Murakami, la distopia divenuta realtà
Articolo di Francesco Zingoni pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 3/2013, Le tentazioni della cultura.
Murakami è il mio scrittore preferito. Non è stata una cosa immediata, anzi. Le prime volte che chiudevo un suo romanzo restavo qualche minuto a issarne la copertina e mi chiedevo: ma cosa ho letto? Le sue opere appartengono al raro genere dei romanzi-tarlo: ti restano dentro a tua insaputa per mesi, lavorando, intessendo, forse facendo capolino in qualche sogno. Finché una mattina mi sono svegliato di colpo gridando come un pazzo: «Ehi, geniale quel Murakami!» E ho iniziato a consigliarlo in giro. Da qui a comprendere perché mi fosse piaciuto, o comprendere tout court cosa Murakami avesse voluto dire, è stata tutta un’altra storia.
È successo un paio di anni fa, quando hanno svelato il titolo del suo nuovo segretissimo romanzo: allora finalmente ho capito. O meglio, ho creduto di capire. Con Murakami non si può mai sapere.
Sì, perché una cosa che di sicuro non è riuscita al tre volte quasi premio Nobel (oltre al fatto di vincere il Nobel, ovviamente) è proprio farsi decifrare fino in fondo. Nonostante i milioni di copie vendute e la pop-consacrazione mondiale, detrattori e seguaci continuano ad accapigliarsi sul Murakami onirico, surreale, il Murakami che crea giochi di specchi metafisici, trame ellittiche, storie nonsense, mondi nascosti tra le pieghe della realtà. C’è chi ne rimane affascinato e chi, invece, lo trova irritante. E in mezzo c’è lui, Murakami, sopracciglio inarcato e sorriso sornione da gentleman giapponese, che forse semplicemente se la ride di tutto il nostro chiacchierare (questo compreso).
Arrivo subito al punto, che a molti fan di Murakami potrà sembrare una contraddizione in termini. Trovo che Murakami sia uno degli scrittori più socialmente impegnati degli ultimi trent’anni. Altro che onirico. La sua opera denuncia una realtà storica e politica in balia di un potere che sembra eludere ogni definizione e controllo. E forse per questo appare metafisica.
E sì che questa volta Murakami è stato chiaro fin dal titolo, 1Q84, inequivocabile riferimento al capolavoro di Orwell, il romanzo distopico per eccellenza. Un titolo che rievoca un potente catalizzatore dell’immaginario collettivo e che vuole rivendicarne il posto ormai lasciato vacante.
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