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Lettura critica del romanzo “Fosca” di Iginio Ugo Tarchetti

Lettura critica del romanzo “Fosca” di Iginio Ugo TarchettiVolendo proporre una lettura critica del romanzo Fosca di Iginio Ugo Tarchetti, fra tutti gli aspetti interessanti di quest' opera, quello che più colpisce è l'attenzione al tema sociale che, per lo più assente nel movimento scapigliato di cui pure fa parte l’autore, vede in Fosca un unicum e pertanto un libro di cui valga la pena parlare ancora oggi.

Come si accennava, il testo in questione è inseribile nella Scapigliatura, quadro letterario oggi poco noto che tuttavia nutre ancora un certo immaginario legato agli scrittori che ne fecero parte. Nello specifico, gli scapigliati erano autori che, riprendendo la Bohème francese, si auto-rappresentavano come geni fragili, perennemente malati, dediti all'assenzio e soprattutto in cerca del denaro necessario a campare attraverso la stesura di racconti e romanzi brevi per l'editoria milanese.

 

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Ebbene, Fosca fa parte proprio di questa produzione, è uno dei tanti romanzi brevi usciti sulla rivista «Il Pungolo» nel lontano 1869.

La trama di quest'opera potrebbe essere delineata in poche parole: il protagonista, Giorgio, decide di raccontare le turbolenti vicende della sua giovinezza e di come tutti i suoi mali siano derivati dalla relazione con una donna, la Fosca del titolo appunto.

Lettura critica del romanzo “Fosca” di Iginio Ugo Tarchetti

Tuttavia è solo attraverso il procedere della lettura che si scopre come il perno delle vicende narrate non sia affatto il mediocre Giorgio, bensì Fosca, personaggio che è l'insieme di tante contraddizioni. Eccola nella sua prima apparizione:

«Dio! Come esprimere colle parole la bruttezza orrenda di quella donna! Come vi sono beltà di cui è impossibile il dare una idea, così vi sono bruttezze che sfuggono ad ogni manifestazione, e tale era la sua».

 

Fosca quindi è la donna isterica, brutta, l'eterna malata, ma è anche una donna che vuole solo realizzarsi attraverso la sola forma possibile allora, ossia l'amore.

Comprendere questo personaggio-fulcro può forse risultare più semplice considerando la sua vita, descrittaci in una lunga lettera-biografia: dopo un'infanzia passata tra i vezzeggiamenti della madre che ne elogiava l'inesistente bellezza, Fosca si rende tristemente conto di come, a causa del suo aspetto, non possa sperare d'essere amata. In effetti le sarà negato tanto il conforto di un matrimonio felice, quanto quello di un figlio che, dell'amore coniugale, dovrebbe essere il frutto.

 

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Impossibilitata dunque a veder realizzato un desiderio molto umano, decide di contravvenire alle regole sociali imposte alle donne del tempo e di cercare da sé quell'amore.

Di qui la novità maggiore di quest'opera che, pur essendo prodotto di quel clima scapigliato in genere disinteressato a questioni sociali, dimostra una sensibilità nei confronti della condizione delle donne e della loro realizzazione come individui; realizzazione che al tempo poteva manifestarsi solo attraverso l'essere desiderate, amate.

Lettura critica del romanzo “Fosca” di Iginio Ugo Tarchetti

Da qui l'isteria di Fosca che tenta, per il suo stesso bene, di invertire le norme sociali: realizzarsi cioè non essendo amata, ma amando.

 

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L'oggetto di quest'amore sarà proprio Giorgio che tuttavia, attratto da una femminilità più gradevole e più rispettosa delle convenzioni, continuerà a respingere gli assalti di questa donna brutta, perlomeno fino all'epifania finale in cui si renderà conto che

«Fosca soltanto aveva meritato il mio amore, ella sola mi aveva amato, ella che aveva sfidato il ridicolo, il disprezzo, la collera, ella che aveva rinunziato al suo orgoglio di donna, domandando per pietà ciò che le altre danno per debolezza, per vanità o per vizio».

 

La grandezza di Fosca, apprezzata infine anche da Giorgio, sta dunque in questo semplice, eppure decisamente moderno, atto di protesta sentimentale: riaffermare, contro una società che impone alle donne norme di galateo dogmatiche, la volontà di definirsi sì nel confronto con l'altro, ma in un confronto che trae alimento dal soggetto, che non cede davanti al desiderio o alla repulsione dell'altro.

E tutto questo nell'Ottocento grazie a Tarchetti, autore che, tra capitoli da consegnare in tempo alle appena nate case editrici, trovò il tempo di interrogarsi sull'identità della donna, riflettendo su una sua possibile e autonoma definizione.

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