“Parole di scuola” di Mariapia Veladiano
Capita di innamorarsi di un libro, di portarlo a casa e leggerlo quasi senza pause, togliendo il tempo alle altre attività, magari persino rubacchiandolo al lavoro o agli impegni già presi. Per questo sento l'urgenza di raccontare, subito, le emozioni e i pensieri derivate dalla lettura di Parole di scuole di Mariapia Veladiano, Edizioni Erickson.
L'autrice non ha bisogno di presentazioni perché nota al pubblico dei lettori. Nel libricino in questione, però, Veladiano lascia la trama narrativa per dedicarsi alla saggistica. Il testo è costituito infatti da una lunga riflessione, non sistematica suddivisa in nuclei di discussione che riguardano, come il titolo stesso suggerisce, la scuola. Un libro per insegnanti, educatori, addetti del mestieri, ma in fondo un libro per tutti quelli che vogliono vedere e conoscere il mondo scolastico dall'interno, senza le punte polemiche di chi fa di questo lavoro una mera questione di contabilità. Il fatto è che Veladiano è nella scuola, lo è stata come insegnante e lo è ora come preside; e quindi ne parla con consapevolezza, dall'interno appunto, tenendo ben saldi i problemi di varia natura insiti nell'istruzione pubblica, ma al contempo superandoli in parte con l'occhio lungo di chi vede di più, vede meglio, vede oltre. Le sue parole sono uno stimolo per chiunque lavori con i ragazzi e le ragazze perché l'autrice sembra conoscere il cuore delle persone, i pensieri e le preoccupazioni dei suoi colleghi, ma, nello stesso tempo, si preoccupa di non fermarsi alla polemica o alla constatazione del problema, propone delle soluzioni. Soluzioni a volte di tipo etico o di impostazione mentale, altre molto pratiche; e suggerisce, mi pare, che è soprattutto la parola a curare le ferite, dei ragazzi come degli adulti. Niente incursioni sindacali o aziendalistiche, ma una riflessione vicina a quella che si potrebbe chiamare "filosofia dell'educazione", o forse meglio "filosofia della scuola"; non si tratta, infatti, solo di riflettere sull'impostazione pedagogica degli insegnamenti e dell'insegnamento, ma anche sul sistema scuola nel suo complesso,comprendente alunni, insegnanti, personale scolastico e genitori.
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Magistrale, nella sua semplicità e profondità, il capitolo in cui l'autrice affronta il tema dei libri a scuola. Non un cenno a cartelle stracolme, a editoria digitale contro editoria tradizionale: il punto sono proprio i libri, nella loro fisicità, che devono essere a disposizione dei ragazzi. Perché lasciarli negli armadi a prendere polvere, chiusi e inaccessibili? La biblioteca dovrebbe essere cuore pulsante della scuola, luogo di ritrovo e di scoperta; un luogo anche pomeridiano di incontro. Se è vero che «c'è chi fieramente prova a farci credere che la crisi renda più legittimo e accettabile il lesinare risorse alla scuola», è pur vero che anche gli insegnanti sono colpevoli: «la storia è sempre la stessa: leggere, leggere, leggere noi, per poter trovare il libro giusto, da leggere o dare il giorno giusto, al ragazzo che lo aspettava proprio in quel momento della sua vita». Come a dire che non si può sempre incolpare gli altri, soprattutto se si trovano in alto, ma bisogna anche cominciare a farci noi spinta per il cambiamento, essere protagonisti di questo cambiamento.
Leggere Parole di scuola di Mariapia Veladiano mi ha rinfrancato, come persona e come insegnante. Mi ha fatto tornare al massimo la voglia e l'impegno di stare con i miei ragazzi, di lavorare con loro nonostante tutto, nonostante i soldi che mancano e i progetti inutili, nonostante i detrattori della scuola e del mio lavoro. Un regalo davvero prezioso per molti educatori stanchi o demotivati, che insegna, con coerenza, rigore, estrema saggezza ma anche dolcezza, che la scuola può cambiare, anche senza le grandi riforme.
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