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Loving Vincent, quando il cinema fa l’amore con l’arte

Loving Vincent, quando il cinema fa l’amore con l’arte

Più di cento artisti, centoventicinque a esser precisi, hanno messo a disposizione le loro abilità per dare forza a un racconto vivente, un quadro che si muove e che a ogni scena rievoca e cita, in silenzio, le opere d’arte che hanno caratterizzato la vita di Vincent van Gogh (1853-1890).

Nei suoi novantacinque minuti, Loving Vincent è ambientato nel 1891 in Francia, un anno dopo la morte del pittore e ripercorre le sue ultime settimane di vita tramite le persone a lui più vicine e il mistero della sua scomparsa a soli trentasette anni.

Si passa per Parigi, Arles e Auvers sur Oise, dove è morto, si cita l’episodio dell’orecchio, come trascorreva le giornate, cosa amava fare e vengono presentati i personaggi che ha ritratto nei suoi quadri e che raccontano pezzo per pezzo la sua storia.

A distanza di più di un secolo viene ormai considerato il pioniere dell’arte contemporanea al quale sono dedicate intere collezioni a New York, Londra, Parigi, il museo omonimo di Amsterdam, e non è più un povero pazzo.

 

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Loving Vincent, quando il cinema fa l’amore con l’arte

Loving Vincent è un capolavoro che andrebbe fatto vedere a scuola perché le immagini che si intrecciano alla storia sono più esaustive di qualsiasi professore o libro d’arte.

L’impegno e la dedizione investiti in questa pellicola si intravedono nell’accuratezza delle scene e nella costruzione dei personaggi, illudendoti di trovarti in una serie di dipinti di fine Ottocento.

Il cast, accuratamente scelto, si fonde perfettamente nell’atmosfera francese delineata dai tratti del pittore olandese, ripercorrendo le città in cui ha vissuto.

Si resta a bocca aperta, muti, a vedere scorrere sullo schermo immagini pennellate di quadri integrati nella storia di cui magari non conosciamo il nome ma dei quali percepiamo l’inconfondibile tratto di Vincent van Gogh.

Loving Vincent, quando il cinema fa l’amore con l’arte

E resta sospesa l’incomprensione per le novecento opere realizzate di cui una soltanto è stata venduta mentre era in vita, un genio che ha iniziato a dipingere a ventotto anni ma che è stato capito soltanto dopo la sua morte, portando per esempio a delle cifre altissime di alcuni suoi dipinti battuti all’asta come il Ritratto del dottor Gachet cheè stato venduto per 82,5 milioni di dollari nel 1990.

 

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Parte integrante della trama sono le lettere, onnipresenti nella vita del pittore, senza le quali sapremmo molto poco del suo pensiero. Scriveva tutti i giorni al fratello Theo e aveva un rapporto speciale con il postino Joseph Roulin.

Applausi quindi alla pittrice polacca Dakota Kobiela e al regista inglese Hugh Welchman che hanno pensato di fondere insieme cinema e arte nel primo film interamente dipinto su tela, prodotto da Polonia e Inghilterra, distribuito da Nexo Digital in collaborazione con Adler.

 

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Kobiela ha pensato al progetto circa sei anni fa, inizialmente doveva essere un cortometraggio ma poi, ispirandosi alla mostra multimediale Van Gogh Alive – The experience (la più visitata al mondo) ha cambiato idea e collaborando col regista è nato un lungometraggio mai fatto prima con un budget di 5,5 milioni di dollari.

Loving Vincent, quando il cinema fa l’amore con l’arte

Oltre 125 artisti da tutto il mondo sono stati chiamati a collaborare e hanno rielaborato e riprodotto il tratto caratteristico di Vincent van Gogh realizzando 65 mila fotogrammi basati su 94 dipintiriprodotti in forma simile e altri 31 rappresentati parzialmente con la tecnica rotoscope per la maggior parte del film.

L’unica domanda che sorge spontanea è: perché tenerlo nelle sale per soltanto tre giorni quando fin troppi film spazzatura restano in cartellone per più di un mese?

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