Lo scrittore e il suo talento nelle parole di Flannery O’Connor
Quale rapporto deve intrattenere lo scrittore con il suo talento? Deve assecondarlo o sforzarsi di superarlo? E in che rapporto deve porsi rispetto al mercato?
Chissà quante volte ci siamo imbattuti in queste domande anche se non siamo scrittori. Capita a tutti i lettori infatti di rimanere delusi prima o poi per il libro di uno scrittore che abbiamo sempre amato. A volte capita perché lo consideriamo inferiore agli altri, altre volte invece perché ci sembra che quello scrittore abbia svenduto il suo talento a logiche diverse da quelle della letteratura.
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Qualche parola illuminante a proposito del rapporto tra lo scrittore e il suo talento arrivano da Flannery O’Connor che, nel suo Mystery and Manners (pubblicato in italiano da minimum fax con il titolo Nel territorio del diavolo: sul mistero di scrivere), ha esposto alcune importanti riflessioni su quest’aspetto, a partire dalla responsabilità che deriva dal possedere un talento naturale:
È bene ricordare ciò che è ovvio ma in genere ignorato: che ogni scrittore deve gestire le possibilità insite nel talento che gli è stato dato. Possibilità e limitazioni significano quasi la stessa cosa. È il compito di ogni scrittore spingere il suo talento ai limiti più estremi, ma questo significa il limite più estremo rispetto al tipo di talento che possiede.
Lancia poi un ammonimento contro quanti sacrificano il proprio talento per mere questioni economiche:
Ogni giorno vediamo persone impegnate a distorcere i loro talenti per accrescere la loro popolarità o per fare soldi che potrebbero guadagnare anche senza avere talento.
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Conclude infine il suo discorso con un riferimento al rapporto tra lo scrittore e il lettore, opponendosi alla tronfia ignoranza e alla finta umiltà:
Ci sono quelli che sostengono che non è possibile chiedere qualcosa al lettore. Dicono che il lettore non sa nulla di arte, e che se vuoi raggiungerlo, devi essere abbastanza umile da scendere al suo livello. Questo suppone o che l’obiettivo dell’arte è insegnare, e non è così, o che creare qualcosa che sia semplicemente buono per sé sia una perdita di tempo.
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L’arte non risponde mai al desiderio di renderla democratica; non è per tutti; è solo per quelli che sono disposti a sopportare lo sforzo necessario per comprenderla. Sentiamo molte chiacchiere sull’umiltà necessaria per abbassarsi, ma è richiesta un’uguale umiltà e un vero amore per la verità per elevarsi e acquisire gli standard più elevati attraverso il duro lavoro… L’ignoranza è scusabile quando viene portata come una croce, ma quando è brandita come un’ascia, e con l’indignazione morale, allora diventa qualcos’altro.
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