“Ophelia”, un romanzo di formazione contemporaneo
Chi è Ophelia (Mondadori, 2021), la protagonista del romanzo d’esordio di Alice Pagani?
Una ragazza come tante, adolescente inquieta cresciuta in una famiglia problematica, con una madre fragile e tormentata e un padre scomparso nel nulla, con solo un nonno a darle un minimo di sostegno. Ma a un certo punto Ophelia decide di uscire dal limbo passivo in cui trascina stancamente le sue giornate e di partire alla scoperta del mondo, cercando di scoprire i propri talenti e di conquistarsi un ruolo. Personaggio spiazzante, che effettua scelte imprevedibili, ma in cui si riconosceranno molte adolescenti.
Alice Pagani, giovane e promettente attrice marchigiana, ha consegnato a Ophelia un po’ delle sue esperienze personali, che l’hanno condotta a sfiorare il mondo della moda per approdare con maggiori soddisfazioni alla recitazione, come ci ha confermato nel corso di un incontro di presentazione del suo libro che si è svolto online.
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Cosa porta un’attrice a scrivere un romanzo?
Ho sempre sognato di scrivere qualcosa di mio, ma non mi sarei aspettata di scrivere un romanzo alla mia età. Mi sono chiesta cosa volessi raccontare: una storia di formazione, quella che tutto sommato è mancata a me. Ho scoperto come vivere attraverso i libri e per me era essenziale raccontare qualcosa con cui un lettore potesse non solo divertirsi o da cui potesse prendere ispirazione, ma anche trovare delle risposte, delle chiavi come quelle che cercavo io a sedici anni. Pensavo al personaggio di Ophelia da tanto tempo e me la portavo dentro da diversi anni: forse è la parte più coraggiosa di me, ma allo stesso tempo attraverso di lei ho voluto testare le mie paure, perché ogni personaggio che incontra rappresenta una paura che io provo. Ophelia è un personaggio imperfetto, non fortunato e non privilegiato, che deve andare a cercarsi e a cogliere le opportunità.
Ho lavorato molto bene con il mio editor, Mattia Fontana, che mi ha aiutato a superare i problemi di dislessia di cui soffro fin da bambina. Sono agitata e mi sento molto goffa perché non ho mai parlato di un libro!
Come lettrice e attrice, persona che lavora comunque nel mondo dell’arte, da cosa è stata presa alla sprovvista nel momento in cui ha iniziato a scrivere il romanzo?
Non avevo un metodo, l’ho dovuto trovare scrivendo e credo che la mia scrittura cresca con la storia, partendo da un inizio molto semplice e diretto, poco costruito, per arrivare a periodi più elaborati. Anche cercare di rendere tutto veramente autentico è stato impegnativo, ho dovuto fare delle scelte e a volte eliminare delle cose.
Questo libro mi ha ricordato le opere di Isabella Santacroce. A chi si è ispirata scrivendo?
Prima di tutto a Paolo Sorrentino, perché per me è un grande scrittore oltre che regista, e spero di aver colto il suo cinismo, il suo modo di essere crudo, diretto e sbagliato in tanti personaggi. Poi Palahniuk, ma la Santacroce è stata senz’altro una colonna portante. Apprezzo moltissimo il suo stile nel raccontare le cose in modo semplice, diretto e moderno. L’inserimento delle canzoni, ad esempio, mi è venuto da lei: parlo tanto di canzoni nel libro perché sono le stesse che ascoltavo scrivendo. Io mescolo sempre tutto, parole, musica, espressione del corpo. Altri scrittori mi piacciono molto, ma questi tre sono stati fondamentali.
Qual è il suo rapporto con la musica, visto che è così importante nel romanzo?
Sono cresciuta con le cuffiette addosso, ascoltando musica dappertutto e la uso molto per entrare nelle emozioni, come insegnano a recitazione. Lasciarmi andare ascoltando musica ha funzionato benissimo anche per la scrittura oltre che per la recitazione. Tra l’altro da qualche tempo sto anche iniziando a suonare uno strumento, la chitarra elettrica.
Qual è il personaggio che ha più importanza nella vita di Ophelia?
Credo sua madre, perché è a lei che vuole dimostrare che è cresciuta. Ophelia non vuole deluderla. E poi la madre rappresenta le radici che non vuole perdere.
Ho trovato questo romanzo molto “visivo” ed evocativo, per cui volevo sapere se scrivendolo pensava a una possibile trasposizione cinematografica di Ophelia, e quali potrebbero essere le difficoltà per rappresentarla.
Mattia lo sa che per un anno continuavo a chiamare questo testo “film” anziché libro… In effetti credo di aver letto più sceneggiature che libri, ameno fino ad oggi. Il linguaggio cinematografico mi ha aiutato a semplificare la scrittura e questo personaggio potrebbe entrare in un film, ma non l’ho pensato per me perché sarebbe troppo complicato. Ho anche scritto delle sceneggiature, che per ora restano nel mio computer, ma quando lo faccio non riesco a pensare di interpretare i personaggi che invento.
Oltre alla musica, per Ophelia sono importanti le lettere che scrive e i tarocchi. Visto che le sedicenni di oggi non scrivono più lettere, come ti è venuta quest’idea?
Nasce da mie esperienze personali. Da ragazzina non ero in grado di parlare con le persone guardandole negli occhi e quindi scrivevo un sacco di lettere, anche se poi ne avrò consegnate al massimo un paio. I tarocchi mi sono messa a studiarli per hobby durante la quarantena, come la chitarra, e siccome stavo anche scrivendo il libro l’hanno in parte influenzato.
Ophelia è un nome molto particolare e caratterizza la protagonista. L’Ophelia di Shakespeare è molto triste e il suo unico desiderio sarebbe quello di trovare l’amore e di essere apprezzata. Anche la sua protagonista cerca l’amore, o no?
Sono stata certamente influenzata dal personaggio di Shakespeare e anche dal celebre quadro di John Everett Millais. Ophelia nel dramma muore perché non può accettare una vita senza amore e anche la mia Ophelia è in cerca di amore, ma questo la salva anche dal finire su brutte strade. Ha dei momenti negativi ma li supera per raggiungere quello spiraglio di luce che la può condurre verso l’amore.
Il prologo del libro mi ha colpita tantissimo, perché inquadra subito il rapporto di Ophelia con la madre in un modo spiazzante. È partita da quello per scrivere il romanzo oppure l’ha elaborato dopo?
Il prologo, che è risultato un po’ gotico, è stato il punto di partenza, il soggetto iniziale da cui si è sviluppato tutto.
Ophelia fa scelte inconsuete e anticonformiste, ma spesso corre dei rischi, come quello di viaggiare a lungo da sola. È una metafora del fatto che nella vita occorre comunque rischiare?
Sì, lei è un’estremista che cerca sempre di superare sé stessa, di tagliare un traguardo.
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Che consiglio darebbe alla sua protagonista?
Forse di essere meno caotica, ma se non fosse così non ci sarebbe stato il libro…
Mi ha incuriosito la visione disincantata che Ophelia ha del mondo della moda, con cui ha un’esperienza decisamente controcorrente. Oggi tante ragazze sognano il mondo della moda, che ai loro occhi appare favoloso e luccicante. Come mai ha maturato la visione scettica della protagonista?
Il mondo della moda toglie personalità e Ophelia si infastidisce per essere vista solo come un’immagine estetica. Credo che in generale quel mondo mi faccia un po’ ridere, spesso lo trovo grottesco: il suo luccichio fasullo contrasta con l’aspetto serio e dark di Ophelia.
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Per la prima foto, copyright: Maria Lysenko su Unsplash.
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