«Per il mio lavoro rischio ogni giorno la vita». L’ultima lettera di Vincent van Gogh al fratello Theo
Quello tra Vincent van Gogh e suo fratello Theo fu un legame che andava ben al di là del rapporto di fratellanza. E la fittissima corrispondenza intercorsa tra i due a partire dal 1872 lo testimonia.
A maggior ragione se si considera che i fratelli continuarono a scriversi per quasi vent’anni, interrompendo lo scambio epistolare solo nel 1890 a causa della morte di Vincent.
Qui di seguito riportiamo proprio l’ultima lettera di Vincent van Gogh:
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Mio caro fratello,
grazie della buona lettera e dei 50 franchi. La cosa più importante è che tutto vada bene; perché allora insistere sui dettagli di minore importanza? Del resto, c’è tempo prima che ci si presenti la possibilità di parlare d’affari a mente calma.
Gli altri pittori, di qualsiasi opinione siano, si tengono istintivamente lontani dalle discussioni sul commercio attuale. E infatti non possiamo far parlare che i nostri quadri. Pure, caro fratello, c’è qualcosa che ti ho sempre detto e ti ripeto ancora una volta con tutta la gravità che possono dare gli sforzi di una preoccupazione constante a fare più bene possibile − ti ripeto ancora: io ti considero ben altra cosa da un semplice venditore di Corot; per conto mio, tu hai la tua parte nella stessa produzione di certe tele, che anche nello sfacelo conservano la loro calma.
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Siamo infatti a questo punto ed è la cosa migliore che posso dirti in un momento di relativa crisi. In un momento in cui i rapporti tra negozianti di quadri di artisti morti e di artisti viventi sono molto tesi. Ebbene: per il mio lavoro rischio ogni giorno la vita, e vi ho perduto metà della mia ragione – va bene – ma tu non sei tra i mercanti d’uomini per quanto sappia io, e puoi assumere una tua posizione, agendo realmente con umanità. Ma che cosa vuoi tu infine?
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