Nel catalogo dei libri naufragati di Colombo. L’arte del collezionismo
Il catalogo dei libri naufragati sembra il titolo di un romanzo di Carlos Ruiz Zafòn, invece, pur essendoci tanta Spagna, parliamo di Edward Wilson-Lee, americano di origine,e questa è la sua prima opera tradotta in lingua italiana, da Susanna Bourlot, pubblicata a inizio 2019 da Bollati Boringhieri.
Il sottotitolo svela argomento e genere narrativo: Il figlio di Cristoforo Colombo e la ricerca della biblioteca universale.
Edward Wilson-Lee, cresciuto in Africa da genitori documentaristi della fauna selvatica, vive a Cambridge dove insegna letteratura medioevale e rinascimentale, con all’attivo numerosi contributi, in particolare su Shakespeare, di cui è uno specialista.
Questo volume ripercorre la vita talmente straordinaria da non sembrare vera di Fernando Colombo, Hernando Colòn in spagnolo, figlio naturale del leggendario esploratore, che lo ebbe da una donna di umile estrazione, Beatriz Enrìquez de Arana, la quale svolse, non per sua volontà, un ruolo secondario nella crescita del ragazzo. Nacque a Cordoba e trascorse l’infanzia nella corte reale, insieme al fratellastro Diego, con lo sguardo sempre rivolto a un padre che con le sue scoperte stava dando una spallata ai confini del mondo, ridefinendoli.
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Quando questi morì nel 1506 Fernando non aveva ancora compiuto diciott’anni: gli rimaneva il ricordo delle mirabili imprese, di cui fu anche testimone diretto, e i primi libri che lo stesso padre gli forniva. E proprio i libri saranno il perno della sua vita e del suo mirabile progetto (che doveva includere altresì la compilazione di un dizionario di latino poi interrotto), insieme alla cronistoria dettagliata dei quattro viaggi alla scoperta del Nuovo Mondo che verrà inserita in una biografia paterna. Come dice Wilson-Lee:
«La resurrezione è tra gli espedienti narrativi più potenti mai inventati e qui, presumo, è proprio di questo che si tratta».
L’Europa in quel periodo era in fermento non solo dal punto di vista storico, politico e religioso ma lo erano pure settori come il commercio e l’editoria. Quest’ultima, con la rivoluzione apportata dall’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg, capovolse l’informazione, passando dal predominio di pochi e selezionati manoscritti a un’offerta infinita di novità.
Fernando vive tale fermento a pieno, anzi ne viene travolto: viaggia da nord a sud del Vecchio Continente. Conosce e frequenta il movimento luterano, acquista le prime opere riformiste.
Le principali arterie partivano dalle cinque città più importanti per l’editoria e per la vita di Fernando: Roma e Venezia, attraverso cui fluivano nuove opere dalla Grecia, da Bisanzio e dalle missioni religiose; Norimberga, dove aveva iniziato ad accumulare testi dei regni germanici, e Anversa, la grande libreria che serviva i Paesi Bassi, la Scandinavia e la Gran Bretagna; infine Parigi.
Proprio in Francia acquistò migliaia di manuali di medicina (altra sua passione insieme alla botanica); a Lione conobbe l’unico altro autore moderno che, insieme a Erasmo da Rotterdam aveva una sezione tutta sua nel catalogo alfabetico di Fernando: il dottor Symphorien Champier. Oggi poco conosciuto ma ai suoi tempi era un celebre autore di opere di filosofia e storia e di trattati contro le scienze occulte, di cui avversava il tentativo di vedere nella realtà qualcosa di mistico.
Tra le altre, troverà posto l’astronomia: ad esempio, l’Almanach di Zacuto – che sopravvive come volume 3139 della biblioteca – forniva 11.325 posizioni giornaliere consecutive della luna.
Il sistema preciso e meticoloso come il suo ideatore, era il seguentecosì come lo troviamo descritto ne Il catalogo dei libri naufragati. Il figlio di Cristoforo Colombo e la ricerca della biblioteca universale:
«Ogni anno, ad aprile, cinque librai scelti di ognuna di queste città inviavano dodici ducati di nuovi libri ciascuno a Lione – a sua volta centro dell’editoria medica e musicale – dove un sesto libraio aggiungeva altri dodici ducati di libri dalla sua città. I volumi venivano poi spediti a un mercante di Medina del Campo, nel periodo della fiera di maggio che Fernando conosceva così bene, e da lì a Siviglia, alla biblioteca della Puerta de Goles. Ogni sei anni, un agente della biblioteca, portando con sé i cataloghi della Fernandina, setacciava una serie di città più piccole, per scovare i titoli che erano sfuggiti. L’itinerario, che Fernando tracciò nel dettaglio, era un viaggio nei suoi ricordi, per strade che conosceva a menadito: partendo da Napoli, il cacciatore di libri prendeva poi il percacho (diligenza) domenicale per Roma, e da lì andava ad Arezzo, Siena, Pisa, Lucca e Firenze, Bologna, Modena, Parma, Piacenza, Pavia e Milano – tutte città (scrive) a mezza giornata di viaggio l’una dall’altra – Lodi, Cremona, Mantova, Padova e Venezia. I frutti di questo giro venivano radunati a Venezia, dove i mercanti genovesi potevano spedirli a Cadice».
La seconda idea di Fernando, che avrebbe lasciato senza parole i collezionisti dell’epoca, era che i suoi agenti non avrebbero dovuto cercare i grandi librai, ma quelli piccoli perché secondo lui più interessati alle novità.
Ciò che non si sa dalle fonti è quando esattamente Fernando passò dall’acquisto dei libri a volerne fare una biblioteca. Il prototipo che più gli rimase impresso fu quella medicea portata a Roma dal cardinale Giovanni de’ Medici nel 1508. Quel che è certo, e che fu determinante, fu l’acquisto di un appezzamento di terreno – che sorgeva su un muladar, ovvero un letamaio, di cui lui peraltro andava orgoglioso con tanto di epigrafe all’ingresso – dove sorse la sua prima casa, nella già citata Puerta de Goles, a Siviglia.
Il luogo fisico dove custodire il suo tesoro librarionon era uno qualsiasi: si trovava infatti sulla riva del Guadalquivir che dava sul monastero della Cartuja, dove nella Capilla de Santa Ana il corpo di Cristoforo Colombo riposava da quando vi era stato traslato nel 1509.
Il sogno di Fernando si stava avverando: creare una biblioteca universale.
Universale perché doveva comprendere tutte le lingue, tutte le materie e addirittura le fedi religiose. Un progetto per l’epoca inimmaginabile, oltreché di complessa realizzazione. Un labirinto di “borgesiana” memoria. Un posto fuori dal comune, «la più vasta biblioteca privata dell’epoca».
«A uno spettatore moderno, questo tipo di scaffale è talmente famigliare da passare inosservato, ma agli occhi di quei visitatori cinquecenteschi era un’assoluta novità».
Ma come districarsi in quella vastità di pagine?
Va detto che Fernando ne era gelosissimo, tanto è vero che elaborò un complicato sistema di protezione che faceva pensare più a una cassaforte chiusa a chiave che a un luogo di libera consultazione.
Lui stesso dichiarò che il fine ultimo consisteva nella compilazione di tre grandi cataloghi che servivano da guide alle collezioni – il Libro delle epitomi, il Libro degli argomenti e il progetto finale,la Tavola degli autori e delle scienze. Per ottenere una distribuzione capillare sul territorio spagnolo si rese necessario fare delle copie dei suddetti cataloghi e così fece fare dai suoi aiutanti bibliotecari, in modo che il presunto lettore del Libro delle epitomi e degli argomenti potesse consultarli senza avere accesso a molti testi.
«Insieme al suo caveau di memoria universale, Fernando aveva creato un motore di ricerca».
Colui che, per ossimoro, si può definire un lucido folle. Prossimo a esalare l’ultimo respiro, infaticabile qual era, creò un inventario che comprendeva persino le tazze di peltro che aveva in casa.
Arrivando ai nostri giorni e se vi state chiedendo cosa è rimasto della biblioteca, ora detta Colombina, ce n’è solo una parte, conservata tuttora in un’ala della Cattedrale di Siviglia. Il resto è andato perduto, tra la tagliola dell’Inquisizione e i disastri che si sono succeduti nel tempo.
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Una storia meravigliosa e quasi fantastica: sembra di leggere un romanzo di avventura. Grazie alla padronanza del tema e all’evidente competenza accademica, Edward Wilson-Lee ha realizzato un saggio prodigo di contenuti, pur con chiaro intento divulgativo, ricco di fonti, mappe dei viaggi, illustrazioni e relative tavole esplicative.
Il catalogo dei libri naufragati. Il figlio di Cristoforo Colomboe la ricerca della biblioteca universale conferma l’enorme portata dello scopritore genovese nel mondo, ancor di più per la nazionalità e le esperienze professionali dell’autore, ma elargisce il giusto omaggio a un altrettanto grandioso personaggio, meno conosciuto, a cui dobbiamo molto, soprattutto noi amanti e fruitori di patrimoni cartacei (e ora anche digitali).
Per la prima foto, copyright: Patrick Tomasso su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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