“Non siamo mai stati qui”, Il dottor Zivago e la Guerra Fredda di Lara Prescott
Non siamo mai stati qui (DeA Planeta, 2019 – traduzione di Chiara Baffa) è il romanzo d’esordio di Lara Prescott, autrice di racconti pubblicati su varie riviste letterarie e con un passato di consulente politica nelle campagne elettorali statunitensi, che arriva in Italia dopo il successo riscontrato negli Stati Uniti, dove è già in programma una trasposizione cinematografica.
La trama intreccia due storie parallele che si sviluppano nel corso degli anni Cinquanta, in piena Guerra Fredda. Ci vengono narrate prima di tutto le vicende di Boris Pasternak, il grande poeta e narratore russo, alle prese con la stesura del suo capolavoro, Il dottor Zivago, ma anche con una complicata vita familiare che lo vede dividersi tra la moglie e una giovane amante, Olga Ivinskaja, a cui si ispira per tratteggiare il personaggio di Lara, protagonista del romanzo.
In parallelo, il lettore è introdotto nella sede centrale della CIA, a Washington, dove gli americani sfruttano ogni mezzo a disposizione per fare propaganda antisovietica. Tra le dattilografe che ogni giorno battono a macchina pagine e pagine di documenti riservati c’è anche Irina, giovane figlia di immigrati russi, che viene presto coinvolta in un grande progetto: quello di introdurre in Russia qualche centinaio di copie del capolavoro di Pasternak, proibito dal regime perché giudicato antisovietico, ma che dopo essere stato pubblicato per la prima volta in Italia dall’editore Feltrinelli è stato presto tradotto e diffuso in molti Paesi. Tra spie, depistaggi e fantasiose missioni in giro per l’Europa, Non siamo mai stati qui ci racconta un periodo molto particolare della storia del Ventesimo secolo, anche se l’invenzione narrativa va molto al di là della realtà dei fatti, soprattutto per quanto riguarda le vite sentimentali dei protagonisti.
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Lara Prescott, di passaggio a Milano per presentare l’edizione italiana del suo romanzo, ha gentilmente risposto a qualche domanda.
Il suo è un romanzo complesso, che racconta più storie in tempi e luoghi diversi. Come si è organizzata? Lo ha scritto nell’ordine in cui lo leggiamo oggi oppure ha portato a termine le storie separatamente?
In effetti io non l’ho scritto così come appare nella sua forma definitiva. Ho iniziato con il capitolo iniziale dedicato alle dattilografe, poi ho introdotto la voce di Olga e quindi mi sono dedicata alle altre storie. Di solito scrivevo una cinquantina di pagine relative a un personaggio e poi passavo a quello successivo, ma è stato soltanto nella fase di revisione finale che ho deciso come collocare le varie fasi della storia, fino ad arrivare all’aspetto definitivo del romanzo.
Posso aggiungere che ho seguito anche un metodo di lavoro molto fisico: avevo una lavagna bianca su cui caricavo e spostavo in continuazione i post-it con i nomi dei personaggi e le loro scene rispetto alla linea del tempo che avevo collocato in basso, in modo che poi potessero collimare eventi inventati ed eventi storici. È stato un lavoro piuttosto complesso, in effetti.
Qual è stato il personaggio più difficile da raccontare?
Sicuramente è stato Boris Pasternak il personaggio più difficile da descrivere, tanto che a un certo punto ho preferito raccontarlo in terza persona anziché in prima, perché ero parecchio intimidita dall’idea di entrare nella sua testa e assumere i suoi punti di vista.
Ho preferito raccontarlo soprattutto attraverso le sue donne, perché mi era più naturale identificarmi in un carattere femminile e cercare di capire l’uomo grazie ad esso.
E quale quello in cui potrebbe identificarsi, o che ha sentito come più vicino a sé?
Di sicuro Irina, perché è una giovane donna che inizia a lavorare a Washington e nel corso della carriera cresce come persona, inizia a capire i giochi di potere e anche il potere che lei stessa è in grado di esercitare, diventando sempre più attiva e indipendente. Anch’io appena uscita dall’università sono andata a lavorare a Washington, mi sono trovata in un mondo molto maschile, ho dovuto affrontare una bella dose di sessismo e provare quella mancanza di fiducia in se stessi tipica di certe situazioni.
Non ha provato a volte una certa soggezione, o magari un senso di inadeguatezza, nell’affrontare personaggi realmente esistiti e così importanti come Pasternak?
Certamente: quando si affronta un romanzo storico non è mai facile l’approccio con la Storia con la s maiuscola da raccontare. Si devono fare ricerche approfondite, risalire alle fonti, leggere il più possibile riguardo ai personaggi per attenersi alla fedeltà storica, ma al tempo stesso uno scrittore cerca di plasmare un personaggio dal punto di vista della propria immaginazione e fantasia. Si cerca di catturare l’essenza di una persona, però poi è inevitabile aggiungere gli elementi romanzati.
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Quanto tempo ha richiesto il lavoro di ricerca preliminare? Ha incontrato delle difficoltà?
Ho iniziato le miei ricerche nel 2014, molto prima di affrontare la stesura del romanzo, ma poi ho continuato anche mentre scrivevo. La difficoltà principale credo mi sia venuta dal fatto di non conoscere il russo, per cui mi sono dovuta fidare delle traduzioni e ci sono stati anche degli episodi divertenti quando sono andata in Russia. Prima o poi vorrei arrivare a leggere Il dottor Zivago in lingua originale per poterne cogliere tutte le sfumature.
Quindi ha visitato i vari luoghi in cui è ambientato il romanzo?
Sì, sono stata in Russia quando ho terminato la prima stesura del romanzo: ho visitato i luoghi di Pasternak a Mosca e a Peredelkino, dove viveva e dove è sepolto. Sono stata anche a Londra e a Parigi, ma da studentessa, quindi con un budget limitato. Stasera spero di poter visitare un po’ Milano, dove viveva Feltrinelli e dove è stato pubblicato per la prima volta il capolavoro di Pasternak, e in futuro di andare anche a Bruxelles, dove si svolge una parte di Non siamo mai stati qui.
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Per l’ultima foto, copyright: Matthew Prescott.
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