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“Morte a SeaWorld” di David Kirby [Traduzione italiana in anteprima]

David Kirby, Death at SeaWorldDavid Kirby, giornalista per il New York Times e l’Huffington Post, autore di saggi di stampo ambientalistico, ha pubblicato negli Stati Uniti Death at SeaWorld. Shamu and the dark side of killer whales in captivity [Morte a SeaWorld. Shamu e il lato oscuro delle orche in cattività].
Vi proponiamo qui un estratto del libro che, prendendo le mosse dall’ultimo incidente avvenuto a SeaWorld, Orlando, nel 2010, in cui un’addestratrice ha perso la vita dilaniata da uno degli esemplari del parco acquatico, mette a nudo le questioni legate alle scelte di relegare in una vasca delle creature senzienti, di spiccata intelligenza e dai fortissimi legami sociali che sviluppano fin dalla nascita nel proprio ambiente naturale.

***

Le orche, come gli scimpanzé, sono creature con un livello di intelligenza particolarmente elevato, che intessono forti legami emotivi con le famiglie e con i membri del proprio gruppo. Io le ho osservate saltare nella libertà degli oceani e ho provato una profonda tristezza, mista a tanta rabbia, nel vederle confinate in una crudele cattività, a nuotare in circolo, senza fine e senza speranza, nelle loro sterili prigioni di cemento. Come David Kirby documenta in maniera estremamente eloquente in questo lavoro senza tempo, la cattività delle orche assassine apporta benefici solamente ai loro carcerieri. È impossibile leggere questo libro e giungere a una conclusione diversa.

Jane Goodall


DUBBI DIETRO LE QUINTE

Sam non riteneva che ci fosse alcuna ragione per temere Tilikum. Da quello che aveva sentito dire, Tilly si era rifiutato, per ore, di restituire il corpo senza vita di Keltie Byrne, perché si era ritrovato in possesso di un “giocattolo” tutto suo, ed era molto raro che le orche femmine condividessero i giochi con lui o che lo lasciassero partecipare. Nessuno le aveva detto che le orche avevano bloccato la via di uscita dalla vasca all'addestratrice mentre lei stava ancora lottando per la propria vita. Forse alcuni degli addestratori più anziani ne erano al corrente, ma quelli che si trovavano ai livelli inferiori ne erano del tutto ignari. «Ho una visione alquanto diversa», disse Sam un anno dopo, «quando penso a Keltie che perde rapidamente conoscenza a causa dell'ipotermia e affoga, e a Tilikum che se la porta in giro come un souvenir, rispetto a uno scenario in cui le orche cercano di impedirle di uscire dall'acqua, coscienti o meno che fossero del fatto che la stavano uccidendo».
I superiori di Sam le avevano raccontato che Tilikum non aveva ucciso nessuno, ma quel messaggio non combaciava con ciò che vedeva dipanarsi tutto intorno a sé.
Nel corso del primo giorno di Tilikum a SeaWorld, una delle addestratrici si trovava in piedi su uno dei cancelli che separavano due vasche, e riproduceva alcune vocalizzazioni per attirare l'attenzione della grossa orca e stimolarne una risposta. Aveva i capelli sciolti, e la muta aperta le pendeva intorno alla vita. Quando Chuck Tompkins e il responsabile degli addestratori Thad Lacinak la videro in quella posizione «per poco non andarono fuori di testa», disse Sam a Jeff quel pomeriggio.
I due uomini si misero a sbraitare incitando l'addestratrice a togliersi immediatamente da quel cancello.
Pochi giorni dopo, emerse una nuova serie di regole da applicare esclusivamente in presenza di Tilikum: «Per nessuna ragione la muta deve rimanere slacciata in sua presenza. Nessun oggetto deve pendere e offrire all’orca l'opportunità di acchiapparlo, né capelli né fischietti di sorta. E nessuno, mai, gli si deve sdraiare a fianco. Mai». Tutte le sessioni di addestramento di Tilikum dovevano essere condotte esclusivamente in posizione verticale e solo dagli addestratori anziani, e comunque solamente quando un secondo addestratore anziano era presente in veste di osservatore.

Sam era rimasta perplessa di fronte a tanto trambusto. Dopotutto, quello che era successo a SeaLand non era stato solo un tragico incidente? Si disse che stavano prendendo tutte le precauzioni possibili. Non le passò per la testa il fatto che potessero avere più informazioni sul passato dell'orca di quanto facessero credere, almeno ad alcuni degli addestratori. E comunque, molte cose si svolgevano in quel modo: ti dicevano solo quello che era opportuno farti sapere. Sam non era qualificata per lavorare con Tilikum, quindi non c’era la necessità di metterla al corrente.

Sam sentì alcuni membri dello staff parlare con i responsabili e discutere la necessità di desensibilizzare Tilikum alla presenza degli esseri umani in acqua. Sam non riusciva a prendere posizione sulla questione. Tanto per cominciare, chi si sarebbe offerto volontario per entrare in acqua con l'orca? Pensò che avrebbero potuto farcela se avessero avuto una vasca gigantesca, con Tilikum da un lato e l'addestratore che entrasse in acqua dal lato opposto, per uscire in tempo se qualcosa fosse andato storto. Ma, anche in quel caso, gli addestratori avrebbero dovuto tentare delle “approssimazioni” sempre più ravvicinate all'orca, fino a trovarsi in una posizione di indiscutibile vulnerabilità. Col tempo si rese conto del perché i responsabili avessero rifiutato di correre un simile rischio.
Sam non disse nulla. Amava il proprio lavoro e aveva imparato che il modo migliore per tenerselo stretto, e anche il più rapido per “fare carriera”, consisteva nel seguire alla lettera quello che ti dicevano di fare senza porre domanda alcuna.

[…]

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David KirbyA nessuno piace la dissonanza cognitiva, quella sensazione fastidiosa,  destabilizzante, secondo la quale, ciò di cui eri convinto fino a un momento prima riguardo a una persona, un luogo, un oggetto, diciamo un lavoro, non coincide con quello che occhi e orecchie ti stanno mettendo di fronte. La natura umana farà di tutto per eliminare, o almeno per mettere il più possibile a tacere, questo insostenibile conflitto interno. Negazione e razionalizzazione si rivelano dunque estremamente utili quando arriva il momento di prendere lo stipendio. Nelle parole di Upton Sinclair, esperto nel mettere a nudo gli scandali, «è difficile far capire qualcosa a qualcuno quando il suo salario dipende dalla sua mancanza di comprensione».

Guardando indietro alle negazioni e alle razionalizzazioni dei loro primi anni a SeaWorld, alcuni addestratori come Jeff Ventre, John Jett, Sam Berg e Carol Ray, rimangono stupefatti da come certi espedienti inconsci riuscissero a mettere a tacere tutti i dubbi che, inesorabilmente, affioravano nel sonno. Erano tutti membri leali della squadra che lavorava per il parco acquatico più grande e più conosciuto al mondo. Nonostante quello che vista e udito comunicavano loro giorno dopo giorno, SeaWorld rimaneva sempre e comunque un gran bel posto di lavoro, tanto per le persone che per gli animali. Dopotutto, erano stati “indottrinati” a credere a molte delle leggende e dei miti che riguardavano la loro professione: le orche, le balene e i delfini dei quali si prendevano cura erano felici, coccolati e in ottima salute, e la durata della loro vita era superiore a quella dei loro simili che, in natura, dovevano vedersela da soli in quegli oceani “bui e spaventosi”, definizione che spesso gli addestratori davano dei loro ambienti naturali. Gli addestratori erano parte della “famiglia di SeaWorld”, e venivano ricompensati, se non abbondantemente, in maniera più che adeguata per la loro professione tanto speciale. I loro responsabili, seppur non sempre cordiali, erano esperti del comportamento animale. Ma, prima di tutto, loro si sentivano al sicuro, anche durante le esibizioni in acqua con le orche. Nessuno a SeaWorld li aveva mai indotti a pensare altrimenti. Con il tempo, tuttavia, la dissonanza cognitiva prese sempre più piede. Il senso di tranquillità generato dai processi di negazione e di razionalizzazione, alla fine, cominciò ad affievolirsi. Jeff e John avevano stretto amicizia; trascorrevano molte serate in cui l'argomento principale delle loro conversazioni verteva sempre più spesso sugli aspetti meno rassicuranti del loro lavoro. Entrambi vedevano nel proprio interlocutore l'occasione per poter discutere in maniera critica, ed entrambi si ponevano molte questioni etiche legate alle scelte di ridurre e tenere in cattività i mammiferi marini, con tutti gli effetti che questo produceva sulla loro salute fisica e mentale. Si facevano anche sempre più scettici sia nei confronti del senso di integrità e dell'intelligenza dei loro superiori e del salario piuttosto basso che ricevevano. Queste conversazioni le riservavano agli angoli tranquilli dei pub dalle luci soffuse, lontani dalle orecchie degli altri membri dello staff di SeaWorld. Bill Clinton era appena diventato presidente e stava elaborando un piano per permettere agli omosessuali di servire nell'esercito purché essi non rivelassero il proprio orientamento sessuale. Jeff e John avevano la sensazione di vivere condizionati dal proprio bizzarro insieme di restrizioni simili a quelle del Don’t Ask, Don’t Tell. Avevano capito le regole. Al lavoro non facevano domande e si tenevano la parte del “dire” per i momenti liberi.

I dubbi che cominciavano a sorgere nella mente di John e Jeff a volte venivano suggeriti da persone esterne alla struttura. I responsabili di SeaWorld avevano già anticipato loro che i critici anti-cattività, gli attivisti e gli scienziati, i quali si presentavano continuamente per osservare gli animali, avrebbero anche cercato di creare un contatto con i membri dello staff. Ma la compagnia aveva fatto un lavoro sopraffino nell'infondere nei propri impiegati un senso di disprezzo generale per chiunque criticasse il business che confinava i cetacei in vasche. Tutti i componenti dei gruppi quali l’Animal Welfare Institute, il Whale and Dolphin Conservation Society e, senza dubbio, la HSUS erano fonte di un disprezzo pressoché totale all'interno di SeaWorld. Si trattava di squilibrati da evitare a qualunque costo.

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