“Mille cretini” di Quim Monzó
Il mondo è davvero dominato dai cretini? In un'intervista rilasciata a Stefania Vitulli per «il Giornale», l'autore di “Mille cretini”, Quim Monzó, ha definito la stupidità come «la qualità che gli stronzi hanno di infastidire e irritare quelli che non sono stupidi come loro». Ciò implica la consapevolezza delle proprie azioni, il sapere di fare una cosa sbagliata e, appunto, stupida, ma farla lo stesso, magari incrociando le dita, nella speranza che nessuno s'accorga dell'idiozia di tali comportamenti.
Chi è Quim Monzó? Per chi ancora non ne avesse sentito parlare, è uno scrittore catalano di romanzi e racconti, oltre che giornalista per il quotidiano «La Vanguardia». È suo il discorso d'apertura della Fiera internazionale del libro di Francoforte nel 2007, l'anno in cui il paese ospite era la sua Catalogna: allora, presentò uno scritto in forma di racconto breve, una novità rispetto agli interventi degli anni precedenti. In Italia i suoi libri sono pubblicati principalmente dalla casa editrice Marcos y Marcos, ma ricordiamo anche “Il migliore dei mondi”, edito da Einaudi. Alla sua attività di scrittore, ha affiancato la collaborazione con il cinema (ha scritto i dialoghi del film “Prosciutto, prosciutto” di Bigas Luna).
Riguardo a Mille cretini, non è la prima volta che mi ritrovo a parlare di questa bella raccolta di racconti. La struttura dello scritto di Monzó mi ha fin da subito colpita per la sua freschezza, agilità, ironia e franchezza nel ritrarre dei casi umani, che incarnano vari aspetti della stupidità: dalla scelta di un uomo di sposare l'ex fidanzata malata – spinto da una strana forma di altruismo –, alla donna frustrata perché il marito e il figlio, dopo cena, si chiudono nelle loro stanze coi rispettivi computer e la lasciano da sola per tutta la serata. Peccato che, nel primo caso, la ragazza, per miracolo, guarisca, e il novello sposino non sappia più che pesci pigliare (se non fosse stata malata, mica se la sarebbe sposata!); Marta, invece, è sempre stata molto critica nei confronti dei programmi televisivi – poiché non permettevano a lei e alla sua famiglia di comunicare – mentre, ora che il marito e il figlio hanno optato per il pc, comincia a pensare che forse la tv significava almeno qualche ora insieme in salotto.
Insomma, i cretini hanno sempre da lamentarsi e quando le cose cambiano si lamentano ancor di più. E gli intelligenti? Riusciranno a salvare il mondo? Programmi spazzatura, riviste di gossip, la diffamazione che prevale sul diritto di cronaca: in realtà, la lista dei canali che contribuiscono a diffondere uno stile di vita e messaggi stupidi è lunga e articolata. Ma sarebbe sbagliato credere che Monzó sia pessimista a riguardo, quasi ci stesse dicendo che la stupidità ha ormai preso il sopravvento sul proverbiale buon senso e sull'intelligenza. Egli si limita a tracciare dei ritratti ben precisi, con la stupidità che trae la sua linfa vitale dall'omologazione di pensiero, dai falsi miti della società moderna, dalle paure e frustrazioni umane. I lettori si trovano al cospetto della stupidità nelle sue mille sfaccettature, e forse l'obiettivo dello scrittore è far loro provare quel senso di fastidio, disgusto e avversione che li spinga a rifiutare le scelte dettate dall'egoismo, il tornaconto, per agire un po' come la Madonna del racconto Il sangue del mese venturo, che si rifiuta in modo categorico di mettere al mondo Gesù, poiché la cosa le è stata imposta dall'alto. Se è vero che, alle volte, siamo sfortunatamente in tanti un po' cretini, sarebbe bene fare di tutto per ridurre la percentuale di stupidità quotidiana a livelli minimi.
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