“Non dire cazzo” di Francesca Rimondi. Frammenti di una quotidianità non troppo romanzata
Una storia strappa sorrisi, realistica e, a tratti, delirante. Non dire cazzo, edito da Frassinelli, è l’ultimo lavoro di Francesca Rimondi; autrice che nel 2000 ha pubblicato La domenica non si lavora (DeriveApprodi) e che, tuttora, scrive di cinema e corregge libri scolastici.
Fra le pagine di questo romanzo c’è di tutto: la vita famigliare, la difficoltà di crescere dei figli, il lavoro, l’amore non sempre infelice, avventure fra l’improbabile e l’assurdo. C’è una madre con i suoi due figli: uno troppo piccolo per capire la maggior parte di ciò che accade mentre l’altro ha appena inforcato lo svincolo dell’adolescenza e per questa ragione capisce molto più di quello che ci si potrebbe immaginare.
Ci sono poi i nonni, la città, la scuola, la musica, i concerti e le parolacce. Non dire cazzo, in ultima analisi, non è altro che uno spiritoso incastro di frammenti colti direttamente dalla quotidianità di una donna che lavora per crescere i propri figli ma che, non per questo, smette di vivere; né di sorridere.
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Non possiamo sapere con esattezza quanto di ciò che sta scritto fra le pagine sia reale, ma non è difficile sospettare che possa esserlo nella gran parte dei casi.
Ad ammetterlo è la stessa Francesca Rimondi, all’interno di un’intervista rilasciata a «Panorama»:
«Allora, sperando che mio figlio Numero Uno non legga mai questa intervista, devo dire che è tutto vero. Ma è anche tutto finto. Nel senso: la protagonista vive le mie stesse esperienze, abbiamo percorso le stesse strade. Ovvio che poi, tentando di dare forma letteraria alla mia pratica quotidiana di annullamento, ho esagerato, inventato, ricreato dialoghi che avrei voluto avere, incontri che avrei voluto fare.»
Una biografia romanzata insomma, sia per quanto riguarda la protagonista che i suoi stessi figli.
Non dire cazzo è un romanzo che empatizza con i lettori, soprattutto se donne e madri. Francesca Rimondi sembra infatti voler parlare indirettamente con questa categoria; dialoga con loro ed esprime, in una specie di stream of consciousness, tutti i pensieri che le passano per il cervello. Un semi-monologo sicuramente sopra le righe ma altrettanto sincero. L’autrice infatti non lascia da parte le critiche rivolte agli “usi e costumi” della nostra società odierna parlando, per esempio, dei gruppi What’sApp; con uno spiccato riferimento al gruppo relativo alle mamme. Non nega il proprio disappunto nei confronti dell’ignoranza di coloro che sfruttano male il proprio tempo abusando di una tecnologia utile ma spesso sfruttata nel peggiore dei modi.
In secondo piano emerge poi il tema del tempo, degli anni che scorrono senza fermarsi un momento e della vita che scivola via portando la protagonista da uno stadio all’altro dell’esistenza: nel momento in cui si accorge che i genitori stanno invecchiando, protagonista e autrice capiscono di non sentirsi più figlie ma madri destinate a diventare nonne a loro volta.
Un ciclo triste ma inevitabile contro il quale chiunque combatte, più o meno serenamente.
In questo caso, scrivendo Non dire cazzo, Francesca Rimondi, parla ai suoi lettori senza distinzioni di genere ed età e quello che emerge è un pensiero sull’esistenza affrontato in alcuni casi, attraverso un dialogo aperto con il figlio maggiore, il Numero Uno (questo è il suo nome all’interno del romanzo).
Lo stile di scrittura è originale, veloce e senza peli sulla lingua. L’autrice non sembra preoccuparsi dell’effetto che potrebbe suscitare, in chi la circonda, un romanzo tanto simile alla realtà dei fatti; probabilmente non le importa e questo è un punto a suo vantaggio.Leggendo Non dire cazzo ci si sente come spie, estranei che trovano per sbaglio il diario segreto di una donna e decidono di prender parte alla sua vita come fosse una serie televisiva.
Nella simpatica prefazione al romanzo, scritta utilizzando lo sguardo del figlio Numero Uno, Francesca Rimondi sembra alludere a una seconda versione della storia scritta, appunto, dal figlio maggiore e chiamata Non rompere il cazzo.
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Non possiamo sapere con certezza se questo romanzo vedrà realmente la pubblicazione, ma l’idea è originale ed è questa una delle motivazioni che ci spingeranno a seguire con attenzione i prossimi passi dell’autrice bolognese.
Non dire cazzo si dimostra un romanzo leggero ma affatto inutile. Fra battute e sarcasmo Francesca Rimondi non manca di toccare, infatti, tematiche forti e attuali.
Per la prima foto, copyright: Bruno Nascimento.
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