Napoli non perdona
Vero. Napoli non perdona. Non perdona mai. Non perdona gli slogan, gli sfottò a sfondo razzista dei leghisti di una volta, e di quelli più radicali. Non perdona che si possa liquidare la questione meridionale, ancora forte e viva, con qualche ricetta banale, fascistoide, costruita al Nord e appiccicata al Sud.
Napoli non perdona e non dimentica. E fa bene, perché solo avantieri i napoletani erano offesi nelle curve settentrionali dell’Atalanta e del Verona. Napoli non scende a patti, non ascolta il richiamo perbenista alla tolleranza. Non tollera gli intolleranti, questo è evidente.
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Certo, poi sopporta la Camorra, ma sempre meno. Sopporta la disoccupazione, ma sempre meno. Sopporta la miseria, ma non come prima. Napoli sta cambiando, in meglio. Ce ne siamo accorti ascoltando i ragazzi di una scuola di Secondigliano, qualche settimana fa, raccontare se stessi davanti a una giovane scrittrice. Si sono messi a nudo, questi ragazzini, tirando fuori una commovente ingenuità, quella che contraddistingue tutti i giovani sani d’Italia. Giovani nei quali riponiamo speranze, fiducia…
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Napoli è in fondo una speranza per tutto il Sud. Salvini vuol provare a massacrarla, perché resta ancorato a un’idea di Italia a due velocità, ma dimentica che la velocità del Nord ha sempre avuto un motore a Sud: gli emigranti. Ora son pochi i giovani meridionali che vogliono trasferirsi a Milano, a Torino, a Verona, perché il Nord Italia è niente rispetto al Nord Europa e ad altri più attraenti mercati come il Canada, il Sud America, la Cina. Il Nord ha perso il treno della globalizzazione, ha sprecato tempo e risorse, ha perso smalto e lustro.
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L’Italia si assomiglia sempre di più. Disorganizzazione ovunque, anche alle pendici delle Alpi. Anzi, fa più male vedere il Nord trascinato in basso dal suo stesso egoismo, vittima di un miraggio, quello del capitalismo finanziario e del denaro facile, sostenuto ormai soltanto da pezzi di economia bancaria criminale.
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Salvini pensa di poter nascondere certe nefandezze settentrionali scendendo al Sud, ma non ce la fa. Non riesce a sfondare il campo con una cornice di valori che poco ha a che fare con le eruzioni razziste di fede padana. E, non facendocela, accusa gli altri, lui, sì!, di razzismo e di intolleranza. Lui che propugna ogni giorno l’esclusione dell’alterità, della diversità, della civiltà altrui. In fondo Napoli gli ha rinfacciato le sue origini politiche, non quelle genetiche. Non ha giocato sul suo piano, perché non è stata razzista, ma semplicemente giusta.
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