Mauro Maraschi e la confessione del complottista
Complotti e complottisti di ogni sorta si affollano sul web, al suon di “non ce lo dicono”, mentre sbottano contro il 5G dal loro smartphone di ultima generazione, alzando il naso giusto il tempo di scrutare con sospetto le scie chimiche lassù. Ed è in questo marasma tra big pharmae medicina alternativa che incontriamo il protagonista di Rogozov, il romanzo di Mauro Maraschi, edito da Terra Rossa.
La figura di Ruggero Gargano, cresciuto e pasciuto a cibo salutare e complotti, è attualissima. Ruggero non si fida della scienza, né tanto meno dei medici. Ha una figlia di dodici anni, Ania, affetta da meteorismo, alla quale Gargano concede solo di curarsi con la medicina orientale e i risultati sono disastrosi. Vive di espedienti e lavoretti saltuari che lo rendono sempre più insofferente mentre demonizza il capitalismo, reo di essersi impadronito anche dello stile di vita che più gli sta a cuore:
«In Occidente non si può fare più niente senza soldi. Già devi pagare per avere una casa e il pane quotidiano, che dovrebbero essere un diritto, come nei regimi socialisti, figuriamoci se uno vuole mantenere uno stile di vita più sano. Il capitalismo si è impadronito anche del salutismo, l’hanno trasformato in un’altra fetta di mercato, come aveva profetizzato la teoria della Coda Lunga: ormai è tutto un franchising, il veganesimo, l’ospitalità, c’è chi fa soldi persino con la meditazione.»
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Ruggero è così, si lascia andare, preso dalle sue farneticazioni che spesso un fondo di verità lo hanno, ma ancor più spesso non hanno né capo né coda, eppure a sentirlo parlare, ad ascoltarlo mentre sciorina le sue filippiche, un minimo di logica lo si trova sempre, strampalata ma c’è. Perché Ruggero è l’uomo deluso che incontriamo al bar, la donna esausta sulla metro, il vicino di casa complottista che un po’ci innervosisce e un po’ci fa anche compassione. Ruggiero è mosso da una lucida follia:
«Le persone trascorrono più ore possibili a lavorare per passare meno ore possibili nelle loro vite orrende. Nessuno ha il coraggio di ammetterlo perché se lo facesse gli rimarrebbero due opzioni: cambiare vita oppure suicidarsi. Ma cambiare vita è impossibile, ci riesce uno su un miliardo, mentre il suicidio li spaventa, non tanto la morte quanto il rischio di finire su una sedia a rotelle, ed è per questo che invece di suicidarsi le persone vanno a lavorare. Soltanto che poi quest’istinto suicida represso lo manifestano per tutta la vita, facendo sport estremi o guidando distrattamente, ma anche andando al mare ad abbronzarsi pur sapendo che i nei sono potenziali tumori. Oppure bevono tre caffè al giorno, manco avessimo lo stomaco d’alluminio. Bevono, fumano e mangiano merda e fanno sempre affidamento sui medici. Molti vanno dai medici proprio perché sperano di avere qualcosa che li autorizzi a licenziarsi e a mandare a crepare mogli e mariti che li hanno vessati per anni e che soltanto un cancro gli può permettere di mandare a crepare.»
Rogozov parte da una premessa, l’autore mette le mani avanti ed è come se dicesse al lettore: «vieni con me, ti faccio fare un viaggio nella testa di un teorico della cospirazione, senza pregiudizi, giusto per capire come si diventa così». E il risultato è sconcertante perché il Gargano di Maraschi è tutto tranne che una caricatura.
Il romanzo è una lunga confessione. Il narratore rintraccia Gargano in una comunità salutista, il Sanatorio di Castorp, immerso nelle valli del Casentino e con un semplice pretesto gli estorce – dalle sette di sera del 28 giugno alle tre del mattino del giorno seguente – il racconto della sua vita e delle vicende che lo hanno portato proprio lì.
Le motivazioni che spingono il narratore alla ricerca del protagonista, il lettore le scoprirà solo alla fine di queste incredibili rivelazioni. Nel frattempo, nel corso della lettura, farà la conoscenza di altri personaggi non poco inquietanti: dall’intellettuale Taddeo Tebaldi ossessionato dalla ricerca del libro introvabile Topologia di una città fantasma, al giornalista non vedente Ennio Jacurso, in perenne guerra con il vicino del piano di sopra. E capirà fin da subito che sono stati commessi dei reati e che Gargano è più o meno implicato in queste spiacevoli situazioni.
La storia di Gargano è a dir poco surreale, le motivazioni che lo spingono ad agire e le convinzioni che difende a spada tratta per tutto il racconto lasciano i lettori a dir poco sconvolti ma mai del tutto respingenti nei confronti del protagonista:
«una sera, al culmine della disperazione, mi appostai dietro una colonna, a piazza Venezia, e minacciai un passante con una bottiglia spaccata. Lui però nemmeno si spaventò: mi pregò di mettere giù la bottiglia e io non me lo feci dire due volte.»
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In fondo viene quasi da compatirlo Ruggero Gargano. Eppure forse, la compassione e quindi l’assoluzione, non è proprio dove il lucido folle protagonista vuole portare il suo interlocutore e di conseguenza tutti noi?
Rogozov di Mauro Maraschi, tra la confessione del protagonista e i vari testi che compongono la lunga appendice, è un romanzo eccezionale, proprio come la storia del medico sovietico che ne ha ispirato il titolo.
Per la prima foto, copyright: Dustin Belt su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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