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Manuale di sopravvivenza per Millennials. “Tutto quello che so sull’amore” di Dolly Alderton

Manuale di sopravvivenza per Millennials. “Tutto quello che so sull’amore” di Dolly AldertonAh, i Millennials! Quella magica e leggendaria generazione – chiamata anche Generazione Y – popolata dai nati tra il 1985 e il 1997. È la generazione che precede quella dei “nativi digitali” e che ha vissuto in pieno la diffusione di Internet, dei social network e della telefonia mobile. Quelli dei modem rumorosi, dei trilli su MSN e dei telefoni grossi come dei citofoni. Una generazione di “casinisti”, secondo qualcuno, ma anche – e soprattutto – di incasinati, specialmente dal punto di vista sentimentale. Qualcuno sembra, però, aver risposto al grido d’aiuto ed è qui che troviamo Tutto quello che so sull’amore di Dolly Alderton.

500 mila copie vendute solo in Gran Bretagna, candidato al Non-Fiction Narrative Book of the Year nel 2019 e vincitore del National Book Award nel 2018, tradotto in 23 lingue – tra cui la nostra – e adattato in una serie TV da nientepopodimeno che la BBC, il libro cult di Dolly Alderton non ha certo bisogno di troppe presentazioni. Tutto quello che so sull’amore è arrivato tra i nostri scaffali il 4 maggio 2021 e ancora fa parlare di sé. Basta avventurarsi in una qualsiasi libreria per trovarlo lì in bella vista, con la copertina gialla – che, per una volta, è identica in tutto per tutto a quella originale inglese – e i caratteri barrati. Nessuna immagine, solo quel titolo attraente e, diciamolo, anche un po’ arrogante.

 

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Cosa ne sa Dolly Alderton dell’amore? Ne sa parecchio, a quanto pare, se riesce a scriverci un libro intero. Due occhi vivaci, i suoi, che ci scrutano con interesse sulla piccola foto in quarta di copertina. Rispecchiano in pieno la personalità di un’autrice poliedrica e arguta che sembra avere ancora molto da raccontare, come dimostra anche la sua produzione successiva. Dopo la prima versione di Tutto quello che so sull’amore uscita nel 2018, infatti, ne è comparsa una seconda l’anno successivo, corredata da un nuovo divertente capitolo intitolato in versione originale Everything I know at thirty, seguito da quello che è a tutti gli effetti il primo romanzo della Alderton, Ghosts (2020) che tratta il delicato tema della malattia del morbo di Alzheimer e che, però, deve ancora essere tradotto in italiano.

In traduzione italiana è uscita proprio la seconda edizione, curata e edita da Rizzoli e con l’attenta e precisa traduzione di Veronica Raimo. Sin dalle prime pagine veniamo catapultati nella vita di Alderton, perché si tratta, in fin dei conti, di un memoir, un racconto autobiografico che spazia dalla prima adolescenza sino all’età adulta. Un racconto fatto di imprevisti, feste, avventure, lacrime ma anche tante risate. L’autrice, infatti, da brava figlia del tipico e singolare humour britannico, riesce a tinteggiare di ironia anche gli episodi più tragici, senza mai risultare volgare o fuori luogo.

Questo è un libro singolare, come capiamo dalle sue primissime pagine, quando una Dolly adolescente enuncia tutte le verità che ha acquisito sull’amore sino a quel momento:

«Non è male sposarsi dopo una certa etàe dopo aver fatto un po’ di esperienza. Diciamo intorno ai ventisette anni. È importante fare un sacco di sessocon un sacco di persone, ma meglio probabilmente non superare le dieci. Se da grande non hai un amore, diventi una fallita, come ad esempio molte delle mie insegnanti di arte che – a quanto mi risulta – sono rimaste «signorine» invece di diventare «signore», e hanno gioielli etnici e capelli crespi. È vero amore quando due ragazzi si azzuffano per te. La giusta misura è se scorre il sangue ma nessuno finisce all’ospedale. Un giorno succederà anche a me, se sono fortunata».

Manuale di sopravvivenza per Millennials. “Tutto quello che so sull’amore” di Dolly Alderton

Dolly cresce nel corso del testo e noi cresciamo insieme a lei, rivivendo le sue prime cotte, l’avvento dei social network, le scuole superiori e poi, ancora, le feste ai tempi dell’università con la crescita di quella smania di trovare l’uomo giusto, il lavoro giusto e, cosa ancora più importante, la strada giusta da seguire. Facciamo anche la conoscenza di Farly, migliore amica storica dell’autrice/protagonista che si rivela essere, in fin dei conti, il suo punto fermo. Farly è testimone, ma anche fattore di innesco per molti cambiamenti che riguardano Dolly, ma sarà anche colei che le insegnerà come si vive e, soprattutto come si ama per davvero.

L’ultimo capitolo, quello dedicato ai trent’anni, è forse quello che racchiude maggiormente lo scoramento, la malinconia e quel profondo senso di decadenza che assale chiunque stia per raggiungere il trentesimo anno di età:

«Non era tanto il concetto di invecchiare che mi angosciava, quanto il passaggio da quella che percepivo come una determinata fase della mia vita a un’altra. Certo, i miei vent’anni erano stati un coacervo di ansia, insicurezza e scelte sbagliate, ma soltanto ora mi rendevo conto che erano stati anche piacevolmente svagati. Non c'era bisogno di nessun particolare requisito per avere all'incirca vent'anni ed era quello che mi destabilizzava rispetto all'esperienza. Non sapevo mai dove sarei dovuta essere o cosa avrei dovuto fare, era normale sia essere una ventisettenne sposata con un labradoodle di nome Brie sia essere una che viveva con degli sconosciuti di Gumtree in un seminterrato senza salone».

 

Le cose peggiorano ulteriormente, poi, quando ci si rende conto di non essere più al centro dell’universo, un po’ come quando si è stati figli unici per tanto tempo e poi la vita viene sconvolta dall’arrivo di un fratellino o una sorellina. Dice bene Alderton:

«[…] è stato fastidioso rendermi conto che non ero più in quella fase che dava diritto alla pazienza, all'attenzione, alle coccole e alla solidarietà da parte del mondo. Nel corso dei miei vent'anni, la mia generazione era stata trattata come un fratellino piccolo. […] Ogni volta che aprivo un giornale, c'era qualche firma che si dichiarava preoccupata per noi: saremmo mai entrati nel mercato immobiliare? Ci saremmo mai sistemati? Eravamo stati rovinati a vita per aver scoperto il sesso tramite la pornografia? Come avremmo fatto a ripagare il debito scolastico? Eravamo noi quelli in grado di sedurre, repellere, abbindolare e creare lo Zeitgeist.  Al tempo me ne lamentavo come fosse una forma paternalista di nevrosi, ma prima di essere rimpiazzata non avevo capito quanto fosse piacevole rappresentare il figlio problematico della nazione.»

 

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Non è facile, dunque, la vita di un Millenial. Si vive sobbarcati e schiacciati dalle aspettative sociali, troppo giovani per aggrapparsi ai valori e alle istituzioni che un tempo sembravano così solide e già troppo vecchi per stare al passo con una società che si evolve così velocemente. Zigmund Bauman la chiamava “modernità liquida”, i Millenials “crisi esistenziale”. Se si tratta di trovare l’anima gemella, poi, stiamo freschi. I più fortunati si sono già sistemati, gli altri semplicemente tentano di sopravvivere tra appuntamenti, app di incontri e amici di amici. Dolly Alderton, però, sembra voler prendere in mano la situazione e voler raccontare con sapiente garbo e ironia non solo cosa significa vivere questa vita da Millenial, ma si propone anche di ricordarci che, a volte, tutto quello che vorremmo e che stiamo cercando così affannosamente è proprio davanti a noi. Solo che non lo vediamo.


Per la prima foto, copyright: Clay Banks su Unsplash.

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