Monica Vitti, l’avventura della ragazza con la pistola. Un ricordo
Dopo i lunghi e impietosi anni che hanno visto Monica Vitti soffocata dall’Alzheimer, si è conclusa l’avventura della ragazza con la pistola, e tuttavia non sarà la morte, avvenuta quest’oggi a sconfessare il suo ruolo di regina del cinema italiano conquistato e consolidato durante una fulgida carriera.
La musa più raffinata della commedia all’italiana era nata a Roma il 3 novembre del 1931 e aveva iniziato a recitare in teatro dopo il diploma all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma nel 1953. Dal palcoscenico al set è un passaggio quasi obbligato per chi ha il talento smagliante della Vitti, la capacità di reggere la scena con perizia drammaturgica, carisma e innegabile bellezza.Il set la fa approdare, nei panni di Claudia, sull’isola di Lisca Bianca, alla ricerca dell’amica Anna: è L’avventura, film di Michelangelo Antonioni del 1960 che inaugura la celebre tetralogia dell’incomunicabilità, della quale faranno parte anche La notte, L’eclisse e Deserto rosso, sempre con la Vitti protagonista (anche fuori copione: è l’inizio della lunga relazione sentimentale con Antonioni)oltre alla nuova ondata del cinema italiano post-realista. Film crudi, espliciti, che dal recente passato ereditano la volontà critica rivolgendola, tuttavia, all’uomo colto nella sua dimensione più intima, privata e non solo sociale, mettendone in luce, metaforicamente parlando, la grigia penombra del nucleo più recondito dell’esistenza, tracciando un quadro, il più veritiero possibile, delle pulsioni, nevrosi, smarrimenti, apatie dell’uomo contemporaneo, ormai arresosi all’arbitrarietà del fato, all’impossibilità, appunto, di comunicare il proprio io più profondo perché incomprensibile persino a sé stesso.
Inquietudine, fatuità, fragilità, problematicità: Monica Vitti esprime ogni sfaccettatura del vuoto esistenziale, vestendo di volta in volta il ruolo come un guanto. Ma non sarebbe stata la grande attrice che oggi ricordiamo se i suoi registri interpretativi si fossero esauriti tutti nel dramma. Monica Vitti è stata un’attrice trasversale ed è Mario Monicelli a far emergere le sue doti brillanti nel film La ragazza con la pistola (candidato all’Oscar nel 1969 come miglior film straniero), nel quale l’attrice è una ragazza siciliana alla spasmodica ricerca dell’uomo che l’ha disonorata.
Nella commedia all’italiana, Monica si ritaglia il ruolo di prima donna:indimenticabili le performance accanto ad Alberto Sordi: Amore mio aiutami, Polvere di stelle, Io so che tu sai che io so. Altrettanto radicate nell’immaginario comico sono i ruoli di Ninì Tirabusciò (Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa, 1970 di Marcello Fondato), Adelaide Ciafrocchi (Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca, 1970, accanto a Marcello Mastroianni), Teresa (Teresa la ladra, 1972, per la regia di Carlo Di Palma), Lisa Stefani (L’anatra all’arancia, 1975 al fianco di Ugo Tognazzi), Anna (Amori miei, 1978, di Steno che la dirige anche neIl tango della gelosia, 1981) e via fino alla doppia parte di Renata e Grazia nei due episodi che compongono Scusa se è poco (1982, Marco Vicario).Oltre confine, la cercano registi quali Miklós Jancsó (La pacifista, 1971)e Luis Buñuel (il Fantasma della libertà, 1974).
Nemmeno la televisione le è estranea, nella duplice veste di recitazione (Questi ragazzi, L’alfiere, Il borghese gentiluomo, Le notti bianche, Ma tu mi vuoi bene?) e di intrattenimento (una Domenica in nella stagione 1993/94).
Il progressivo peggiorare delle condizioni di salute ha tenuto lontano l’attrice dalla ribalta mediatica nel recente passato: le ultime apparizioni pubbliche sono state in occasione dei festeggiamenti degli amici e colleghi Suso Cecchi d’Amico e Alberto Sordi. Innumerevoli i premi vinti (Nastro D’Argento, David di Donatello, Leone D’Oro, Bafta), ai quali si aggiungono La Legion d’Onore della Presidenza della Repubblica francese e Il Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana.
L’eredità di questa donna straordinaria e attrice sopraffina non è solo nella sua pur memorabile carriera; è nella sua naturale ironia, nella formidabile eleganza, nel suo essere stata sempre autentica e spontanea in un mestiere e in una società che paiono essere in aperto conflitto con ogni forma di genuinità. Chi ne raccoglierà adesso il testimonio? Inutile chiederselo e inutile cercare affiliazioni con l’attuale panorama cinematografico italiano: ogni stella brilla di luce propria ma è anche destinata a collassare e cadere. Oggi ne è caduta una; non esprimiamo un desiderio ma raccogliamone la polvere e assaporiamo ancora il sapore della bellezza di Monica Vitti. Adesso inizia l’avventura del ricordo.
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