Mario Monicelli, cento anni dalla nascita del padre di personaggi indimenticabili
Si celebrano oggi, 16 maggio, i cento anni dalla nascita di Mario Monicelli, regista e sceneggiatore che non necessita di molte presentazioni. A rispettare il suo volere, forse non avrebbe voluto neanche tante cerimonie commemorative, dato che, come lui stesso diceva, non amava le scene madri ma solo le “scene figlie”, libere dalla retorica e dal pietismo. Ma ricordare lui e i suoi film ci pare oggi più che mai doveroso, perlomeno come nuovo invito a rivedere le pellicole che hanno contribuito a una lunga stagione di gloria del cinema italiano. Lunga, sì. Come la sua vita, del resto, interrotta a 95 anni per propria decisione, quando nel novembre del 2010, ormai stanco e sofferente, si gettò dal quinto piano dell'Ospedale San Giovanni di Roma, dov'era ricoverato per un cancro alla prostata.
Di Monicelli è ovvio che si sia scritto di tutto, quindi il rischio di cadere nella retorica c'è eccome. D'altra parte stiamo parlando di circa settant'anni di carriera, più di sessanta film girati e quasi un centinaio di sceneggiature scritte, fra corti e lungometraggi, documentari (come quelli realizzati negli ultimi anni di vita: dalla dedica speciale all'amico Nino Rota fino a Vicino al Colosseo... c'è Monti e La nuova armata Brancaleone), qualche incursione nel mondo televisivo (si ricorda per esempio la miniserie del 2000 Come quando fuori piove) e una manciata di partecipazioni in qualità di attore (una su tutte: ha vestito i panni di se stesso in Sono fotogenico, con Renato Pozzetto, regia di Dino Risi).
Aveva cominciato neanche ventenne a fare film, con la regia di I ragazzi della via Paal, tratto dal celebre romanzo di Ferenc Molnár e diretto insieme al cugino Alberto Mondadori. Poi si era fatto le ossa come aiuto regista, fra l'altro anche per Pietro Germi, con cui aveva avviato un duraturo sodalizio culminato in Amici miei (com'è noto, un film concepito da Germi, il cui progetto venne ereditato da Monicelli). Dunque il grande successo, grazie pure alle collaborazioni alla scrittura di nomi illustri, della caratura di Steno, Age & Scarpelli, Suso Cecchi D'Amico.
Ciò che è interessante ricordare di Monicelli è in particolare il suo talento unico di creatore di personaggi. Non solo: personaggi per i quali riusciva immancabilmente a scegliere l'esatto interprete. Come pochi, ha saputo infatti scoprire, reinventare, sperimentare, trasformare attori e attrici rendendoli ciò che dovevano essere sullo schermo; ed ecco allora un Totò farsesco nel super censurato Totò e Carolina, un Vittorio Gassman e una Monica Vitti impeccabili commedianti rispettivamente in I soliti ignoti e La ragazza con la pistola, L'armata Brancaleone tutta, un Alberto Sordi “totale” nell'amaro La grande guerra e nel drammatico Un borghese piccolo piccolo.
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A dire il vero, non c'è grande attore che non sia passato dietro la sua macchina da presa: Marcello Mastroianni e Vittorio De Sica (separatamente oppure insieme, come in Il medico e lo stregone), Anna Magnani, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, le star internazionali Goldie Hawn e Gérard Depardieu (Viaggio con Anita e Temporale Rosy, tra i film meno conosciuti di Monicelli), Giancarlo Giannini e Paolo Villaggio, e molti ancora.
Ha saputo raccontare, attraverso i suoi personaggi volutamente imperfetti, le contraddizioni del nostro Paese, senza ipocrisie e anzi con spiccata autenticità: le paure del dopoguerra e la gioia della ricostruzione, l'aspetto più leggero – talvolta spavaldo e giogionesco – degli italiani, e quello più recondito e oscuro, toccando di volta in volta tematiche circoscritte a una famiglia o allargate all'Italia intera. Si è mosso con uguale dimestichezza in contesti storici oppure attuali, con uno sguardo lucido sui tempi che si susseguivano e sulle generazioni che cambiavano. Mai moralista né cinico. Al massimo caustico, persino spietato, come spesso la realtà è. Soprattutto, mai uguale a se stesso.
Ma Monicelli era anch'egli un personaggio, uno di quelli che, per esempio, non si sa bene dove sia nato (basta frugare tra le varie biografie disponibili per leggere come Viareggio e Roma si alternino, sebbene sembri la seconda sia la vera città natale) e del quale si può arrivare a intuire perché sia voluto morire per propria scelta (in molti hanno detto in sostanza che, caparbio com'era, abbia voluto dirigere anche quest'ultima scena). Pluripremiato a Cannes e a Venezia, prestigiosi riconoscimenti alla carriera, 6 candidature all'Oscar, uomo infinito: questo è il nostro ricordo a Mario Monicelli, a cento anni dalla sua nascita.
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