Miami e la Guerra Fredda. Il racconto-testimonianza di Joan Didion
Nell'immaginario collettivo, Miami è considerata un paradiso terrestre. Subito infatti ci vengono in mente la sabbia finissima delle sue spiagge bianche, i vialoni incorniciati dalle palme, i parchi lussureggianti e la brezza dell'Oceano, ma questa, lo sappiamo, è soltanto la superficie delle cose, una cartolina per turisti. La vera natura di questa città è difficile da cogliere perché la sua storia è fatta di intrighi, giochi di potere e rivoluzioni, ma anche di forti contrasti culturali e lotte di classe.
In un suo reportage intitolato Miami, Joan Didion, una delle voci più autorevoli e originali del giornalismo internazionale, racconta proprio questa realtà, complessa come l'anima profonda delle sue comunità così diverse tra loro: quella “anglo”, quella nera e quella cubana. In questo suo saggio, pubblicato nel 1987, l'autrice descrive con uno stile schietto e non convenzionale il rapporto che, tra gli anni Sessanta e Ottanta, legò Miami alle vicissitudini politiche di Cuba, trasformando la città della Florida nel teatro dei contrasti più acuti tra la cultura capitalista statunitense e quella socialista del regime castrista.
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A dieci anni dalla prima edizione italiana, nel 2016 la casa editrice Il Saggiatore ripropone questo saggio in una nuova edizione e nella traduzione di Teresa Martini. La recente scomparsa di Fidel Castro e il riaccendersi della diatriba tra chi lo considera un eroe nazionale e chi un dittatore brutale rende poi la ripubblicazione di questo libro ancor più interessante, poiché in esso Joan Didion indaga proprio il periodo della salita al potere di Castro e le dinamiche politiche che negli anni successivi portarono all'inasprimento sempre più forte dei rapporti diplomatici tra Cuba e il governo degli Stati Uniti.
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Il genere di questo libro è del tutto particolare. Si tratta di un chiaro esempio di New Journalism, stile giornalistico nato negli anni Sessanta negli Stati Uniti che si contrappone al giornalismo tradizionale per la sua tecnica di narrazione. Nel Nuovo giornalismo infatti è chiara volontà del cronista rendere la notizia leggibile come un romanzo e utilizzare quindi una tecnica letteraria, più soggettiva e meno impersonale. In questo modo, il lettore può sentirsi maggiormente coinvolto nella notizia e provare la sensazione di vivere dall'interno le storie raccontate, proprio come in prima persona.
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E in effetti è in questo modo che Joan Didion coinvolge i suoi lettori, conducendoli di scena in scena, tra impressioni, allusioni e immagini apparentemente scollegate fra loro nell'esplorazione del vortice della vita politica di Miami e di Cuba, in anni ricchi di tensioni e di cambiamenti. Erano gli anni dei colpi di stato cubani, della fallita invasione dell'isola da parte degli americani, passata alla storia come l'invasione della Baia dei Porci, e dell'Esodo di Mariel, che portò più di 100 mila cubani sulle coste meridionali degli Stati Uniti d'America. Erano insomma gli anni tesissimi della Guerra Fredda.
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Parlando con giornalisti, politici, giudici e uomini influenti, Joan Didion raccoglie innumerevoli storie che, come tessere di un mosaico, se unite e messe in connessione fra loro raccontano la storia globale di un'epoca estremamente frenetica e di una città che forse più di altre seppe manifestare questo stato di agitazione politica e sociale. «Si deve combattere la violenza con la violenza.» e «Qualche volta non si può far a meno di far del male a degli innocenti.»: sul finire degli anni Settanta, su giornali come il «Miami News» o il «Miami Herald» era possibile leggere anche dichiarazioni del genere. Il tessuto sociale della città era fatto da contrasti e rivalità, non soltanto tra bianchi e latini, ma pure tra diversi gruppi di esuli cubani, quelli fedeli al Líder Máximo e quelli che invece si consideravano anarchici. E il risultato era un clima di violenza e tensione continue che vengono ben raccontate nelle pagine del reportage.
Questo saggio giornalistico presenta molte peculiarità. Oltre allo stile e alle modalità di narrazione, già moderne negli anni Ottanta e ancora efficaci tutt'oggi, uno dei motivi di grande interesse risiede nel fatto che grazie a Joan Didion possiamo conoscere tutti i retroscena di un'epoca che forse tuttora non è molto chiara al grande pubblico, soprattutto in Italia, dove Joan Didion non è conosciuta quanto dovrebbe e dove molte delle sue opere sono ormai fuori catalogo. La ripubblicazione di questo testo ci fa dunque pensare, spontaneamente, «Era ora».
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