Perché Alessandro Manzoni non è più popolare?
Il giornalista e scrittore Marcello Veneziani ha ideato e curato questo interessante «florilegio» – Manzoni, i fiori del bene (Vallecchi) – nel quale ha raccolto vari saggi scritti da Alessandro Manzoni. È uno studio preciso e acuto che, andando al di là del capolavoro I promessi sposi e di altre opere più conosciute, ci presenta un particolare ritratto dello scrittore milanese.
Nell’introduzione Veneziani, oltre a presentare il contenuto del suo lavoro, pone l’accento su una domanda ben precisa, alla quale tenta poi di trovare una risposta: perché Alessandro Manzoni, soprattutto presso noi contemporanei, non gode più di una forte popolarità? Certo il suo capolavoro è tuttora letto nelle scuole e studiato nelle università, eppure la sua fama oggigiorno non è simile a quella di cui godono autori quali Giacomo Leopardi e Charles Baudelaire – citati sempre nell’introduzione. I “fiori del male” di questi ultimi hanno prevalso sui “fiori del bene” coltivati da Alessandro Manzoni per i suoi lettori. Il pessimismo e il nichilismo del poeta recanatese e l’inquietudine del poète maudit hanno trovato, nel corso dei decenni, un terreno fertile nel quale germogliare; la loro visione cupa dell’esistenza e la loro insofferenza verso una realtà gretta e monotona si adattano perfettamente allo spirito che caratterizza soprattutto i giorni nostri. Mentre l’ottimismo manzoniano, nato dalla sua cieca fede in Dio e nella Provvidenza, appare anacronistico, fuori posto, superfluo. Ecco perché Giacomo Leopardi e Charles Baudelaire, e altri intellettuali simili, continuano a entusiasmare perfino file di giovani; mentre la poetica di Alessandro Manzoni poteva andare bene nell’Ottocento romantico e risorgimentale.
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Lo sforzo di Marcello Veneziani è quello di far comprendere come lo scrittore milanese sia stato un intellettuale che, al pari di altri già citati, ha «sopravanzato la sua epoca», «guardato più lontano, indietro e avanti, comunque oltre». In poche parole Alessandro Manzoni «non si è conformato al suo tempo».
Qual è il Manzoni che traspare tra le righe dei saggi?
Alessandro Manzoni fu un uomo di fede, giansenista prima e cristiano cattolico poi; eppure la sua spiritualità non annichilì l’uso della ragione. Manzoni fu allevato in seno all’Illuminismo e continuò a credere nell’esercizio della ragione guidata peròdalla fede. Il Cristianesimo perfeziona l’Illuminismo. La ragione necessita dell’illuminazione divina per poter comprendere importanti verità evangeliche e spirituali. Mediante la ragione il cristiano può realizzare l’unità della fede che attesta il suo essere vera e genuina: la ragione illuminata dalla Grazia fortifica la fiducia in Dio e nella Provvidenza. Grazie sempre alla ragione il credente ha lo strumento adeguato: per difendere la propria fede dagli attacchi di quanti cercano di denigrarla; per “ripulire” la religione da tutti quegli errori accettati acriticamente dai molti; per dominare le passioni peccaminose che impediscono di condurre una vita sobria.
La spiritualità per Alessandro Manzoni non è affatto astratta ma «si cala nel reale». Facendo suoi gli insegnamenti di san Paolo, lo scrittore milanese parla di una fede che si traduce in pratica, che si manifesta nei gesti quotidiani. La fede in Dio spinge il credente a compiere il bene in ogni tempo, soprattutto in quelli avversi e difficili. Non solo, la fede in Dio spinge anche a dimostrare amore a tutti come fa laChiesa che,senza pregiudizi,accoglie in séed offre aiuto a quanti ne hanno bisogno.
Inoltre la fede permette al credente di affidarsi completamente alla Provvidenza la quale opera sia nella vita del singolo individuo sia nella Storia. Infatti per Alessandro Manzoni fu proprio l’intervento divino a rendere i tempi maturi per il Risorgimento italiano.
Di conseguenza l’uomo di fede è anche un patriota che agisce e opera affinché si realizzi l’unità in un Paese tristemente diviso. Un’unica fede; un’unica patria; un’unica lingua. Alessandro Manzoni non fu l’intellettuale rinchiuso dentro “una torre d’avorio”, ma partecipò con fervore alla situazione politica italiana.
Quella per l’unità fu una vera e propria ossessione.
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In ultimo, dietro il suo ottimismo però si cela una sottile inquietudine che minaccia la fede. L’errore, che nasce dalle passioni umane, è sempre in agguato, pronto a mettere disordine e caos. Anche in questi saggi ritroviamo un termine tanto caro, quanto temuto, da Manzoni: «guazzabuglio». L’uomo, quando non si lascia guidare né dalla ragione né dalla fede, rischia di «accrescere […] quel guazzabuglio che s’è detto sopra».
Possiamo dire che questo «florilegio», edito da Vallecchi, riesce a rendere giustizia ad un autore che, anche oggi, a noi contemporanei, ha ancora tanto e tanto da dire.
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