Mavis Miller ci svela il segreto di Lisbeth e della città d’oro
È uscito da circa un mese Lisbeth e il segreto della città d’oro, pubblicato da De Agostini. Questo romanzo, adatto principalmente ai lettori dai 10 ai 14 anni, presentato al Salone del Libro di Torino appena concluso, nasce dalla fervida penna di Mavis Miller che ha condensato in questo suo lavoro per ragazzi vicende, storie e personaggi della Città d’Oro e dei suoi abitanti. Sappiamo poco di questa sorprendente narratrice di storie – tra l’altro anche molto simpatica – ma quel tanto che basta a stuzzicare la curiosità dei lettori.
Lisbeth e il segreto della città d’oro non è solo il racconto di un’avventura, ma come in tutte le storie per ragazzi che si rispettino contiene la promessa di un messaggio paideutico.
Protagonista di questa storia è Lisbeth che abita in una città le cui strade sono lastricate d’oro, dove tutti gli abitanti sono felici. I Lucenti – come vengono chiamati – sono dotati di straordinari poteri: i capelli si tingono d’oro all’età di tredici anni, e i piedi si staccano dal suolo. Questo compleanno è dunque molto atteso da tutti i ragazzini, compresa Lisbeth. La mattina del suo tredicesimo compleanno, Lisbeth si sveglia con i capelli marroni e le caviglie rotonde che non si sollevano dal suolo nemmeno di un millimetro. Che cosa è andato storto? Questo divertente romanzo affronta il tema della diversità in una fase non facile della vita come quella dell’adolescenza: alla giovane Lisbeth toccheranno nuove avventure per conoscere il mondo e anche un po’ di più sé stessa.
Mavis, come è andata al Salone del Libro di Torino? Che cosa le hanno chiesto i suoi giovani lettori?
È andata davvero molto bene. Al Salone per la prima presentazione in assoluto di Lisbeth abbiamo avuto delle classi delle medie, con ragazzi di 11-12 anni molto interessati alla storia e propositivi, con tante domande sul mondo di Lisbeth, sulla città d’oro e sul suo “funzionamento”, su che cosa potessero o non potessero fare gli abitanti. La cosa che più mi ha colpito è stata la loro curiosità sul mestiere di scrittore, e infatti molti di loro coltivano il sogno di fare gli scrittori da grandi, magari di fantasy. Mi hanno chiesto dell’ispirazione, delle ore che ogni giorno dedico alla scrittura, delle competenze particolari.
Da dove è nato lo spunto per Lisbeth e la città d’oro?
Ho voluto capovolgere un po’ il cliché della ragazza eroina dei fantasy degli ultimi tempi, che viene prescelta perché ha in dono dei poteri speciali. Volevo raccontare esattamente il contrario, in un mondo di persone speciali, dove la protagonista è una persona normale, e ho pensato alle avventure che avrebbe potuto affrontare. Lisbeth scopre di non essere “lucente” e di non aver quei poteri speciali che hanno tutti gli altri abitanti: da quel momento intraprende un viaggio fuori delle mura della città, in un mondo “normale”, che in qualche modo somiglia a quello in cui viviamo tutti noi.
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A proposito dei fantasy di ultima generazione, come ad esempio Divergent, l’ultimo capitolo della saga di Veronica Roth, che cosa pensa di queste eroine che anche al cinema riscuotono tanto successo tra le adolescenti?
Ho letto Divergent e mi è piaciuto molto. Proprio questo è il punto al quale intendevo arrivare. Lisbeth è un’eroina non perfetta, una ragazzina che riesce a trovare nei suoi difetti la sua autentica unicità, come del resto accade anche agli altri personaggi del libro. È una protagonista che per essere tale non ha bisogno di essere particolarmente eroica, pur riuscendolo a diventare grazie al suo lato più vulnerabile e più fragile. Ben vengano le storie di ragazze guerriere che rafforzano l’idea della donna come personaggio in grado di combattere, ma bisogna dare spazio anche alla normalità. Lisbeth, alla fine, imparerà che anche lei ha dei poteri speciali, diversi da quelli dettati dalle regole della società e che addirittura le consentiranno di liberare la città dal cattivo di turno.
Quando Lisbeth scopre di non essere come gli altri, per i genitori non è facile assorbire il colpo. Nel descrivere questa dinamica, ha cercato di lanciare un messaggio anche al mondo degli adulti?
Non di proposito. I genitori vogliono molto bene a Lisbeth, ma hanno le loro fragilità e sulle prime non reagiscono molto bene. Lasciano trasparire un’eccessiva preoccupazione perché per loro all’inizio questa situazione è una tragedia. Anche loro dovranno imparare molte cose, a fidarsi di Lisbeth che è comunque è una ragazza sana, molto intelligente, apprezzandola per quello che è, senza compatirla. Impareranno a starle vicino e a esserle di supporto, cosa che è importante per qualsiasi adolescente.
Un personaggio importante accanto alla protagonista Lisbeth è quello di André, un suo caro amico che la sostiene nei momenti di difficoltà: che cosa emerge in questo aspetto della storia? Ha messo in evidenza che si tratta di un’amicizia tra un ragazzo e una ragazza…
Beh, sarà un’amicizia destinata a sconfinare nel sentimento. Andrè è, in realtà, oggetto delle mire e delle attenzioni sentimentali della rivale di Lisbeth, una ragazza bellissima e con grandi qualità, la ragazza “perfetta” per eccellenza. Ma sarà talmente perfetta che André le preferirà Lisbeth, nonostante le persone intorno a lui gli suggeriscano il contrario. Nel frattempo Lisbeth incontrerà un altro ragazzo nelle Terre Selvagge e, dunque, la situazione si complicherà un po’.
Il nome di André è legato alla figura del personaggio apparso in Lady Oscar, cartone animato cult degli anni Ottanta: anche lui, bello, impavido e innamorato. In qualche modo l’ha ispirata?
Sono sincera, non ho seguito quel cartone animato famosissimo all’epoca – sono rimasta a Candy Candy – ma certamente è entrato nel nostro immaginario collettivo e, dunque, qualcosa sarà rimasto nel mio inconscio.
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