“Malapianta”, il nuovo romanzo di Dario Buzzolan fra noir e ghost story
Malapianta: s. f., Pianta inutile o dannosa; (lett. fig.) Stirpe corrotta.
Malapianta: è questo il soprannome di Mina, quando ha 14 anni ed è piena di roba. A darglielo è Emme, il suo amante/compagno, che gestisce un ampio giro di spaccio. Malapianta è una ragazza piena di rabbia verso la sua famiglia borghese da cui fugge con uno strappo irreparabile. Quando però è costretta a vendere eroina a dei bambini, si ribella una seconda volta. Contro Emme. Lo fa con spietata violenza, dopo averne subita altrettanta.
Siamo nella Torino degli anni Ottanta, una città che è un piccolo incubo grigio. Ma sono molti i salti in avanti (fino ai giorni nostri, anzi, fino a “Domani”) che ci riserva il settimo romanzo di Dario Buzzolan, uscito pochi mesi fa per Baldini & Castoldi. Così cavalchiamo attraverso gli anni incontrando diverse vicende contemporanee a quella di Malapianta (per la ragazza intanto c’è il riformatorio, infine una nuova vita). Scorre parallela la vita di Ant e della sua famiglia, preda delle crisi economiche che l’Italia ha attraversato negli ultimi decenni. Dario Buzzolan ci presenta questa coprotagonista quando, a 5 anni, vuole lanciarsi nel vuoto da un cornicione. Perché? Forse percepisce più e meglio degli altri la realtà e i suoi mille piani segreti. O forse vive in un altro mondo… e, come ci dice l’autore, occorre tenere presente che «vivere in un mondo a parte non sempre e non necessariamente fa torto al mondo reale».
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Sempre a Torino, molti anni dopo, finalmente Malapianta (che ora usa un diminutivo più rassicurante, Mina) e Ant (diventata una cinica liceale) si incontrano. Le due hanno circa 17 anni di differenza. Questo incontro ha il sapore dell’eterno ritorno; pare infatti che ombre e fantasmi del passato non vogliano lasciare libere le due giovani donne. C’è qualcosa con cui occorre fare i conti, per entrambe: il romanzo occhieggia qui alla dimensione della revenge story e del dramma familiare (fra i cui ingredienti spiccano da sempre i segreti e le bugie).
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Ritorna anche la potenza dell’adolescenza, la sua feroce creatività, l’amore e il bisogno di spezzare i legami col passato. E ritorna la crisi economica che costringe la famiglia di Ant a un’esistenza precaria, con uno sfratto che incombe.
È a questo punto che, quasi “dal nulla”, si materializza la possibilità di una casa. Naturalmente, non è una casa qualunque: «dopo un attimo che la guardi, ti accorgi che non è affatto normale, c’è qualcosa di terribile».
Questa casa isolata e fuori città non ha nulla da invidiare alle case stregate dei romanzi gotici (la copertina del libro ci suggerisce una forma). Non si sa se sia veramente infestata dai fantasmi, ma qualcuno dice che «lì ci sono le anime dei morti, che ti prendono per mano e ti portano con loro». E qualcun altro sostiene che non si sopravvive a una notte lì dentro. Ant ci vuole scommettere. Il mistero s’infittisce e fa il paio con altri misteri e fantasmi che appartengono alla vita di Mina e Ant.
Malapianta non è una storia tragica, eppure il motivo dell’ineluttabilità del destino compare, in piena coerenza con l’impianto narrativo – in questo senso, amplifica la potenza dei temi del noir. Leggiamo che: «le cose vanno come devono. Anche se riesci a vederle dall’alto, non puoi comunque fare nulla per governarle». E ancora: «Per quante certezze si abbiano, per quante variabili si sia in grado di definire, per quante incognite si siano determinate, le cose seguono sempre la loro inopinabile via».
Come già accennato, nel sesto romanzo di Dario Buzzolan (attualmente capo autore del programma Agorà), i generi si mischiano felicemente: noir, romanzo gotico, melodramma familiare e ghost story trovano un peculiare punto di incontro. La storia di spettri però, benché sinuosa, spicca sottilmente e fa venir voglia di nominare gli autori italiani classici, che in alcune esperienze letterarie hanno fatto propria la poetica del gotico: De Marchi, Tarchetti, Fogazzaro, Pirandello, Landolfi, Buzzati, Soldati. Solo per dirne alcuni.
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Malapianta è romanzo è corposo, 288 pagine in cui scene di azione, atmosfere noir e dialoghi sono ben calibrati. Ci sono maledizioni, colpi di scena, parecchia azione e violenza. Dario Buzzolan non rinuncia quasi a nulla, e accanto alla ghost story fa capolino anche il tema della formazione del personaggio più giovane: Ant compirà un’evoluzione sorprendente e definitiva. Magistrale il racconto dell’amore sensuale fra due ragazzi, così come particolarmente ben riuscito è il tratteggio delle principali scene di violenza. Belle le protagoniste, due outsider, originali e solidali fra loro: personaggi che Buzzolan racconta con precisione e affetto. E, anche grazie a loro, Malapianta si può definire un page-turner… leggendolo si vuol sapere come andrà a finire.
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