Margherita Sarfatti, l’amante ebrea di Mussolini?
Chi era davvero Margherita Sarfatti? L’amante del duce o una donna intraprendente che agì per la promozione dell’arte italiana? Prova a spiegarcelo Rachele Ferrario, in Margherita Sarfatti. La regina dell’arte nell’Italia fascista, edito da Mondadori. Le 420 pagine di questa nuova biografia ci danno un’accurata ricostruzione della vita della Sarfatti: giornalista, scrittrice, nota per essere stata il primo critico d’arte donna in Europa e l’amante di Benito Mussolini.
La storia di questa figura femminile inizia con un’accurata ricostruzione dell’albero genealogico della sua famiglia. Si scopre così che l’intelligente e curiosa Margherita, nata a Venezia nell’aprile del 1880, era l’ultima di quattro figli, di una ricca e nota famiglia di origine ebraica. Suo padre, Amedeo Grassini, fu una personalità molto importane tra le calli veneziane, per la sua attività di avvocato e di consigliere comunale. Non solo, perché il padre di Margherita è ricordato anche per essere stato il fondatore della prima società di vaporetti nata a Venezia.
Il libro della Ferrario è un cammino narrativo che porta i lettori sempre più a fondo nella vita della raffinata Margherita la quale, giovanissima, entrò in contatto con importanti personalità del mondo culturale, religioso e sociale italiano. Tra gli altri possiamo ricordare il patriarca Giuseppe Sarto, futuro papa Pio X, molto amico del padre, ma ci furono anche lo scrittore Antonio Fogazzaro, l’inventore della radio Guglielmo Marconi, oltre alla regina Elena. Entrarono nella sua vita anche molti artisti italiani della prima parte del XX secolo. Una volta trasferitasi a Milano, nel 1902, il salotto della Sarfatti divenne un vero e proprio polo attrattivo culturale, frequentato dai futuristi, come l’istrionico Marinetti, Carrà, Russolo, Umberto Boccioni (suo amante per un breve periodo) e gli artisti del gruppo Novecento. Non mancarono letterati e poeti come Gabriele d’Annunzio e Ada Negri, che le dedicò la sua prima raccolta in prosa intitolata Le solitarie. Poi, nello stesso luogo, bazzicava un giovanotto socialista, magari non particolarmente bello, ma dotato di quell’ambizione che fece breccia nel cuore di Margherita: Benito Mussolini.
Quella per il Duce fu una travolgente passione, fatta di “tira e molla” continui. Questo andamento amoroso altalenante non impedì ai due amanti di avviare un sodalizio che portò la Sarfatti ad abbandonare il socialismo, per aderire al fascismo. Questa scelta le permise, da un lato, di cominciare a scrivere, tra il 1924 e il 1925, la biografia del Duce. Dall’altro, grazie al legame con Mussolini, la Sarfatti riuscì ad assumere incarichi istituzionali sempre più importanti, diventando un’interprete e divulgatrice dell’ideologia del fascio. L’aver abbandonato il suo iniziale orientamento politico socialista per sposare in modo completo la causa del fascismo non le fu di aiuto quando tentò di arrestare l’alleanza dell’Italia fascista con la Germania di Hitler. Una volta consolidato sempre più il proprio potere, il Duce non solo si alleò con il Führer, ma non esitò a fare tutto il possibile per liberarsi della Sarfatti che stava diventano un po’ troppo presente e ingombrante, attiva in campi d’azione considerati poco pertinenti al ruolo che la società fascista le richiedeva. Inoltre, la scelta della Sarfatti di sostenere Mussolini portò molti intellettuali suoi amici a prendere da lei le distanze, con l’effetto di isolarla ancor di più.
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Uno degli aspetti particolari che caratterizzava la figura di Margherita Grassini, diventata Sarfatti dopo la relazione molto osteggiata dalla famiglia di lei e il successivo matrimonio, nel 1898, con il giovane avvocato Cesare, era il rapporto contrastato con le proprie origini ebraiche. La Sarfatti, come emerge da queste pagine, era orgogliosa delle proprie origini ma allo stesso tempo, dal punto di vista della fede e della religione, dimostrò l’assenza di un vero e proprio coinvolgimento, tanto è vero che a un certo punto della sua vita decise di convertirsi al cattolicesimo. La relazione conflittuale con l’ebraismo venne vissuta in modo ambivalente anche dai fratelli della Sarfatti e, purtroppo, nel 1909 la sorella Lina si suicidò. Margherita aveva un carattere forte e coraggioso che le permise di affrontare altri dolorosi lutti in famiglia (la morte, nel gennaio del 1918, del figlio diciassettenne Roberto,volontario nella prima guerra mondiale, caduto nel corso di un assalto sull’Altopiano di Asiago e, nel 1924, del marito Cesare), e di trovare la forza per continuare a vivere.
Come evidenziato sopra, Margherita Sarfatti, curiosa e sempre pronta ad apprendere, riuscì, grazie a queste sue qualità di talent scout, a dare l’avvio a nuove forme di cultura. Fu proprio grazie a lei, appassionata d’arte che, nel 1922, prese vita il movimento artistico noto con il nome di Novecento, composto da pittori e scultori come Sironi, Funi, Dudevrille, Bucci, Malerba, Marussing e Oppi che, in opposizione all’eccessiva sperimentazione dell’avanguardia futurista, puntarono al recupero dell’ordine e della classicità espressiva. Purtroppo, come ci ha dimostrato la Storia, il movimento venne frainteso, criticato ed etichettato come arte di regime.
Con l’inasprirsi delle leggi razziali, la Sarfatti si rifugiò in America, dove rimase fino alla caduta del regime. Una volta tornata in Italia, nel 1947, Margherita trovò attorno a lei un’Italia ferita e desolata, che non esitò a metterla ai margini della Storia e della società. Questo fu il segno più evidente di una vera e propria condanna morale verso una donna sì intelligente e dalla mente sottile, che però si era in un certo senso compromessa, diventando la musa ispiratrice di Mussolini. Una scelta che scatenò nei suoi confronti una vera e propria diffidenza.
La ricerca documentale svolta dallaFerrario, storica e critica d’arte, per la costruzione di questo libro è monumentale e ricca di corrispondenze epistolari sconosciute, utili a chi legge per avere un’immagine a tutto tondo della forte personalità di Margherita Sarfatti. Colei che spesso venne definita l’amante ebrea del Duce, emerge da queste pagine in modo del tutto nuovo, come una donna intelligente, colta, intraprendente e desiderosa di indipendenza, divenuta vittima del pregiudizio e del sospetto. Il libro è sì una biografia accurata, ma allo stesso tempo è un intenso memoir che offre al lettore un’immagine rivalutata di questa figura femminile, perché in Margherita Sarfatti. La regina dell'arte nell'Italia fascista di Rachele Ferrario, la protagonista dimostra di essersi distinta non solo per essere stata l’amante del Duce.
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