Marcel Proust pagò per le prime recensioni di “Alla ricerca del tempo perduto”
Marcel Proust pagò per le recensioni positive che ricevette per Dalla parte di Swann, il primo volume del suo Alla ricerca del tempo perduto. A rivelarlo sono alcune lettere dello scrittore.
Proust scrisse egli stesso gli articoli e lì inviò al suo editore per farli dattiloscrivere «così non c’è traccia della mia scrittura» e per mettersi a riparo «dal cambio di mani del denaro». Le lettere sono venute alla luce con una copia molto rara di Dalla parte di Swann, che sarà messa all’asta il mese prossimo da Sotheby’s a Parigi per un valore di circa mezzo milione di euro. Queste chiariscono come Proust abbia orchestrato l’operazione dal suo letto.
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Lo scrittore, che era piuttosto ricco di famiglia, pagò 300 franchi di allora per far pubblicare su «Le Figaro» una segnalazione lusinghiera e 660 franchi per una recensione positiva scritta da un suo amico e apparsa sul «Journal des Debats».
Entrambi gli articoli erano una versione modificata di una recensione molto positiva che il suo vecchio amico, il pittore Jacques Émile Blanche, il cui ritratto di Proust è conservato al Musée d’Orsay a Parigi, aveva scritto sulla prima parte del capolavoro proustiano.
Le lettere al suo editor, Louis Brun, mostrano che Proust aveva poco da imparare quando si trattava delle arti di manipolare ed editare un testo. Dalla parte di Swann, scrisse, è un «piccolo capolavoro» che «come una raffica di vento soffia via i vapori soporiferi» di qualsiasi altra cosa sia attualmente in vendita.
Paragonandosi a Dickens, ha dichiarato: «Quello che Proust vede e sente è assolutamente originale». Di fatti la sua scrittura era «quasi troppo luminosa per l’occhio… Questo libro suggerisce quasi la quarta dimensione dei cubisti».
Proust cercò di ottenere altre tre pubblicazioni sempre riutilizzando i punti salienti della recensione del suo amico, anche se era disposto a offrire del denaro per favorire il loro passaggio solo su uno di questi, il quotidiano «Gil Blas».
Le lettere registrano inoltre la sua furia contro «Le Figaro», per il quale a volte lavorava, per aver cancellato un passaggio in cui c’era un riferimento a lui come all’«eminente Marcel Proust».
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Alcuni esperti comunque mettono in evidenza come Proust fosse abbastanza disperato per il fatto che l’unica pubblicità fatta al romanzo fosse quella a pagamento. Questo anche considerando che aveva già dovuto sostenere i costi per la pubblicazione del libro, visto che l’editore Bernard Grasset accettò nel 1913 di darlo alle stampe su insistenza del suo editor Brun solo se Proust avesse pagato i costi. Lo stesso Grasset infatti non nutriva grandi speranze sul libro e pare che abbia detto a un amico, a cui aveva dato una copia del testo in anteprima: «È illeggibile».
Tuttavia, dopo qualche settimana dalla pubblicazione, alcuni critici salutarono il romanzo come l’opera di un genio, anche se altri rimasero alquanto perplessi. «L’editore Gaston Gallimard avrebbe scritto in seguito a Proust dicendogli che averlo respinto era stato il più grande errore della sua carriera» ha raccontato Benoît Puttemans di Sotheby’s.
Sempre secondo Puttemans pagare per avere buone recensioni «accadeva spesso all’epoca. E Proust lo fece magistralmente. Non fu mai molto diretto. Agiva come il suo press agent, facendo passare brevi articoli sul suo libro che lui stesso aveva scritti ma che voleva sembrassero scritti da altri».
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Da consumato frequentatore della società qual egli era «Proust scriveva che un grande pittore ha scritto un articolo su un bellissimo libro, distribuendo complimenti a tutti». Come Puttemans ha dichiarato: «Proust voleva piacere a tutti».
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