Otto giorni dedicati alla poesia libera
Poesia Libera. Sette Giorni Di Versi s’intitola la rassegna di poesia organizzata dalla libreria milanese Gogol & Company. Otto giorni a partire da domani e fino al 14 giugno per parlare di poesia, ma anche per farla direttamente. «Un’occasione» affermano gli organizzatori «per scoprire insieme voci diverse, dialogando con chi si fa portavoce di nuovi linguaggi, nuove forme e nuove interazioni, mantenendo vivo un solo intramontabile amore: la poesia.»
Ne abbiamo parlato con Marta Santomauro, responsabile dell’evento e della libreria Gogol & Company.
Perché un’intera settimana dedicata alla poesia? Cosa vi ha spinto a organizzare un evento come questo?
Perché ci piacciono le cose difficili? Perché non si parla mai abbastanza di poesia?
Scherzi a parte, mi viene da dire che la rassegna è nata in modo naturale, era da un po’ di tempo che cercavamo di organizzare qualcosa in libreria insieme ai ragazzi di Haikoodle: un progetto che ci piace molto e unisce semplici tratti di inchiostro con la breve intensità degli haiku. E così ci siamo seduti al tavolo con Martina Dirce Carcano (che ha disegnato la locandina della rassegna) e tra le chiacchiere creative e il caffè, neanche ce ne rendevamo conto e già stavamo pianificando una settimana di eventi in cui la poesia era protagonista. Probabilmente era un'esigenza, forse un po' sopita, che parlando con le persone giuste ha preso forma in un attimo.
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Vorrei soffermarmi un po’ sulla prima parte del nome dell’evento: “Poesia Libera”. Cosa intendete?
Credo che la poesia abbia molte declinazioni e che sia in continua evoluzione. Quella che ci interessa è una poesia che parla di libertà nel senso più proprio del termine (come nel caso di Faraj Bayrakdar), ma anche una poesia che si muove sciolta ed è diventata territorio di contaminazioni favorendo l’interazione, l’improvvisazione, la dinamicità, pur senza rinunciare a toccare il piano emotivo. Mi piace considerare la poesia come fattore sempre più umano, perché anche corporale, oggettivo, popolare, capace di esprimere una pluralità di voci e per cui, in definitiva, libera.
In questa direzione quindi abbiamo deciso di unire personaggi apparentemente anche molto distanti ma che disegnano per noi un quadro preciso.
Apriamo la rassegna con Alessandra Racca e il ritorno in libreria della sua prima raccolta poetica Nostra Signora dei calzini pubblicato da Neo. edizioni: la sua femminilità scanzonata, ironica e intelligente è sicuramente una chiave di lettura della libertà.
Faraj Bayrakdar, poeta siriano con una storia personale straordinaria, ci porta un concetto di poesia come unico esercizio di libertà in una situazione di oppressione. Lo immagino come un Omero contemporaneo, che ha saputo trovare una personale libertà nella memoria, nell'immaginazione e nelle parole, una vera e propria forma di resistenza privata, poetica e politica e mi piace molto questa sua dichiarazione, credo raggiunga il cuore di tutto: «La poesia mi ha permesso di raggiungere una grande libertà interiore, più grande delle prigioni in cui mi sono trovato, perché se il corpo può essere arrestato, confinato in un luogo stretto, la poesia, che è legata all’immaginazione, non può».
Abbiamo voluto qui la sua voce, lo abbiamo invitato con l'aiuto di Francesca del Vecchio e lui ha accettato di volare dalla Svezia (dove vive come rifugiato politico) a Gogol and Company per portare la sua poesia nella nostra rassegna. Le sue poesie sono “evase” dal regime di massima sicurezza sulle veline delle sigarette, le hanno raccolte Nottetempo e Interlinea in due splendide pubblicazioni e adesso arrivano in Piazza Berlinguer.
La libertà del Slam Poetry sarà nei versi di Davide ScartyDoc Passoni, Gianmarco Tricarico, Francesca Pels, Giorgio Damato e Alice Simoni, con Simone Savogin come Maestro di Cerimonia, ma anche nella possibilità del pubblico di votare: 6 poeti, 3 minuti a testa e il resto divertimento.
Poi c'è il progetto Haikoodle con cui è nato tutto, appunto. Un momento in cui l'haiku e la performance poetica di Simone Savogin si fondono con il live painting di Martina Dirce Carcano per un'esperienza immersiva in un mondo di parole da vedere. Il loro è un vero e proprio spettacolo di poesia e disegno dal vivo, Martina e Simone sono super in tutti i sensi, sono entusiasti, positivi e semplici proprio come i loro “scarabocchi poetici” (mi perdoneranno la definizione giocosa) e, sono certa, Haikoodle avrà delle grandi ali e volerà lontano.
Per tutti i Sette Giorni Di Versi, poi, avremo ospite Daniela Calisi e il suo D.A.P.1 (Distributore Automatico di Poesia). Credo che quello di Daniela sia davvero un progetto di poesia innovativa e libera, perché slegato dalla lirica tout court e in grado di lavorare sull'interattività intesa nel senso originaria di “azione reciproca”: una poesia che crea una connessione tra parole, oggetti e persone.
Nel caso del D.A.P.1, parliamo di un vero e proprio oggetto contente poesie, un distributore automatico di palline trasparenti:si tratta di inserire una moneta nel distributore, ma prima ancora di mettere il distributore per strada quindi di avvicinare le persone e permettere una distribuzione della poesia libera e orizzontale attraverso un gesto.
Troppo spesso intendiamo interattività come un termine "digitale" (e sì, Daniela lavora anche in termini digitali), ma più profondamente interattività significa interagire nel senso più assoluto: compiere un'azione fisica che determina un risultato ogni volta diverso e inventa una nuova narrativa delle cose. In questo senso la poesia diventa dinamica e tangibile.
In Italia si legge e si vende poca poesia. È solo una questione di gusti letterari che sono cambiati oppure ci sono anche delle responsabilità di poeti ed editori?
Credo davvero che il libro sia solo uno dei mezzi attraverso cui la poesia può raggiungere le persone.
Credo che se ne debba parlare di più in libreria certamente, ma anche che vada portata in strada, sui muri, nei gesti. Credo che la poesia si sia evoluta e che meriti un'evoluzione di pensiero da parte di tutti.
Anche quando il mio mestiere è vendere libri.
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Cosa possono fare i librai per promuovere quotidianamente la poesia?
Quello che fanno con tutti i libri: parlarne, raccontarla, amarla. Per noi la cultura è prima di tutto condivisione e lo scambio con i lettori è lo strumento più efficace che abbiamo. In quanto librai, lo scambio è la cosa che ci gratifica di più e dà senso al nostro lavoro.
E i lettori? Voi librai avete un contatto diretto con loro… Com’è cambiato il loro approccio verso la poesia?
I lettori devono inziare a vedere la poesia dove oggi sta davvero, essere curiosi, accoglierla nelle pagine e in strada. Devono chiederci consiglio (e venire alla nostra rassegna!) ma devono anche consigliarci, vale lo stesso concetto che dicevo prima: la condivisione alimenta la curiosità e la curiosità si trasforma in cultura. E viceversa.
Le ultime due foto sono di Stefania Ciocca.
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