“Munizioni”, nasce una nuova collana di Bompiani diretta da Roberto Saviano
Di’ la verità anche se la tua voce trema (Bompiani, 2019 – traduzione di Daniele Didero e Mattia Faes Belgrado) di Daphne Caruana Galizia e Fariña – La porta europea della cocaina (Bompiani, 2019 – traduzione di Giuseppe Grosso) di Nacho Carretero sono i primi due titoli della collana “Munizioni” che la casa editrice Bompiani ha affidato alla direzione di Roberto Saviano, presentati in anteprima ai blogger a Milano dallo stesso Saviano insieme ad Antonio Franchini, direttore editoriale del gruppo Giunti-Bompiani.
Chi sono gli autori scelti per inaugurare la collana? Daphne Caruana Galizia è la giornalista e blogger maltese che ha denunciato un colossale sistema di riciclaggio facente capo all’isola di Malta. Questo libro è rimasto incompiuto per la morte dell’autrice, uccisa in un attentato dinamitardo nel 2017, e viene ora pubblicato per volontà dei figli.
Nacho Carretero è invece un giornalista di «El paìs», il principale quotidiano spagnolo: in questo reportage romanzato ha svelato la realtà di un colossale narcotraffico che attraverso la Galizia rifornisce di cocaina la Spagna e anche altri Paesi europei. Il libro è stato messo al bando dall’autorità giudiziaria spagnola, ma continua a essere venduto di contrabbando in tutto il Paese: pare che i librai lo nascondano sotto copertine del Don Chisciotte di Cervantes.
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Come già sosteneva Philip Roth nella sua celebre frase «Tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile»,le parole possono svolgere la stessa funzione delle munizioni, fatte di piombo come un tempo i caratteri di stampa, e colpire con la stessa potenza.
Cosa ci può dire di questa nuova collana?
Inizio col dirvi che da tempo desideravo incontrare i blogger che sono riusciti a crearsi un’autorevolezza sui social parlando di libri, l’oggetto meno virale che ci sia: io seguo con interesse diversi profili, soprattutto su Instagram. Tengo perciò in modo particolare ai giudizi che darete su questi libri, a partire da quello di Daphne Caruana, che considero una specie di vendetta per una donna che è stata diffamata in tutti i modi prima di pagare il suo lavoro con la vita. Raccoglie ciò che la giornalista maltese aveva scritto soprattutto nel suo blog, e che aveva deciso di pubblicare in forma cartacea. Sono stati i figli a decidere di far uscire il libro, rimasto incompiuto per la morte violenta della madre.
Daphne aveva ricevuto minacce di ogni tipo ma è andata avanti fino alla fine nella sua indagine, pur sapendo che anche la famiglia avrebbe pagato un prezzo, come in effetti è accaduto ai figli, che l’hanno comunque sempre appoggiata fino alla fine.
Malta è il buco nero d’Europa: sull’isola le società pagano solo il 5% di tasse, perciò in questi anni ha accolto di tutto. Tra l’altro, grazie al Commonwealth, le aziende inglesi potranno restare in Europa semplicemente trasferendo la loro sede a Malta, evitando i problemi della Brexit. Ci si preoccupa tanto del problema dei migranti e per nulla del giro di milioni di euro che circolano illegalmente in Europa grazie a un Paese come Malta.
Sono molto fiero del fatto che il libro di Daphne esca in Italia in anteprima mondiale, anche perché Malta segue con molta attenzione quello che succede qui in Italia, con cui il rapporto è molto stretto. Racconta l’argomento più triste e sterile del mondo, la finanza, facendone una narrazione accessibile a tutti e dimostrando che il web può anche essere un mezzo di diffusione di elementi importanti, oltre che della tanta spazzatura che vi circola.
Hanno fermato Daphne uccidendola, mentre nel caso di Nacho il libro è stato bloccato dalla giustizia spagnola. La Spagna non si riconosce come territorio di mafie e malavita, così come non accetta che la Galizia da regione di pescatori sia divenuta un enorme punto di diffusione della droga.
Io voglio che quello che scrivo arrivi al maggior numero di persone possibile, e lo stesso deve accadere con questi libri di denuncia. Si tratta di rendere la parola una forma di resistenza e non di semplice intrattenimento, perché in realtà la letteratura d’intrattenimento non mi è mai appartenuta e non mi appartiene. Gomorra è stato un tentativo di fare denuncia attraverso la letteratura, ed è stato per questo che in principio non è stato riconosciuto a Napoli come testo di denuncia.
La macchina del fango ci mette poco a entrare in azione. La morte civile è l’obiettivo che hanno sempre i tuoi nemici. A volte è persino divertente leggere cosa s’inventano su di te, ma immaginate tutta una vita a combattere contro queste cose. La fama ti fa odiare da tutti, ti toglie gli amici, ti fa sentire sempre in guerra.
Pensate a Giancarlo Siani, per il quale per dieci anni si è diffusa l’idea che fosse stato ucciso perché aveva visto un politico in un bordello, o a Tortora, accusato di essere un camorrista senza nessun fondamento. Ai tempi di Tortora però le accuse venivano da figure secondarie, mentre oggi nel caso di Daphne sono arrivate da personaggi autorevoli della politica. È difficile ribaltare questo tipo di accuse senza passare per complottisti o dietrologi, perché il complesso del complotto c’è sempre. Un modo di sventare il complotto è mostrare il tuo lavoro, come ha fatto Daphne che non aveva una visione ideologica. Si può fare molto diffondendo la conoscenza: guardate cosa sta succedendo a Hong Kong.
Il web a questo punto diventa una risorsa: Daphne aveva solo l’arma del suo blog dopo che non venivano più pubblicati i suoi articoli sulla carta stampata. Ammazzare un giornalista può diventare un’arma a doppio taglio perché attira clamore, ma non dimentichiamo che a Malta erano in tanti a odiarla: la campagna d’odio era stata così massiccia che la sua morte non ha toccato molto i maltesi. Qualcosa è cambiato, ma non poi tanto, anche se i figli si stanno danno molto da fare per mantenere vivo il ricordo e trasmettere il suo messaggio.
Come mai ha scelto di affidare il senso di questa collana a una parola così aspra e violenta come “munizioni” in un momento in cui si diffonde il linguaggio dell’odio, di cui in particolare siamo testimoni noi che lavoriamo sul web?
C’è un paradosso in cui vivo anche come autore, cercando profondamente di capire le dinamiche criminali: è più vero occuparsi di crimine in una città che delle nuove leggi solidali varate da un’amministrazione. L’accesso principale alla verità nasce per me dal conflitto, dal sangue e dal potere. “Munizioni” era in continuità con me: la possibilità di parlare di un corpo che ferisce, ma che in questo caso dà vita anziché toglierla.
Quando sei sotto una tempesta continua di falsità e idiozie hai bisogno di armarti, ma non offendendo, al contrario accogliendo. Io dico sempre che la merda concima e per me sui social ha sempre funzionato così. Chi lavora con la parola di solito non ha i numeri di un cantante o altre celebrità: se li ha, come capita a me, è perché ha incassato anche tanto concime. Se sei seguito solo da quelli che ti amano e non ti confronti con chi ti odia non entri nei territori nemici e non puoi convincere qualcuno.
Ammetto di essere affascinato dall’immagine del conflitto, ma io cerco di smontarlo. Mi hanno accusato di costruire nei miei libri una criminalità affascinante: in effetti è così, ma tu devi imparare a smontarla affrontandola fino in fondo. L’offesa diventa difesa che non offende.
Un’accusa ricorrente che viene fatta a chi cerca di combattere l’odio in rete è quella di essere buonisti. Quanto è importante superare un certo fuoco amico che viene anche dalla sinistra?
Pasolini è stato processato per una supposta rapina a un benzinaio e assolto per insufficienza di prove, con il suo avvocato costretto a difendersi perché vittima di una campagna d’odio da parte dei giornali di destra. In un suo articolo pubblicato su «Tempi» ha scritto che strisciava via dalle edicole perché terrorizzato al pensiero di ritrovarsi sulla prima pagina di qualche giornale. Oggi non lo farebbe più, perché sarebbe inseguito via web: non ti basta più evitare la carta stampata, perché nelle diffamazioni via web cadono anche persone che non comprerebbero la stampa scandalistica. In ogni caso, Pasolini sapeva che solo morendo avrebbe smesso di essere diffamato.
Falcone è stato accusato di essersi inventato l’attentato all’Addaura, e alla sorella che lo invitava a difendersi rispondeva che in ogni caso Cosa Nostra l’avrebbe ammazzato lo stesso.
Anch’io vivo con l’idea di dover morire da quando avevo ventisei anni. Il fatto di sopravvivere sembra negare il tuo valore, ma quello che vivo io lo hanno già vissuto in tanti. Rushdie si è liberato dalla sua persecuzione smettendo del tutto di scrivere degli argomenti che l’avevano fatto condannare.
A proposito di comunicazione: se quelli che vogliono denigrarla parlano di lei in rete infangandola, ma acquisendo allo stesso tempo visibilità, non sarebbe meglio evitare di citare certe persone per non dare loro la stessa visibilità? Come mai lei nei confronti di Salvini negli ultimi tempi ha seguito la strada opposta, parlandone molto?
Tempo fa avevo scritto un articolo in cui sostenevo che non si dovesse parlare di Salvini per non assecondarlo, ma poi non ci sono riuscito. Quando era ministro, per me che cercavo di influenzare una certa resistenza anche tecnica era molto difficile evitare di citarlo. Se avessi avuto più tempo per discutere su certi argomenti, forse sarei riuscito a non citarlo, ma io ero pressato dai fatti, come nei giorni della nave Diciotti in cui occorreva urlare per affrontare l’emergenza, anche se il rischio era di gettare benzina sul fuoco. Non so se ho fatto bene o ho fatto male, ma avvertivo l’esigenza di sottolineare l’incoerenza di certi comportamenti. Se hai poco tempo per far arrivare un messaggio non riesci a fare un discorso articolato e approfondito.
Un libro può essere uno strumento di lotta?
Sì. La mia risposta farebbe inorridire i critici che non sopportano di vedere la letteratura piegata a un obiettivo, ma il mio modo di concepire il libro contempla la lotta, anche se esiste una letteratura che evita di lottare. Ci sono scrittori eccellenti, che magari anch’io amo molto, che disdegnano l’attività militante della parola e considerano il mio modo di farla una deviazione e una limitazione della letteratura.
La militanza non rende un libro migliore o esteticamente più bello, anche se ci sono un sacco di libri non belli che mi piacciono tantissimo. Io cerco la bellezza della parola, di una pagina, ma allo stesso tempo vorrei che quella pagina fosse fedele all’inferno di questo mondo. La pagina di puro intrattenimento la cerco spesso come lettore, ma non come scrittore, quindi per me il libro è sempre un atto di lotta.
In questa collana vedrete cadere spesso le distinzioni di genere: Fariña, ad esempio, si legge come un romanzo. La narrazione rafforza la realtà, anche se questo potrebbe mettere in difficoltà i librai per collocare i libri di “Munizioni” in un settore preciso. Pensate che a me capitò di trovare Gomorra nella sezione “Turismo” perché il sottotitolo era Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra.
Se potesse scegliere una voce del passato da inserire nella collana chi sceglierebbe?
È difficilissimo, forse penserei a qualche autore che è stato dimenticato nel corso degli anni. C’è per esempio Corrado Alvaro, che è stato uno scrittore incredibile, raccontando il Sud e la Calabria con una grande potenza, a cui avrei di sicuro chiesto una “munizione”.
C’è lo scrittore russo Varlam Tichonovic Salamov che mi ha influenzato tantissimo con il suo libro I racconti della Kolyma, paragonabile a Primo Levi, oppure Reynaldo Arenas, lo scrittore omosessuale cubano. E poi Albert Camus, Vasilij Grossman…
Nella scelta degli scrittori andrei sempre su quelli che hanno assunto una posizione complessa, che non significa per forza scorretta. Mi piace essere corretto, che non vuol dire tonto o accondiscendente. Puoi prendere delle posizioni molto forti restando sempre corretto.
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I libri saranno storie che andrà a cercare o ha intenzione di commissionarne alcuni?
Per ora ho cercato una serie di opere che erano in fieri, come nel caso di Di’ la verità anche se la tua voce trema, o erano già state pubblicate all’estero con difficoltà, come Fariña, però sto cercando di capire se è possibile fare qualche richiesta specifica. Mi interessano anche molto i pareri dei librai e quelli di voi blogger, i riscontri che potrete avere dai vostri lettori.
Del resto scrivendo le sceneggiature delle serie televisive mi sono spesso lasciato influenzare dalle reazioni degli spettatori, modificando le sceneggiature delle stagioni successive. Il percorso di una collana di libri nasce anche da come viene percepita da lettori e librai.
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Per la prima foto, copyright: Nicola Nuttall su Unsplash.
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