Paul Verlaine e la pistola con cui sparò a Rimbaud
Paul Verlaine e la pistola con cui sparò ad Arthur Rimbaud: un'arma che costituisce il pezzo forte di una mostra su Verlaine a Mons, ma non un'esposizione qualsiasi, bensì la più grande mai realizzata sul poeta maledetto. Alcune informazioni sull'evento ci arrivano dal suo curatore, Bernard Bousmanne, che sul «Guardian» ha raccontato di un viaggio che lo ha portato per cinque anni in giro per l'Europa, alla ricerca di materiale con cui arricchire l'esposizione (oltre alla sopra citata pistola, anche una foto inedita di Verlaine a ventidue anni).
Procediamo con ordine. La scelta di Mons (tra l'altro Capitale europea della cultura 2015, insieme a Plzeň in Repubblica ceca), comune belga a circa 70 km da Bruxelles, non è per niente casuale: proprio lì, infatti, Verlaine venne incarcerato nel 1873 per aver sparato al suo collega e amante. La loro relazione è famosa, ma vale la pena di riprenderla brevemente: per il giovane Rimbaud (i due avevano dieci anni di differenza) Paul abbandonò la moglie e il figlio, seguendo l'amante nei suoi vagabondaggi, prima in Inghilterra e poi in Belgio. Il dramma scoppiò in un albergo a Bruxelles: tra i due – alterati dall'alcol - esplose una lite, durante la quale Arthur comunicò al compagno l'intenzione di lasciarlo. Allora Verlaine prese una pistola e sparò due colpi, ferendo leggermente Rimbaud a un polso.
Il motivo ufficiale dell'incarcerazione di Verlaine fu il tentato omicidio di Rimbaud, ma, anche secondo Bousmanne, le reali cause degli anni poi trascorsi in prigione sono da ricercare altrove. È chiaro che Verlaine non voleva davvero uccidere Rimbaud, il quale addirittura affermò di non voler denunciare l'amante per il folle gesto: Verlaine venne piuttosto condannato poiché accusato di essere un pederasta e, nelle parole di Bousmanne, un “communard” (ossia prese parte all'insurrezione di Parigi del 1871).
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È sempre il curatore della mostra a evidenziare la stretta somiglianza tra il caso di Verlaine e quello dell'amico Oscar Wilde, due destini che, tuttavia, presentarono degli epiloghi diversi: «Verlaine scrisse le sue migliori poesie proprio mentre si trovava in cella. Mentre la prigione distrusse Oscar Wilde e, in seguito, egli non fu più in grado di produrre qualcosa di significativo, al contrario essa rappresentò per Verlaine una svolta in termini creativi» ha dichiarato Bousmanne, il quale considera Verlaine uno dei quattro grandi poeti di Francia – insieme a Rimbaud, Baudelaire e Mallarmé –, mettendo comunque in risalto il carattere difficile e violento del poeta («nelle sue lettere si lamenta di continuo, dando la colpa sempre agli altri e mai a sé stesso. Ha manifestato spesso l'intenzione di uccidersi, senza però attuare mai i suoi propositi»).
Verlaine, Cellule 252: Turbulences Poétiques (così s'intitola la mostra) vi aspetta fino al 24 gennaio a Mons, in un percorso che racconta «l'uomo e i suoi testi», alla scoperta di Paul Verlaine.
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