"Nessun luogo è lontano" di Richard Bach: essere liberi senza la libertà
Nessun luogo è lontano vi stregherà. Ha inizio un viaggio. Infinito. Difficile. Senza destinazione. Non è uno di quei viaggi che Richard Bach è costretto a fare in quanto pilota dell’aeronautica statunitense: è un’avventura che va oltre il tempo e lo spazio, non ha limiti, né censure, ma, soprattutto, non concepisce sacrifici; difficoltà, certo, ma nessun sacrificio. Dovesse essere così, non sarebbe quel viaggio, questo volo verso Rae per festeggiare assieme a lei:
«Rae, cara! Grazie per avermi invitato per il tuo compleanno! La tua casa è distante mille miglia dalla mia, e io sono uno che si mette in viaggio solo quando ne vale la pena. Ebbene, ne val proprio la pena, se si tratta di prender parte alla tua festa. Non vedo l’ora di essere da te!»
È così che ha inizio Nessun luogo è lontano, una prosa magica e coinvolgente; vera, anche nei suoi risvolti fantastici. Colibrì, Gufo, Aquila, Falco… Tutti gli amici del protagonista hanno le ali, si perdono in infinite albe e altrettanti tramonti, negli umori del tempo che solo quelli come loro conoscono. Questi amici volanti sono liberi, non restano incastrati nelle dimensioni del “dove” e del “quando”: possono volare, e questo basta. È per questo che faticano a capire ciò che Richard ha intenzione di fare.
Perché Colibrì non afferra il senso del verbo “andare”? Perché rimane perplesso dinanzi alle parole di un ragazzo che, in fin dei conti, vuole soltanto fare una sorpresa alla sua Rae? Richard non ha bisogno di volare assieme ai suoi amici: Richard è già vicino a lei, perché vuole esserci; lo capiamo soltanto dopo aver letto tutto il racconto, magari due o tre volte: «Può forse una distanza materiale separaci dagli amici? Se tu desideri essere da Rae, non ci sei forse già?» - il tempo è distrutto; lo spazio non ha più confini: c’è un legame che unisce l’uno e l’altra, un ponte invisibile ma presente che unisce due anime. Due anime libere, è questo il messaggio principale: due anime amiche nella libertà. Siamo vicini, siamo tra noi, dentro di noi: niente e nessuno, neanche “una casa distante mille miglia”, può separarci.
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Un messaggio tanto semplice da capire, un po’ meno da comunicare, ancor più difficile da mettere in pratica; un messaggio che rappresenta il filo conduttore di questo viaggio senza meta. E se proprio dovesse esserci un traguardo, quella destinazione siamo “noi”, anime che «insieme volammo al di sopra delle vette, a gara con i venti di montagna». Questo è il viaggio di Aquila e Richard. Si incontrano di nuovo, dopo tanto tempo; eppure, lei parla a lui come se l’avesse visto qualche giorno prima. Nulla è cambiato, ma qualcosa cambierà; o meglio, qualcuno.
Richard non capisce perché tutti restano perplessi dinanzi alle sue intenzioni: «La piccola Rae sta crescendo e io vado alla festa per il suo compleanno con un regalo». Forse, questo viaggio potremmo intenderlo non solo come un manifesto dell’amicizia, ma anche, e soprattutto, come scoperta di questo manifesto; come breve percorso, in un mondo fatto di parole e immagini – quelle di H. Lee Shapiro – semplici nella loro forma; complesse, profonde, nella loro essenza.
Forse, questo viaggio è tutto un procedere verso la verità rappresentata dal gabbiano delle ultime battute: «Perché l’importante […] è che tu sappia la verità. Finché non la sai – finché non la capisci veramente – puoi soltanto afferrarne qualche stralcio, o brandello, e non senza un aiuto dall’esterno: da macchine, uomini, uccelli. Ma ricordati, […] che l’essere ignota non impedisce alla verità d’essere vera». Una grande dichiarazione, una di quelle che, in genere, chiudono un’opera.
Ma così non è: il regalo deve arrivare a destinazione, questo anello deve permettere a Rae di volare; questo anello indistruttibile le permetterà di fare un volo assieme agli uccelli “che vede”, fino a quando: «[…] se l’adoperi ben bene, funzionerà anche con quegli uccelli che non vedi; finché ti accorgerai che non t’occorre né l’anello né l’uccello per volare al di sopra delle nubi, nel sereno». Solo allora, Richard avrà raggiunto il suo obiettivo: Rae sarà libera di andare dove vuole, con chi vuole; nessuna barriera si frapporrà tra lei e l’infinito; nessuno le impedirà di credere che un amico le è vicino, che Richard è con lei ogni giorno, nel per sempre.
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Arriverà il momento in cui quell’anello – nuovo simbolo di libertà, di rottura del limite – dovrà essere ceduto a qualcun altro. Il taglio del cordone ombelicale è doloroso ma indispensabile: il rischio più grande è rimanere incastrati dalla e nell’idea di libertà, nel solo concetto di essere finalmente liberi. Quanti riescono a staccarsi dal proprio anello? Quanti riescono a essere liberi dalla libertà? Da questa e non solo: dal tempo, dallo spazio, da qualsiasi convenzione sociale e impedimento individuale, da tutto. È come essere amici senza l’amicizia.
Nessun luogo è lontano ha sempre avuto una sola predominante chiave di lettura; si potrebbe fare, però, qualche considerazione in più: forse, potremmo trovare in quelle parole così colorate nuovi significati. La conclusione ci dà ragione: gli stessi mamma e papà non sono altro che “nostri compagni d’avventure”; non c’è, insomma, senso del possesso, legame che implica vicinanza; non c’è nulla di così limitatamente concreto.
La dimensione è un’altra: un infinito che non è sogno leopardiano; è essenza del “volo” di Gabbiano, Gufo, Aquila, Colibrì e Falco: essenza di un “volo” che non ha né inizio né fine, un viaggio da soli e in compagnia, allo stesso tempo. Un’avventura senza “dove” né “quando”, né inizio né fine:
«Vola libera e felice, al di là dei compleanni, in un tempo senza fine, nel persempre. Di tanto in tanto noi c’incontreremo – quando ci piacerà – nel bel mezzo dell’unica festa che non può mai finire.»
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