philip Roth, degli insegnanti di desiderio» (Florence Noiville).
Salviamo i libri e le iniziative a essi collegati, sembrano dirci con forza tutti, compreso il presidente dell'AIE, e chi non l'ha fatto agisca il prima possibile, perché l'importanza della lettura non passi in secondo piano e cada nell'oblìo della nostra società.
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