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“Non ti addormentare” di S.J. Watson

 

Non ti addormentareNon ti addormentare, di S.J. Watson, edito in Italia da Piemme, è ben più di un semplice thriller: è un romanzo fortemente psicologico, quasi cerebrale, incentrato sul mondo interiore di una donna, Christine, affetta da una curiosa forma di amnesia. Poca azione, dunque – se non sul finale, quando gli eventi precipitano e il lettore viene a conoscenza di un’incredibile, inimmaginabile verità –, ma tanta inquietudine. 
È proprio questo, a mio avviso, il maggior pregio del libro, nonché la rara abilità di un autore, Watson, al suo esordio sia in Italia che all’estero: leggendo Non ti addormentare si viene immediatamente catturati dall’atmosfera ambigua e inquietante che pervade la narrazione; gli stati d’animo di Christine, che scrive in prima persona un diario, diventano presto anche gli stati d’animo del lettore, che condivide empaticamente l’ansia della donna, i suoi timori, la disperata ricerca di una verità che puntualmente sfugge ogni qualvolta si è vicini ad afferrarla. 
Cupo, intenso, doloroso e inaspettatamente credibile, questo romanzo riporta alla mente un intero filone di film dedicati alla memoria, ispirati a questa straordinaria capacità umana la cui importanza talvolta passa in secondo piano, perché i ricordi sono qualcosa che diamo per scontato, di cui non ci accorgiamo neanche. Film indimenticabili come Memento, Se mi lasci ti cancello (orribile trasposizione del titolo originale Eternal Sunshine of the Spotless Mind, ispirato ai celebri versi di Alexander Pope) e la commedia 50 volte il primo bacio, solo apparentemente più leggera e divertente: tutti questi film hollywoodiani propongono una riflessione sul meccanismo della memoria, incentrati come sono sull’importanza dei ricordi nell’esistenza degli uomini.
Cosa saremmo infatti, noi uomini, senza la memoria? Cosa succederebbe se la nostra mente resettasse quotidianamente ciò che ha appreso, sentito, vissuto? Accadrebbe ciò che accade a Christine, intrappolata in un tempo statico, senza passato né futuro, ma anche senza presente, senza sentimenti, perché in fondo tutto ciò che siamo, quello che proviamo, altro non è se non il risultato di ciò che abbiamo vissuto. I sentimenti, soprattutto, sono questione di memoria: si alimentano di ricordi, emozioni condivise, difficoltà superate insieme e gesti d’amore. Nessun grande sentimento, né l’amore né tanto meno l’amicizia, nasce e cresce in una sola giornata.
Ne consegue che senza la memoria dei giorni passati non ci sarebbero più nemmeno i sentimenti, le passioni; se poi, come accade a Christine, la memoria si resettasse ogni notte, quando il sonno entra nella fase rem, non avremmo nemmeno un futuro, perché è impossibile far progetti partendo dal nulla. L’altra faccia della medaglia è che probabilmente, senza i ricordi a tormentarci, il carico di dolore provato dagli uomini sarebbe considerevolmente ridotto, circoscritto al presente, senza il carico delle angosce passate e di antiche delusioni che bruciano ancora. Ma ne varrebbe davvero la pena, di dimenticare solo per non soffrire? E il corpo, l’anima, davvero non posseggono alcuna forma di memoria al di là di quella cerebrale?
Ed è possibile che il nostro corpo possegga un’antica sapienza, che l’esperienza passata lasci una sorta di imprinting nei geni e nell’anima, cosicché, pur in assenza di ricordi dettagliati o oggettivi, siamo comunque in grado di provare sensazioni forti, di sapere istintivamente cos’è giusto e cosa e sbagliato, o addirittura pericoloso per noi? Questo è ciò che accade a Christine, la protagonista del romanzo. Ogni giorno si sveglia in un letto che non sente proprio, accanto a uno sconosciuto; lo shock più terribile, tuttavia, la aspetta di fronte allo specchio: l’immagine che esso le rimanda è quella di un’estranea di mezza età, con parecchi anni in più di quelli che lei crede di avere. 
I suoi ricordi, infatti, si sono fermati ai vent’anni, alcune mattine addirittura all’adolescenza. 
Ogni giorno è Ben, suo marito, a fornirle le coordinare della sua vita, a spiegarle che è in quello stato da molti anni, ormai, per via di un terribile incidente. Ma c’è anche un giovane psichiatra, il dottor Nash, che la segue all’insaputa del marito: l’uomo la chiama ogni giorno, spiegandole ogni cosa e incitandola a tenere un diario che le permetta di riapprendere giorno dopo giorno tutte le piccole cose che ricorda e dimentica di continuo, così da costituire una sorta di memoria artificiale. 
Proprio su questo diario, tuttavia, Christine fa una scoperta sconcertante: “Non fidarti di Ben!” è scritto con la sua grafia a margine di una pagina. Perché non dovrebbe fidarsi dell’uomo che ama, con cui è sposata ormai da anni? Cosa le nasconde il marito, e perché si rifiuta di dirle tutta la verità? Da questo momento in poi, il lettore sente di precipitare nello stesso incubo vissuto dalla protagonista, una spirale fatta di bugie e violenza, dove la realtà non è mai soltanto ciò che sembra. 
Non ti addormentare è un thriller superbo: lento ma non noioso, suscita emozioni persistenti, che non abbandonano il lettore nemmeno molti giorni dopo aver terminato la lettura.
 
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