Mala-vita e Mala-società in “Laguna nera” di Michele Catozzi
Uscito con Tea, del gruppo editoriale Mauri Spagnol, Laguna nera di Michele Catozzi è un giallo la cui storia, come sospesa nel tempo, ben si sposa con l'ambientazione. Venezia, la città «più bella del mondo», dove il tempo sembra essersi fermato... o almeno questo vorrebbero i nostalgici della bellezza della città lagunare. I tradizionalisti incalliti come il commissario Nicola Aldani, protagonista delle indagini sull'omicidio al centro della vicenda e veneziano doc che sembra smarrire un pezzo di sé ogni qualvolta per le calli apre un nuovo fast food o un qualsiasi altro store che non siano le antiche trattorie a lui tanto care.
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Una struttura particolare quella studiata da Catozzi in Laguna nera che si apre al lettore con un prologo nel quale l'autore rivela a chi legge indizi utili a conoscere e riconoscere l'identità dell'assassino. Così accade che al lettore sembra gli siano state fornite informazioni maggiori di quelle in possesso degli inquirenti. La sfida, che invoglierà comunque al prosieguo della lettura, sarà quindi determinata dall'ansia di conoscere le modalità che porteranno la squadra interforze a conoscere il mistero che si cela dietro l'omicidio dell'assessore Baldan. Un'esecuzione che in realtà è una vendetta, maturata per quasi trent'anni.
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Il corpo centrale del testo è caratterizzato dal racconto del lavoro di indagine degli inquirenti, routine arricchita dalle riflessioni che Catozzi attribuisce al suo commissario Aldani sulla società “strozzata” dalla malavita organizzata ma anche dallo strozzinaggio, quello vero che a Venezia è tangibile lungo il molo di attracco dinanzi al Casinò del Lido. Il luogo simbolo delle contraddizioni di un'amministrazione che sostiene le campagne contro il gioco d'azzardo e, al contempo, gestisce la struttura. Specchio di uno Stato intero che sponsorizza le campagne pubblicitarie contro il gioco d'azzardo mentre organizza lotterie, gratta e vinci, totogol e autorizza l'apertura di sempre nuove sale slot.
Apoteosi di una tale zona grigia è l'ingresso a pieno titolo nelle istituzioni di soggetti appartenuti o appartenenti alla criminalità organizzata, oppure alla Mala del Brenta. A dimostrazione della «vulnerabilità di Venezia alle infiltrazioni mafiose» e, aggiungerei, dell'Italia intera. Perché nei territori dove «mafiosi e camorristi» non riescono a «emergere con un'organizzazione propria» preferiscono «cooperare». E i legami tra “affari” e politica, inutile negarlo o fingere di non saperlo, divengono sempre più intensi, radicati e dannosi. La storia scritta da Catozzi, è bene ricordarlo, pur basandosi su accadimenti veri del passato, come le scorrerie dei membri della Mala del Brenta, è frutto solo della sua fantasia. Ma si sa che spesso, purtroppo, la realtà supera di gran lunga la fantasia di uno scrittore.
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Interessanti risultano anche i passaggi nei quali l'autore porta il protagonista a riflettere e chiosare sul precario stato delle forze dell'ordine, sui continui tagli che, inevitabilmente, vanno a ripercuotersi sull'esito stesso delle indagini. Quasi tenero l'epilogo, dove Catozzi porta Aldani a vincere le sue battaglie più dure, quelle condotte contro la spending review del governo che taglia fondi e mezzi e lo fa quasi a dispetto di chi ogni giorno combatte contro il Male e la Mala.
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Un giallo “lungo” Laguna nera di Michele Catozzi, che snocciola indizi e informazioni per oltre trecento pagine, ma che egualmente affascina il lettore per l'impostazione che l'autore ha dato alla storia, per l'attualità delle tematiche trattate e, non da ultimo, per la simpatia che suscitano i protagonisti, a partire dal commissario Aldani alle prese con crimini, delitti e deliri famigliari. Un libro promosso a pieni voti e una lettura di certo consigliata.
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