Otto curiosità linguistiche, tra colori e animali parlanti
Partiamo da un assunto prima di arrivare a queste otto curiosità linguistiche: molto spesso si tende a considerare la lingua come un complesso sistema di regole difficili da memorizzare, come se fosse slegata dalla società che invece la usa e dunque come un’entità con limiti ben precisi e confini non oltrepassabili né infrangibili; insomma, come una sorta di figura geometrica chiusa, magari piana, che non lascia spazio alcuno al cambiamento. Più volte, qui sulle pagine di Sul Romanzo, abbiamo sottolineato che i fatti non sono questi e che, a meno che non si tratti di lingue non più parlate come il latino e il greco, la lingua non può essere raffigurata come una forma geometrica ben definita, poiché è un sistema immerso nella storia e nella società, dunque suscettibile di grandi cambiamenti nell’arco di più e più anni. E questo è solo uno dei tanti pregiudizi che cercheremo di sradicare con queste curiosità sui vari idiomi del mondo esul linguaggio umano. Vediamole subito:
1. Quale emisfero del cervello è responsabile della funzione del linguaggio?
Il chirurgo francese Paul Pierre Broca ha dimostrato che il linguaggio è lateralizzato a sinistra; ulteriori ricerche hanno poi approfondito gli studi, precisando che questo è vero per quasi tutti i soggetti destrimani, ma non lo è affatto per quelli mancini: in questo caso, infatti, la funzione linguistica è lateralizzata a destra nel cinquanta per cento dei casi; a sinistra, nel venticinque; infine, in entrambi gli emisferi per il resto.
2. Quante sono le lingue del mondo?
Se ne contano circa seimila, come abbiamo approfondito in passato: qui vogliamo ricordarvi, però, che i numeri non solo sono approssimativi, ma vanno anche letti con attenzione; i dialetti, per esempio, devono essere inseriti nel novero delle lingue del mondo? Se la risposta fosse positiva, e dovrebbe esserlo, visto che l’unica differenza dalla lingua è di tipo socio-politico e non strutturale, arriveremmo a cifre spropositate, poiché solo in Italia ci sono migliaia e migliaia di dialetti (più o meno conosciuti).
3. È possibile prevedere il cambiamento di una lingua?
Edward Sapir la definisce “deriva” linguistica e la spiega come il lento mutamento delle lingue verso altri stadi. Ma dove sono dirette queste lingue esattamente? È possibile capire quali potrebbero essere gli sviluppi del sistema linguistico nei suoi vari sottosistemi? Fare ipotesi è possibile, e si potrebbe anche non incorrere in un errore, ma ricordiamo che la lingua è figlia del tempo e dell’uomo, e che dunque notevoli variabili extralinguistiche possono influenzarne l’evoluzione.
Facciamo un esempio: oggi si assiste alla diffusione di “gli” in luogo di “le”; in futuro, tale tendenza potrebbe diventare sistematica e dunque portare alla generalizzazione di “gli” in tutti i casi come tratto caratteristico del noto italiano “neostandard” o “tendenziale”. Il concetto di “deriva” di Sapir non è proprio questo, poiché lo studioso parlava di cambiamenti strutturali, tecnicamente “tipologici”, e non di singoli fenomeni linguistici, ma l’idea si adatta comunque a quanto detto.
4. Esiste una lingua romanza (nata dal latino) che ha l’articolo dopo il nome?
La risposta è il romeno: è l’unica lingua figlia del latino che ha l’articolo determinativo posto in enclisi e non in proclisi.
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5. Non tutte le lingue danno un nome ai colori, ma se lo fanno…
Lo studio di Berlin e Kay sul rapporto tra tipi linguistici e lessico dei colori è semplificato da Nicola Grandi, Fondamenti di tipologia linguistica, Carocci, 2014, Roma, p. 49:
«Il primo tipo che è possibile identificare prevede solo due termini per indicare colori: essi non possono che essere il bianco e il nero (con un’accezione un po’ più ampia: il bianco di norma designa anche tutti i colori chiari; il nero copre la gamma di tutti i colori scuri). […] Nel secondo tipo compare un terzo termine, esso deve necessariamente corrispondere al rosso. […] Se invece il lessico dei colori annovera quattro o cinque parole, al bianco, al nero e al rosso possono aggiungersi il giallo e/o il verde».
C’è, insomma, una relazione implicazionale tra i vari tipi lessicali: se una lingua ha due termini per i colori, essi saranno bianco e nero obbligatoriamente; se ne ha tre, a questi si aggiungerà il rosso, e così via, fino all’undicesimo tipo, che prevede l’aggiunta di porpora e/o rosa e/o arancio e/o grigio. Va da sé che il tipo successivo deve avere necessariamente i colori del tipo precedente: in altri termini, non è possibile che una lingua abbia il giallo o il verde senza avere il rosso.
6. Sapevi che anche quello dell’esitazione è un suono linguistico?
Se per produrre un suono avvicinate semplicemente le corde vocali ed emettete aria dai polmoni, quasi a riprodurre l’esitazione dello studente che non sa rispondere a una domanda, produrrete un “fono”, vale a dire un suono linguistico a tutti gli effetti: si chiama schwa ed è rappresentato, tra gli altri, con la e capovolta ǝ. In italiano standard non esiste, ma alcuni studiosi ipotizzano che ce ne sia più di uno in alcuni dialetti; nella lingua inglese, invece, è davvero diffuso: pensate alla pronunciadella u disupplì e circus.
7. Quel bonobo Kanzi che ha imparato la lingua dei segni senza che nessuno gliela insegnasse…
La storia del primate Kanzi è raccontata in Marina Nespor e Donna Jo Napoli, L’animale parlante. Introduzione allo studio del linguaggio, Carocci, 2007, Roma, p. 192:
«Degli scienziati stavano […] cercando di insegnare alla madre a comunicare attraverso una tastiera, che conteneva alcune dozzine di lessigrammi, cioè immagini o disegni geometrici che rappresentavano parole. Kanzi ha appreso ad utilizzare la tastiera da solo, soltanto osservando, in un modo simile a quello in cui i bambini apprendono il linguaggio […]. Gli scienziati […] hanno cominciato ad insegnare attivamente a Kanzi questo linguaggio, e Kanzi è riuscito ad acquisire una comprensione di più di 500 parole inglesi e di circa 200 lessigrammi. Kanzi ha dimostrato anche di poter capire le regole grammaticali, di poter utilizzare il riferimento a distanza, e di poter creare frasi nuove. […] Mancava tuttavia un’organizzazione sintattica e sicuramente la ricorsività».
8. Sapevi che esiste una lingua artificiale?
Si chiama esperanto ed è una lingua sviluppata tra il 1872 e il 1887 dall’oftamologo polacco Ludwik Lejzer Zamenhof, che soleva farsi chiamare “Doktoro Esperanto”. Tutti i sottosistemi che caratterizzano questa lingua, da quello fonetico a quello sintattico, sono estremamente semplici, proprio perché l’obiettivo del suo creatore era proprio pianificare una seconda lingua che potesse permettere a tutto il mondo di comprendersi (tutelando, di conseguenza, le lingue minori, destinate, purtroppo, a soccombere rispetto a quelle più usate per ragioni socio-politiche). Un progetto di democrazia linguistica, dunque, che trovate descritto approfonditamente nel sito ufficiale italiano.
E ora tocca a voi: quali sono le curiosità linguistiche che volete proporci?
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